LA STORIA DI GIOVANNI PINNA, IL GEOLOGO CHE ANALIZZA IL PETROLIO DI MEZZO MONDO

Giovanni Pinna


di Giovanni Runchina *

Quarantuno anni, oristanese, laurea in Geologia a Cagliari e Master su petrolio ed energia a Roma. E’ lo stringato identikit di Giovanni Nicola Pinna, manager di Weatherford, compagnia americana con 50 mila dipendenti e sedi in tutto il mondo che si occupa di servizi nel campo petrolifero. «Interpreto i dati di misurazione durante la perforazione fornendo informazioni utili, nel minor tempo possibile, circa la tipologia d’idrocarburi e formazioni geologiche durante queste attività il cui costo può arrivare a qualche milione di dollari al giorno». Insomma, dai suoi studi, dipendono le fortune a molti zeri della compagnia. Una professionalità costruita in anni di gavetta: «Ho iniziato nelle piattaforme petrolifere del Mare del Nord con rotazioni bisettimanali fra Gran Bretagna, Danimarca e Norvegia. All’inizio – racconta – è stata dura perché non conoscevo bene l’inglese e non avevo esperienza. Pian piano, però, ho acquisito nuove capacità. Ho lavorato in circa 30 paesi nei distretti petroliferi più importanti, prendendo tantissimi aerei, elicotteri, navi e battelli». Formazione che gli ha permesso di compiere un piccolo capolavoro personale passando dalla vita stressante e dura nelle piattaforme a quella, certamente più comoda, della sua casa di Oristano. Cambiamento che spiega così: «Un giorno il mio capo mi ha segnalato in azienda per andare a sviluppare una nuova tecnologia nel sud dell’Inghilterra; lì mi sono costruito la nuova carriera che mi permette di lavorare da casa, stando vicino a mia moglie e ai miei due figli». Dal suo ufficio domestico, Giovanni monitora le attività di perforazione in diversi paesi del mondo, ricevendo dati da colleghi e da clienti. Vita tutt’altro che monotona e sedentaria, arricchita da puntate frequenti all’estero per illustrare i risultati ottenuti o per partecipare a conferenze. Ma il professionista oristanese non è l’unico sardo all’interno della compagnia: «Ce ne sono diversi e, spesso, sono tra quelli più affidabili e competenti; la maggior parte di loro – chiarisce – opera negli impianti ma ci sono anche manager locali che stanno soprattutto in Africa Occidentale. La Sardegna ha fornito e fornisce tuttora professionisti di altissimo livello che operano soprattutto all’estero; il lavoro da casa è ancora raro. Nel mondo petrolifero c’è un veloce ricambio del personale perciò chi è interessato a una carriera in questo settore, può consultare portali dedicati come Rigzone. Tra gli ingredienti fondamentali, oltre la determinazione, c’è la conoscenza della lingua inglese. L’inizio è sempre duro per tutti ma le opportunità sono innumerevoli e non ci si annoia mai». Tema, quello dell’energia, che è di grande attualità anche per la nostra isola. «La Sardegna, forse, paga gli errori del passato – afferma il geologo oristanese – quando si finanziavano progetti che nel giro di poco tempo erano comunque poco produttivi. Ora c’è paura di fare qualsiasi cosa, non si utilizzano le professionalità che dovrebbero aiutare a capire quali scelte siano più appropriate per i prossimi decenni. L’energia geotermica, ad esempio, è una delle fonti più eco-sostenibili, ma non mi sembra che gli addetti ai lavori abbiano aiutato le comunità locali a capire quali siano i benefici e i rischi correlati a quest’attività. Sempre sul versante delle politiche energetiche, il mio auspicio è che si possa completare il progetto Galsi al più presto e che le amministrazioni locali s’impegnino a lavorare con gli imprenditori per capire quali possano essere le scelte strategiche da intraprendere». Programmazione, buon senso, condivisione delle informazioni e buone pratiche i pilastri su cui costruire un ampio dibattito sull’energia nella consapevolezza che, attorno a questo argomento, si sta giocando probabilmente la partita più importante sullo scacchiere planetario; dai suoi esiti dipende il futuro ambientale ed economico del pianeta che, per ora, è legato in larga parte al petrolio. « Gli idrocarburi sono una risorsa fossile molto inquinante ma, adesso, non possiamo farne a meno. Ciascuno di noi però può fare qualcosa, scegliendo magari stili di vita improntati alla diminuzione degli sprechi. Penso che dovremmo imparare molto dai tedeschi e dai norvegesi che, di sicuro, non rinunciano al petrolio, ma hanno una cultura ambientalista ben più sviluppata della nostra. Ogni attività dell’uomo produce un disequilibrio ambientale; il futuro – conclude Giovanni Pinna – dipende dalla capacità di abbracciare convintamente le scelte più sostenibili».

* Sardinia Post

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