ALGHERO, VENTESIMO CONGRESSO INTERNAZIONALE DI STUDI SU “L’AFRICA ROMANA”, I RISULTATI DELLA IV MISSIONE ARCHEOLOGICA TUNISINA – ITALIANA


di Gian Piero Pinna

Sono emersi importanti risultati scientifici  nel corso della IV missione archeologica tunisino-italiana presso Neapolis (Nabeul) in Tunisia, svoltasi dal 31 Agosto al 15 Settembre 2013 e alla quale hanno partecipato anche 10 specializzandi del curriculum di Archeologia Subacquea di Nesiotikà, che la Scuola di Specializzazione in Beni Archeologici dell’Università degli Studi di Sassari, ha attivato da alcuni anni presso la sede di Oristano. La missione archeologica tunisino-italiana presso Neapolis (Nabeul), è stata resa possibile grazie al finanziamento e al supporto organizzativo del Consorzio UNO e della Fondazione Banco di Sardegna.  Da parte tunisina, vi hanno partecipato il Prof. Mounir Fantar, Ispettore dei Governatorati di Nabeul, Bou Aras e Bizerte, insieme alla Direttrice del Dipartimento di Archeologia subacquea dell’INP Ouefa Ben Slimen, i Ricercatori dell’INP Chokri Touihli e Moez Ben Achour, la specialista in epigrafia e linguistica libica Intissar Sfaxi e l’archeologa subacquea Soumaya Trabelsi. Per la Scuola di Specializzazione in Beni Archeologici “Nesiotika” con sede a Oristano, hanno partecipato due gruppi presenti in Tunisia rispettivamente dal 31 Agosto al 7 Settembre e dal 7 al 15 settembre. Il primo gruppo era composto dagli archeologi Lorena Randazzo, Marisa Caruso, Francesca Caputo, Cristina Bazzano e Chiara Rossi; del secondo gruppo facevano parte invece gli archeologi Raul Martinez, Federica Mazza, Krizia Bologna, Alessandra Finà e Antonella Lo Porto. A seguire l’attività dei due gruppi Adriana Scarpa e Luciana Tocco dello staff del Consorzio UNO a supporto della Scuola di Specializzazione e i Professori Raimondo Zucca e Pier Giorgio Spanu. Sede della missione, la Maison de Fouille di Neapolis. Le avverse condizioni meteo hanno spinto i ricercatori, durante la prima settimana, ad effettuare i lavori sulla costa: da un lato l’apertura di un nuovo saggio di scavo (sondage I/2013), ad oriente di una struttura mosaicata, di carattere incerto, edificata su una duna presso la Protection Civile; dall’altro il prosieguo del rilevamento delle Terme nord occidentali neapolitane, scavate nel 1989 da Latifa Slim. I risultati sono stati eccellenti, poiché il saggio di scavo ha evidenziato strutture murarie, spogliate in età tardo antica, che costituiscono l’attestazione più meridionale di un complesso edilizio di Neapolis, non sommerso dal mare. Il lavoro sulle terme nord occidentali di Neapolis è stato di rilevante importanza poiché ha consentito di chiarire le fasi edilizie dell’area in questione: probabilmente durante l’Alto impero è qui che sorse uno degli edifici per le salagioni del pesce e la preparazione delle salse di pesce, documentato da due vasche con pavimento in opus figlinum. Intorno al III secolo d.C. la struttura per le salagioni venne chiusa e al suo posto fu costruito un edificio termale, a sviluppo assiale, probabilmente accessibile da sud, dove scorreva un decumanus. Si riconosce l’apodyterium (spogliatoio) dotato di un sedile in muratura, lungo il lato occidentale, con pavimento musivo in tessellato bianco e decori geometrici in tessere nere e rosse, il tepidarium, il laconicum e il calidarium. Dal tepidarium si accedeva al frigidarium con due vasche sui lati nord ed est, rispettivamente semicircolare e quadrangolare. Nel III secolo avanzato – inizi IV secolo d.C. si è riconosciuta una nuova pavimentazione a mosaico sia dell’apodyterum, sia del frigidarium: nel primo ambiente abbiamo un tappeto di cerchi tangenti costituiti da foglie lanceolate, dentellate all’interno, mentre il frigidarium aveva un grandioso mosaico a xenia, ossia con quadretti di doni, oltreché di altri soggetti. “Grazie alla generosità del Professor Mounir Fantar, si è potuto analizzare l’inedito mosaico conservato nei depositi della Maison de Fouille – sottolinea Carlo Aymerich della direzione generale del Consorzio Uno – Il mosaico è un quadrato di m 6, 24 di lato (mq 38, 93) con 25 medaglioni recanti splendidi quadri, tra cui spicca un leprotto dalle orecchie lunghissime, intento a gustare un grappolo d’uva che trattiene con le zampe anteriori. Notevole anche nella Nymfarum domus di Neapolis un pannello di m 3, 73 x 2, 12 con otto medaglioni recanti xenia, estremamente simili al mosaico del frigidarium. In età tardo antica l’edificio termale fu trasformato in una vasta domus dotata di due atri tetrastili: il primo a sud est, forse in rapporto in accesso da un cardo, il secondo nell’ambito dell’originario frigidarium. La domus ebbe nuovi pavimenti musivi di cui si conservano vari lacerti: il mosaico della domus in corrispondenza dell’antico apodyterium è costituito da un tappeto di pelte contrapposte. Il settore settentrionale della domus tardo antica parrebbe essere ricompreso, verso la seconda metà del VI- inizi VII secolo, nella cinta muraria della città bizantina, con una robusta torre quadrangolare, in connessione con il tratto di cortina muraria con una torre, visibile nel vano seminterrato del café L’Esplanade, in Rue du savant Mohamed Tawfik Daghfous N. 28 (route touristique), di fronte all’ingresso al sito archeologico di Neapolis. La città di Neapolis sommersa dal mare si è rivelata solo nell’ultima settimana agli archeologi subacquei: di straordinario rilievo la scoperta della prima ancora litica, in arenaria, del Capo Bon. L’ancora, triangolare, è provvista di tre fori, uno per la cima e gli altri, inferiori, per l’incastro delle marre lignee. Nonostante l’ampiezza cronologica di diffusione del tipo d’ancora, è più probabile che la stessa si riferisca ad una nave orientale, micenea, siriaca, cipriota del XIV- XIII secolo a.C. Le prospezioni e i rilievi della città sommersa, estesa fra i due oued es Sghir e Souhil, hanno documentato una eccezionale concentrazione di strutture per le salagioni, con pavimenti in opus figlinum ancora in situ e pareti delle vasche, alte anche 4 metri, crollate per i marosi nel settore compreso fra la Protection civile e gli avancorpi sulla spiaggia del Club Med. Ad oriente di quest’area abbiamo invece numerosissimi resti di edifici di altra funzionalità, per circa 160 metri di lunghezza. La superficie sommersa si estende per circa 800 metri di lunghezza in senso OSO/ENE e circa 200 metri in larghezza, con una estensione teorica di 16 ettari. La Neapolis sommersa rivela la eccezionale importanza dell’industria delle salagioni del pesce e delle salse di garum per l’economia della città: i quartieri industriali legati alla trasformazione del prodotto ittico consacrano allo stato delle conoscenze la Neapolis d’Africa come il principale produttore del settore ittico del mondo romano, dovendosi considerare ben più esteso del quartiere del garum di Lixus, che documenta una capacità di un milione di litri delle sue vasche”.

I risultati della IV missione archeologica tunisino-italiana presso Neapolis (Nabeul), verranno presentate dal Professor Mounir Fantar, dal 26 settembre al 29 settembre 2013, nel corso del Ventesimo Convegno Internazionale di Studi su “L’Africa Romana”, che ha come tema: “Momenti di continuità e rottura: bilancio di 30 anni di convegni de L’Africa Romana”, che è in corso di svolgimento ad Alghero, nei locali della  Porto Conte Ricerche a Tramariglio. 

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