SOLITA LITURGIA IN SALSA ISOLANA DELLO SCARICO BARILE: EURALLUMINA, PER CHI SUONA LA CAMPANA?


di Luca Orrù *

Ho incrociato più volte i lavoratori dell’Eurallumina di Portovesme semplicemente perché mi sono trovato impelagato nel traffico bloccato dalle loro frequenti proteste. Niente di male naturalmente, solo che da dilettante del problema mi sono permesso di capirci qualcosa e non leggendomi i giornali, ma andando su internet e scrivendo sul motore di ricerca google il nome Eurallumina. Il primo sito www.eurallumina.com rimanda alla multinazionale russa Rusal, proprietaria del sito produttivo di Portovesme. Un sito tutto crema e tecnologia. Come tutte le grandi multinazionali vende quello che fa. Ha leadership mondiale quanto a produzione di alluminio, uno stabilimento ultimo grido fatto in due anni, la linea ferroviaria dalla Cina per portare bauxite e tutta una serie di amenità fino all’immancabile moto della sostenibilità ambientale delle attività dell’azienda. Come dire che Dracula ama l’Avis. Immancabili le foto del management, in realtà ancora in formato sovietico, bianco e nero e con pettinature anni ’60. Questo il meraviglioso sito “de sos meres” di Eurallumina. Il secondo sito, che stride enormemente con il primo, è www.cassaintegratieurallumina.com quindi dal paradiso all’inferno in un solo click del mouse. Qui in fantastico mondo dei russi crolla e c’è il dramma di chi non riesce più a capire perché in un mondo dove la richiesta di alluminio cresce a ritmi impressionanti uno degli impianti più importanti sia fermo. E nella confusione rimane anche la responsabilità della chiusura dell’impianto. Ufficialmente, parrebbe che l’impianto non possa riaprire per la mancanza di una linea di vapore collegata ai vicini impianti Enel. Nel consueto scaricabarile italico le colpe sono, a seconda del momento, della Rusal o dell’Enel. La domanda è persino banale: come è possibile che in un’azienda come Enel, di cui il 14% delle azioni sono in mano a Tremonti mentre un altro 17,4% sono della Cassa Depositi e Prestiti e quindi ancora indirettamente al Governo, nessuno prende l’amministratore delegato, Fulvio Conti, gli tira in modo forte un orecchio e gli dice di fare questa condotta? Ma non c’era un governo amico a Roma ed il ministro della Sardegna, Berlusconi, non era quello che aveva telefonato a Putin in campagna elettorale per le regionali, nella miglior logica del “ghe pensi mi”, per dirgli di convincere quelli della Rusal alla riapertura degli impianti? E così anche internet ci fa assistere all’ennesimo contrasto tra il mondo beato delle multinazionali e della loro visione della globalizzazione, dove tutto va bene, e la realtà dura e cruda del mondo periferico, come il nostro. Il gioco dello scaricabarile, per cui è colpa di tutti o di nessuno, lascia con il cerino acceso in mano gli incolpevoli che si aggrappano ai pochi rivoli di speranza che il falso fiume di parole della politica gli lascia. Così ogni volta che vedo una manifestazione di coloro che perdono il lavoro immagino che, continuando così, prima o poi potrà toccare a ciascuno di noi e cosi “non manderemo più a chiedere per chi sta suonando la campana”.

* Il Portico – Cagliari

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