IL CLAVICEMBALO DI PAOLO ZANZU, ARTISTA CAGLIARITANO. IN GIRO PER IL MONDO TRA PARIGI, NEW YORK E MADRID

Paolo Zanzu

Paolo Zanzu


di Viviana Bucarelli

Il critico del New York Times Allan Kozin ha definito “superb” l’ensemble di musica barocca Les Arts Florissant diretta da William Christie, in occasione della prima della magnifica opera “The Fairy Queen” di Henry Purcell alla Brooklyn Academy of Music alla fine di marzo. Ma è solo la più recente conferma per l’orchestra specializzata nella musica del ‘600 e ‘700, considerata una tra le migliori al mondo. Nelle due produzioni in tour a New York, Dido and Aeneas & Actéon e The Fairy Queen, tratta da Sogno di Una notte di mezza estate di Shakespeare, che ha debuttato trionfalmente a Parigi all’Opéra Comique pochi mesi fa, il clavicembalista dell’orchestra è Paolo Zanzu, nella foto, che non ha ancora compiuto ventisei anni ma è un musicista di raro pregio che si fa onore nel mondo. Cagliaritano, è diplomato al Conservatorio di Cagliari in pianoforte e in clavicembalo a Parigi e a Bologna, vive a Parigi da sei anni e ha già alle spalle una carriera da professionista di prim’ordine. E’ parte de Les Arts Florissant dall’agosto del 2008, è reduce da una tournée europea con rappresentazioni in oltre venti teatri e ora, dopo New York, sarà al Teatro Real di Madrid con L’Incorazione di Poppea di Monteverdi fino alla fine di maggio mentre, a partire da settembre, per due mesi in Inghilterra per il tour del leggendario Festival di Glyndebourne.  Durante le tournée musicali di un’orchestra si manifesta una speciale magia. Si continua a fare il proprio lavoro, ma nel corso delle diverse tappe in città differenti, ogni sera si verifica un’esperienza completamente nuova, a seconda del clima, delle caratteristiche del luogo, del teatro, degli ospiti, del pubblico e dell’interazione con i musicisti e con il palcoscenico. Paolo fa tesoro di tutto questo e conferma che è per lui un’esperienza bella ed arricchente. Ama Parigi, che è ormai la sua città e in cui vive molto bene. “Perché, dice, mi pare si possa dire ci sia un buon connubio tra qualità della vita del Mediterraneo, il cibo, il ritrovarsi, l’andare a pranzo assieme, stare a chiacchierare nei caffè e, allo stesso tempo si vive un sistema organizzativo efficiente tipico delle città del nord”. Inoltre, per i lavoratori dello spettacolo in particolare, la Francia ha un sistema di tutela e supporto ammirevole. L’amore per la musica è nato in lui all’età di sei anni, quando ha chiesto a sua madre di poter imparare a suonare il pianoforte e lei sempre attenta e complice, lo ha sostenuto. Ma non si trovò per niente bene con la prima insegnante e per il momento abbandonò l’idea; che ritornò però, prepotentemente, circa cinque anni dopo e indicò con chiarezza la sua strada. Alla domanda su perché abbia scelto poi in particolare la musica barocca, risponde di essere sempre stato affascinato in genere dall’arte del ‘500, ‘600 e ‘700. Suo padre è storico dell’arte, “Mi portava con lui per lavoro qualche volta, ricorda, a Firenze, per esempio all’Opificio delle Pietre Dure. Credo che vedere lavorare i restauratori sui dipinti di quel periodo mi abbia fatto sentire una familiarità con le opere che probabilmente ha fatto scattare qualcosa”. Qui a New York, con William Christie, il fondatore del Gruppo Les Arts Florissant, ha suonato Purcell, il grandissimo che ha dato il via a tutta la grande musica, prima di Haendel e Mozart. “Colui da cui tutto ha avuto inizio”, come è stato detto. Ma che nonostante la sua grandezza è un autore poco rappresentato, così come in genere poco spazio viene dato alla musica barocca. Il che rende, anche a detta di Paolo, ancora più appassionante dedicarcisi perché ci si sente di contribuire a tener vivo un genere bellissimo. Tra i maestri con cui ha lavorato, ammira particolarmente il danese, direttore e cembalista, Lars Ulrik Mortensen, “un musicista serio, profondo, un intellettuale vero, che non si risparmia ed è sempre pronto alla sperimentazione e alla ricerca”. Oltre la musica, Paolo è molto interessato all’arte. A New York ha esplorato la città con curiosità e passione e ha divorato i suoi grandi musei, specie il Metropolitan, la sua sezione Rinascimentale e quella degli strumenti musicali e la magnifica Frick Collection, ma anche il Moma ha suscitato il suo entusiasmo, a partire dalla mostra di William Kentridge. Di Parigi ama la ricchezza e varietà dell’offerta culturale. Ricorda con piacere particolare la mostra su Picasso e i maestri vista poche settimane fa al Grand Palais e diversi recenti spettacoli di prosa. I suoi amici provengono prevalentemente dal mondo dell’arte, “sono musicisti, ma anche disegnatori, attori”, ci racconta.  E’ giovanissimo ma è un’anima profonda, sensibile, colta ed attenta. A Parigi è diventato buddista e qui a New York ha fatto un salto al centro di Union Square dove non ha tardato a trovarsi a suo agio. “Quel che mi è piaciuto in modo particolare del Buddismo, dice, è che t’insegna a conoscere te stesso, le tue capacità, potenzialità ed ad essere aperto verso gli altri. Ti sprona ad usare le tue energie nel migliore dei modi, a fare il tuo percorso senza scuse o alibi, senza guardarti indietro, senza perdere tempo. Ma prendendosi ciascuno le proprie responsabilità e crescere con le proprie gambe e la propria libertà”. Nel futuro vorrebbe dedicarsi alla direzione e non gli dispiacerebbe un’esperienza negli Stati Uniti. All’inizio ha trovato New York un po’ opprimente, “con questi enormi grattacieli”, ma poi è stato rapidamente conquistato e confessa entusiasta che trova che “la sua energia sia contagiosa”.

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