Una favola nella favola, la "Cenerentola" di Rossini che torna a Sassari dopo 14 anni

di Mariella Cortès

 

Torna a Sassari, dopo 14 anni la "Cenerentola di Rossini. E lo fa con un’esplosione di colori che dipingono a pennellate forti, senza mai cadere nella banalità o nell’eccesso, un classico senza tempo. L’opera rossiniana in due atti è la seconda proposta del cartellone dell’Ente Concerti Marialisa de Carolis: nomi d’eccezione per costumi "incredibili". I colori brillanti degli abiti di scena, arricchiti dai dettagliati trucchi dei personaggi fanno da contrasto alla linearità di una scenografia bicroma.Ad indossarli nomi noti del panorama lirico nazionale e locale. L’orchestra di Stefani Vignati accompagna la regia di Gianni Marras che riconferma le intuizioni che l’avevano fatto apprezzare qualche anno fa con "La pietra del paragone". Ecco allora che la classica fiaba ammicca a personaggi e situazioni contemporanee: si distinguono  la cagliaritana Francesca Pierpaoli nel ruolo di Tisbe e Maria Carla Curia in quello di Clorinda e il mezzosoprano Daniela Pini in quello di Cenerentola.  Un frizzante Antonio Vincenzo Serra veste i panni di Dandini, cameriere del principe di Salerno: il giovane baritono sassarese  che il pubblico Teatro di Spoleto, a marzo 2008, ha proclamato "miglior cantante" tra i finalisti del "Comunità Europea" (tra i più importanti concorsi italiani per voci liriche), accoglie gli applausi del pubblico verdiano per la carica espressiva  e il timbro pulito. Non da meno il basso Paolo Pecchioli nel ruolo di Alidoro  filosofo e maestro del principe  Don Ramiro interpretato dal tenore Daniele Zanfardino e il convincente Don Magnifico di Antonio De Gobbi. Decisa e pulita la performance del coro polifonico "Santa Cecilia" diretto da Gabriele Verdinelli mentre troppo accademica per alcuni versi la direzione di Vignati. "Cenerentola, ossia la bontà in trionfo", venne rappresentata per la prima volta al teatro Valle di Roma il 25 gennaio 1817 con il coltralto Geltrude Righetti Giorgi che aveva già calcato la scena come Rosina del Barbiere di Siviglia, ora nel ruolo di Angelina/Cenerentola e fu il prodotto di una collaborazione geniale, quella Rossini- Ferretti che in brevissimo tempo riuscì a dar vita a un’opera in grado di tener testa e superare per diverso tempo Il Barbiere di Siviglia". Ad ispirar la Cenerentola rossiniana furono altri due libretti d’opera, Cendrillon di Charles Guillaume Etienne per Nicolò Isouard del 1810  e Agatina, o la virtù premiata di Francesco Fiorini per Stefano Pavesi del 1814 senza tralasciare, ovviamente, la celebre favola di Charles Perrault. La velocità di realizzazione fu poi possibile grazie all’uso della tecnica dell’"autoimprestisto": Rossini si servì di musiche di alcuni brani precedentemente composti: il rondò di Angelina è tratto dall’aria del conte di Almaviva del Barbiere "Cessa, di più resistere" e la sinfonia è tratta da quella della "Gazzetta". Nella versione lirica scompare quasi del tutto l’elemento magico: il filosofo Alidoro sostituisce la fatina e una coppia di smanigli prende il posto della celebre scarpetta di cristallo. Via anche la crudele matrigna ed ecco apparire un grottesco Don Magnifico, nobile decaduto e decadente che, dopo aver sperperato i soldi della figlia minore, spera di maritare una delle sue figlie con il re di Salerno.  Ma l’idea della fiaba nella fiaba è palese sin dai primi istanti del primo atto quando, mentre le sorellastre Clorinda e Tisbe, figlie di don Magnifico, si pavoneggiano davanti allo specchio, Cenerentola fa il suo ingresso in scena cantando una canzone malinconica, "C’era una volta un re" che lascia presagire il suo destino. L’opera rossiniana riprende poi, come da copione delle opere buffe e dei drammi giocosi, il tema dello scambio di persona  Don Ramiro lascia che sia Dandini, il suo cameriere a fingersi il principe di Salerno, per poter "tastare" il terreno e scoprire quale delle figlie di Don Magnifico è per lui esempio di bontà e purezza. Ma le due sorellastre si rivelano "un esempi di insolenza e vanità" mentre Cenerentola s’innamora del principe quando è ancora nelle vesti di scudiero. Grazie al filosofo Alidoro riesce a partecipare al ballo completamente velata e a donare al principe/cameriere un braccialetto promettendo di sposarlo qualora lui, ritrovandola, la accettasse anche nella sua condizione di miseria. L’immancabile lieto fine vede il trionfo dei sentimenti, "e alla fine trionfò la bontà" e il perdono degli antagonisti. La Cenerentola di Rossini aveva già solcato il palcoscenico del teatro Verdi di Sassari nel 1970 con la regia di Marcella Govoni e nel 1978  con la direzione di Beppe De Tommasi. Il ritorno sulle scene lo scorso novembre,  dopo l’assenza dal 1995 vede il debutto dei coloratissimi costumi della sassarese Luisella Pintus che,  realizzati con materiali riciclati, rivestivano l’opera di modernità e strizzavano l’occhio al celebre cartone animato Disney del 1950 e a una serie di personaggi e situazioni note e classiche. La scena del banchetto ricalca quella di Miseria e Nobiltà di Totò e il filosofo Alidoro, ricorda due "maghi" classici, Silvan e  quello dello spot Galbusera.  E l’immancabile finale conferma il tributo al celebre cartoon disneyano con l’apparizione della celebre scarpetta di cristallo. Cenerentola si riconferma ancora una delle favole più amate e, come sottolineato nel corso della tavola rotonda che precede la rappresentazione, più diffuse al mondo. E non poteva allora mancare la Sardegna che tra i suoi Contos de foghile, racconta la storia di una Cenerentola meglio nota, nella tradizione sarda, come Ottighitta.

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