Riuscirà il tritone a sopravvivere al potente drone "Neuron"? Quirra e i suoi mali

di Costantino Cossu

 

All’Euprotto piacciono le acque fresche e pulite. E’ un piccolo anfibio, lungo appena dodici centimetri, e vive solo in Sardegna. Il suo nome «volgare», infatti, è Tritone sardo. E’ rarissimo, una specie protetta. Quando si sente in pericolo reagisce secernendo una sostanza dall’odore sgradevole simile a quello dell’aglio. Ma è uno strumento di difesa che non serve a niente contro Neuron, il nemico mortale del Tritone. Neuron è un drone, strumento di morte potentissimo, della stessa famiglia tecnologica alla quale appartengono gli aerei senza pilota. I suoi progettisti neppure sospettano dell’esistenza del minuscolo anfibio sardo. I loro obiettivi sono quelli delle guerre imperiali, dall’Afghanistan all’Iraq. Per raggiungerli condanneranno il piccolo Tritone all’estinzione. Come? Distruggendone l’habitat. Il 24 aprile dello scorso anno l’allora ministro della Difesa,  Arturo Parisi, ha deciso di costruire in Sardegna, nel poligono di Quirra, un aeroporto militare. A dir la verità, i documenti della Difesa parlano di «striscia tattica polifunzionale». Astuzia lessicale per mascherare la verità: una pista per l’atterraggio di velivoli con strutture di servizio comprese. Un vero e proprio aeroporto. La «striscia tattica polifunzionale» è molto importante per la Difesa, perché permetterà all’Italia di partecipare a una joint venture internazionale a elevata valenza scientifica e tecnologica chiamata «Progetto Neuron». In perfetta continuità con Parisi, poche settimane fa Ignazio La Russa ha confermato tutto, trovando senza difficoltà i fondi necessari. A partire dal 2011 la «striscia tattica polifunzionale» servirà a collaudare Neuron, drone di nuova generazione ancora più micidiale di quelli che seminano morte e terrore in Afghanistan e in Pakistan. Non stupisce che per realizzare il progetto sia stato scelto il poligono di Quirra, la base militare più grande d’Europa, nella Sardegna sud orientale, tra la costa di Villaputzu e le montagne di Perdas de Fogu. Non stupisce perché è da decenni in quest’angolo semi spopolato della Sardegna ministero della Difesa e industrie belliche fanno tutto ciò che vogliono, qualunque sia il colore politico del governo in carica. Con la conseguenza che qui i picchi d’incidenza di neoplasie sia tra i militari e sia tra la popolazione sono altissimi, ben al di sopra delle medie nazionali. I bambini nascono con spaventose malformazioni e i soldati si ammalano di tumori al sistema emolinfatico, gli stessi provocati tra le truppe impiegate nella guerra dei Balcani dall’uso di proiettili all’uranio impoverito. Se il progetto firmato da Parisi e controfirmato da La Russa andrà in porto, sarà pure peggio. E non solo per la gente che a Quirra continua a morire di cancro senza che importi un accidente a nessuno, ma anche per il piccolo Tritone. L’area sulla quale sarà costruita la pista, infatti, l’altopiano di Monte Cardiga, racchiude nel sottosuolo il complesso carsico delle grotte di Is Angurtidorgius, dove il Tritone vive. Dodici chilometri di anfratti e di cunicoli conosciuti dagli speleologici di tutto il mondo per la loro bellezza, con due ruscelli sotterranei e specie faunistiche di grande rilievo naturalistico. Tutti protetti dalle direttive dell’Ue che tutelano gli habitat naturali di particolare pregio. Direttive inutili di fronte a Neuron. Tanto più che le grotte carsiche la «striscia tattica polifunzionale» ce l’avranno appena un centinaio di metri sopra. E la pista servirà, oltre che per il «Progetto Neuron», anche per la messa a punto di caccia militari, per il trasporto di ordigni con i C 130, per l’addestramento con gli elicotteri da combattimento. E poi c’è l’attività ordinaria del poligono: le esercitazioni degli eserciti di mezzo mondo (Nato ma non solo) e le industrie belliche che qui provano nuove armi di ogni tipo. «L’aeroporto – dicono a Quirra i coordinatori del comitato spontaneo che da anni si batte per la chiusura della base – sarà un ulteriore, poderoso, carico inquinante per un territorio già abbondantemente devastato. I diserbanti utilizzati per controllare la vegetazione nell’ampia fascia di protezione e rispetto della pista e il kerosene rilasciato dagli aerei, trascinati dall’acqua, penetreranno inevitabilmente nel suolo carsico, inquinando in modo permanente un’importante riserva di acque sotterranee, dalla quale, tra l’altro, i paesi della costa attingono per gli usi potabili. Una fine silenziosa, al riparo da occhi indiscreti, visto che le grotte si verrebbero a trovare all’interno della fascia di interdizione che circonderà l’aeroporto e le sue sperimentazioni». Certo, se si pensa all’incidenza altissima di tumori emolinfatici o al gran numero di neonati deformi, la distruzione delle grotte di Is Angurtidorgius potrebbe apparire come un fatto marginale. Ma per la gente di Quirra non è così: «La distruzione di un monumento naturale di questa importanza equivale a annientare la speranza in un futuro diverso, basato sulla valorizzazione delle risorse naturalistiche e ambientali di cui è ricco il nostro altopiano. Significa condannarci a un destino di sperimentazioni militari e di discarica di missili e di bombe. Destino al quale non ci vogliamo rassegnare».

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Un commento

  1. avrei letto volentieri l’articolo ma i caratteri in giallo su sfondo bianco proprio non li leggo….

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