Una vita di studi in Sardegna e nel Mediterraneo negli scritti di Giovanni Lilliu

di Raimondo Zucca

 

Alle soglie dei 95 anni Giovanni Lilliu ha raccolto la sua produzione di articoli scientifici composti nell’arco di oltre un settantennio e la offre in un cofanetto che contiene is prendas, i tesori della Sardegna. In coerenza con l’impegno didattico della cattedra di Antichità Sarde, istituita dal Ministero Pubblica Istruzione proprio in funzione del magistero accademico di Lilliu, riscontriamo nella gigantesca produzione scientifica dell’autore una apertura culturale e cronologica, raramente sperimentata nei lavori dei suoi colleghi italiani e europei, con rare eccezioni che rispondono, per citarne alcuni, ai nomi di Ranuccio Bianchi Bandinelli, Massimo Pallottino o Jacques Heurgon. Settantadue anni di straordinaria operosità scientifica a partire dal 1936 con l’ edizione, nella prestigiosa rivista dell’ Università di Cagliari, Studi Sardi, di una tomba tardo punica, con un guttus a vernice nera nel corredo, dalla località di Bau Marcusa della amata terra di Barumini. In quel lavoro l’archeologo ventiduenne pubblicava anche una carta archeologica del territorio di Barumini, aperta in una archeologia dei paesaggi ante litteram alla percezione delle dinamiche paesaggistiche indotte dall’ interazione tra uomo e natura, nel divenire storico. Nei lavori di Giovanni Lilliu ritroviamo un approccio totale ai segni lasciati dall’ uomo nel paesaggio. Certamente, in virtù della sua formazione paletnologica alla scuola di Rellini della Sapienza di Roma, l’ interesse primario di Lilliu è rivolto verso le espressioni della Sardegna prenuragica e nuragica, ma la scelta è anche dettata dalla rilevanza che ancora oggi possiedono nel paesaggio sardo le architetture neolitiche ed eneolitiche (domus de janas, dolmen, tombe a corridoio, a circolo, pietre fitte) e quelle dell’età del bronzo (nuraghi, tombe di giganti, templi). Nell’ opera si osserva il divenire della ricerca per le fasi più antiche della preistoria sarda, da un generico neo-eneolitico dei primi tempi, alla seriazione delle culture come quella di base di San Michele di Ozieri o la cultura dell’ età del rame di Monte Claro, enucleata in un vastissimo studio redatto con Maria Luisa Ferrarese Ceruti, o ancora lo studio dei tipi di dolmen della Sardegna, a partire dall’ esempio di Motorra (Dorgali). Scorrendo i sei volumi riscopriamo lo sviluppo della indagine stratigrafica nei nuraghi di Barumini, il nuraghe Marfudi e quello di Bruncu su Nuraxi che l’avrebbe consacrato archeologo di fama mondiale. Ma ancora le ricerche nei nuraghi di Lasplassas e di San Vero Milis (il gigantesco S’ Uraki) e gli studi sull’architettura dei nuraghi, dei templi a pozzo, dei rapporti con Corsica e Baleari. Se ci volgiamo alla produzione artistica, abbiamo le pagine splendide sui bronzetti nuragici di Terralba, sulle navicelle bronzee dei santuari greci di Gravisca e Crotone, o le magistrali letture dei colossi di Monti Prama, a partire dal saggio Dal betilo aniconico alla statuaria nuragica , fino alla recente memoria dell’Accademia dei Lincei dedicata alla relazione fra bronzetti e statuaria nuragica. Come si è detto Lilliu analizza l’intera civiltà dei Sardi, anche nelle espressioni del tempo delle dominazioni cartaginese, romana, bizantina. La sua conoscenza del mondo antico e medievale è totale, e si struttura con l’utilizzo delle singole metodologie di indagine come la linguistica, l’ epigrafia semitica, l’epigrafia latina, la topografia antica, la storia dell’ arte romana e bizantina, l’ archeologia classica. Un lavoro che resta un modello insuperato di approccio allo studio di un centro urbano antico e del territorio di riferimento è Per la topografia di Biora (Serri) pubblicato nel settimo volume degli Studi Sardi del 1947. Chi scrive ricorda l’emozione quando una copia ingiallita di quel volume venne scovata nei ripiani della libreria Cocco del Largo Carlo Felice: era il 1969 e da quelle pagine ho appreso molto del metodo di ricerca topografica in Sardegna. Nel libro si ripropone, arricchendole di note, uno studio sulla rivista sassarese Riscossa sulle città romane della Sardegna , additando l’opportunità di intraprendere scavi su vasta scala a Tharros, Nora, Neapolis. Proposta che si concretizzò con l’arrivo nella Soprintendenza di Gennaro Pesce che fece sua l’idea di Lilliu. Così nacquero lo scavo di Neapolis nel 1951, di Nora l’anno successivo, di Tharros nel 1956. Non può ignorarsi la straordinaria ricchezza delle scoperte edite nei volumi VII, VIII e IX degli Studi Sardi: dagli scavi urbani della ricostruzione di Karales, martoriata dai bombardamenti, alla scoperta del bucchero etrusco nell’insediamento arcaico presso il nuraghe s’Uraki di San Vero; dal deposito votivo di Vallermosa con una moneta di Azio Balbo e Sardus Pater al villaggetto tardo repubblicano di Milli Pizzinnu, tra Seneghe e Milis. Negli anni più recenti l’interesse frontale per i dati paletnologici ha diminuito gli interventi di Lilliu in ambito classico, ma essi hanno continuato a sussistere. A partire dal 1990 si sono moltiplicati i lavori sull’ età cartaginese, romana e medievale: lo studioso ha consegnato Le sopravvivenze nuragiche in età romana e La Sardegna e il mare in età romana ai volumi de L’ Africa romana , curati da Attilio Mastino. Nelle Memorie dell’Accademia dei Lincei del 1992 appare Una riflessione sulle guerre cartaginesi per la conquista della Sardegna . Nel 1993 nel volume in memoria di Alberto Boscolo Lilliu pubblica Milizie in Sardegna durante l’ età bizantina . La sua curiositas ionica lo ha portato ad indagare temi e luoghi che parrebbero lontani dal fulcro delle sue ricerche: non è così. Lo studioso ha amorosamente camminato lungo le strade della Sardegna, come quando giovanissimo archeologo di Soprintendenza percorse l’isola da Cagliari alla costa centro-orientale alla ricerca di un mitico testo trilingue magnificatogli da un canonico non troppo esperto in epigrafie antiche: l’ epigrafe era spagnola! Ma anche quella studiò Lilliu, comprendendo sotto il suo sguardo tutte le espressioni della civiltà dei Sardi.

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