cultura e informazione per la vitalità dei circoli

di Paolo Pulina

 

La Cultura. Queste riflessioni su cultura e informazione, da intendere come strumenti che possono garantire la vitalità dei circoli e delle federazioni, vogliono dar conto delle trasformazioni avvenute in questi due settori  nell’ambito dell’emigrazione sarda nel mondo rispetto al 1989, anno in cui si tenne a Quartu S. Elena, dall’8 all’11 marzo, la "Convenzione Programmatica dell’Emigrazione" (si veda il volume, curato da Alberto Sechi, che ne raccoglie Atti e Documenti: quasi 500 pagine pubblicate nel 1990). La cultura e l’informazione  non possono esistere senza il tramite della memoria. Mi sembra perciò giusto, all’inizio di questo intervento, ricordare tre sardi, impegnati per tutta la vita sul fronte dell’organizzazione culturale, i quali dall’isola hanno rivolto una particolare attenzione agli emigrati sardi nel mondo. Antoni Cossu (Santu Lussurgiu 1927-2003) nel 1984 pubblicò, per iniziativa dell’Istituto Superiore Regionale Etnografico di Nuoro,  unu romanzu in limba sarda, notevole dal punto di vista formale per l’efficace giustapposizione e alternanza delle diverse parlate sarde. Gli emigrati sardi dovrebbero conoscere e leggere questo romanzo, che ha per titolo Mannigos de memoria e per sottotitolo Paristoria de una rivoluzione,  perché parla di loro. Anzi li fa diventare protagonisti di una rivoluzione che concretizza il sogno estremistico di un gruppo di emigrati che al governo della Regione vogliono sostituire in toto i sardi residenti! Il romanzo è una metafora letteraria – quindi portata all’estremo – di un’esigenza che di tanto in tanto traspare presso le comunità degli emigrati sardi nel mondo. Fabio Masala, infaticabile direttore di due strutture (la Cineteca Sarda, di cui è stato anche fondatore, e l’organizzazione regionale della Società Umanitaria) che tanto meritoriamente  hanno operato (e continuano ad operare) a vantaggio degli emigrati sardi nel mondo, durante i lavori della citata Convenzione programmatica dell’emigrazione del marzo 1989, coordinò la discussione del tavolo tematico "Scuola e cultura", proponendo poi all’assemblea una relazione che si raccomanda per la profondità dei contenuti, che ancora oggi  si rivelano pienamente attuali. Masala è scomparso prematuramente nel 1994. Il sindacalista-poeta Peppino Marotto, vilmente ucciso a 82 anni, nella natìa Orgosolo, alla fine del 2007, ha riservato diverse sue cantadas in sardu agli emigrati, alla luce anche delle esibizioni insieme al Coro di Orgosolo e come poeta in limba nelle diverse piazze procurategli, in Europa e nel mondo, dagli emigrati sardi. Come se rispondessero idealmente alla lezione di questi tre I tre organizzatori di cultura (profondamente interessati ad avere come interlocutori permanenti dei loro insegnamenti anche i componenti del popolo sardo diasporizzati nel mondo), col passare degli anni, le associazioni degli emigrati sardi nel mondo, da organismi dopolavoristici e di mutuo soccorso in senso puramente assistenzialistico (importanti comunque perché hanno evitato l’esclusione sociale delle persone più deboli), si sono trasformate in centri promotori di cultura, che hanno consentito ai soci di raggiungere notevoli risultati sia per quanto riguarda l’accrescimento dell’autocoscienza identitaria sia per quanto riguarda la conoscenza del retaggio spirituale della regione di origine. La coscienza della necessità dell’impegno sul fronte culturale ha innescato nei circoli dinamiche di maturazione critica e organizzativa che hanno permesso col tempo la costituzione sul campo, attraverso i meccanismi dell’autoformazione, di gruppi dirigenti consapevoli del proprio ruolo e delle proprie responsabilità di soggetti dotati di autonomia ideativa e di capacità propositiva. Io credo che in Sardegna spesso si sottovaluti la forza di questi apparati direzionali che si sono consolidati in tutti i luoghi di aggregazione dei sardi emigrati. L’appartenenza di un emigrato o di un’emigrata al gruppo dirigente di un certo circolo viene vista probabilmente dai compaesani rimasti in Sardegna come un titolo onorifico di merito morale, di apprezzamento affettivo, non come un riconoscimento del possesso di capacità effettive di coordinamento e di direzione che l’esperienza del circolo come centro propulsore di iniziative culturali ha sicuramente affinato anche in coloro che hanno potuto seguire solo un medio corso di studi e, spesso, neanche quello.  In ogni parte del mondo i dirigenti dei circoli sardi  sono interlocutori credibili delle istituzioni locali non perché provengono da una regione che vanta un’attrattività fuori del comune per le sue straordinarie  bellezze paesaggistiche ma perché il monitoraggio operato costantemente sulle loro azioni  rivela che essi, anche se non hanno studiato le discipline che vengono insegnate presso un istituto universitario specializzato come il DAMS di Bologna, sanno dare  prova di capacità di proposta, di serietà dell’ impegno organizzativo, di conoscenza degli strumenti di promozione comunicativa. Certamente sono servite in questo senso anche le raccomandazioni della Regione sarda tese a premiare solo le manifestazioni culturali di un livello che non fa sfigurare  il buon nome, che non menoma l’immagine della Sardegna, ma le prediche servono a poco se i fedeli non sono autoconvinti della necessità  di applicare un modello virtuoso. L’organizzazione degli eventi culturali è un’occasione di catalizzazione e di galvanizzazione delle energie positive presenti nel circolo ed è un sicuro strumento non solo per creare aggregazione sociale al suo interno ma anche per riuscire ad  attirare, nei confronti del circolo,  interesse, simpatia, considerazione da parte dell’esterno, da parte della cittadinanza locale, che in tal modo può essere messa in condizioni di conoscere (oltre le produzioni alimentari e le spiagge, note e apprezzate già per conto loro)  non solo le date e i fatti più importanti della storia sarda,  le personalità più significative della cultura della nostra isola ma anche la realtà drammatica di certe malattie endemiche sulle quali sensibilizzare anche i non sardi. L’esistenza di questo consenso popolare nei riguardi degli interventi culturali dei circoli è la causa non l’effetto della benevolenza delle istituzioni locali: insomma, l’ "occhio di riguardo" da parte delle istituzioni  non si stabilizzerebbe senza il vaglio e l’approvazione del penetrante  "occhio critico" dei cittadini elettori! Il volontariato sardo nel mondo, che si dispiega nelle reti associazionistiche degli emigrati, è diventato ben consapevole che organizzare cultura, valorizzando le specificità della nostra geografia, della nostra storia e della nostra etnia e interagendo secondo una produttiva prospettiva interc
ulturale con l’ambiente locale, non è un’operazione che si  può esaurire  "nello spazio di un mattino"o, meglio, di un pomeriggio dei giorni del week end. Non è possibile organizzare cultura secondo la logica dell’arrangiarsi, dell’improvvisazione, del "cogliere l’attimo", del "come viene viene", ma bisogna farlo attraverso il metodo dell’attrezzarsi, del programmare, del pianificare sulla lunga durata: tutto questo cercando di far fare sempre un salto di qualità alla cultura di base dei soci. Senza nessuna offesa per le associazioni in cui i professionisti "arrivati" si ritrovano durante il tempo libero (alludo ai vari Rotary o Lions, in cui l’ambiente sociale è chic, i gusti sono snob, gli abiti sono all’ultima moda,  le letture sono à la page, il menu è à la carte…)  i nostri circoli aggregano appartenenti alle diverse fasce sociali, che i gruppi dirigenti sanno mettere in comunicazione tra di loro attraverso le iniziative culturali: senza rinunciare alla proposta di occasioni di dialogo che possono essere favorite dal far trovare magari il professore universitario a fianco dell’operaio, davanti a una tavola imbandita con porcetto, pane carasau, dolci sardi, mirto e filu ‘e ferru. L’importante è di non fare di queste occasioni l’unico momento di incontro tra corregionali sardi e tra gli emigrati e gli amici dei sardi. Se ci presentiamo davanti alla commissione giudicatrice esterna, "portando", come si dice,   solo queste materie, non facciamo molta strada in direzione dell’elevamento, del miglioramento della nostra autocoscienza culturale! E al di là dell’esteriore e materialmente appagante compartecipazione al "banchetto", gli altri non avrebbero certo una grande considerazione né di noi né dell’identità culturale profonda del popolo sardo. Il discorso fin qui svolto vuol dimostrare che nell’ambito dei circoli, misurandosi con l’organizzazione di eventi volti a promuovere la cultura della Sardegna, diversi soci sono cresciuti intellettualmente ed hanno potuto lasciarsi alle spalle le tentazioni- autogiustificazioni  della timidezza, se non addirittura della passività, ed hanno affrontato con determinazione i compiti, per così dire,  di pilotare la barca del circolo in mare aperto. Questi "capitani coraggiosi", rappresentanti dell’etnia sarda nel mondo, sanno, come i missionari,  che il "compenso" (ovviamente  tra virgolette)  per le loro azioni di volontariato è costituito unicamente dalla soddisfazione di non avere lesinato energie allo scopo di rendere sempre più bella e di far stare nelle migliori condizioni di salute la madre Sardegna (sapete invece dalla storia che alcuni rappresentanti di casa Savoia, proprio per dissuadere altri pretendenti dalla tentazione di impossessarsi della nostra isola, applicavano metodicamente lo schema tattico di "non abbellire la sposa").

L’informazione. A fronte di questi  innegabili successi sul fronte dell’organizzazione culturale, è doveroso riconoscere che circoli e federazioni devono fare ulteriori passi avanti nel campo, assolutamente di rilievo, dell’informazione e della  comunicazione. Purtroppo, anche quando si producono iniziative di qualità,  non si comunica in maniera soddisfacente e adeguata. E non solo da parte dei circoli più piccoli. E’ sicuramente da migliorare la comunicazione interna, verso i soci, anche nella qualità dell’immagine grafica  in modo che tutti i circoli raggiungano uno standard accettabile. E’ indubbiamente da migliorare la comunicazione esterna. Essa deve avere una valenza pubblica perché le nostre manifestazioni, come ho cercato di dimostrare,  hanno raggiunto una notevole maturità organizzativa e contenutistica e non devono mancare l’obiettivo di attirare il pubblico dei non sardi verso tematiche storiche e culturali spesso ignorate, rispettivamente, dai manuali e dalle antologie che circolano a livello nazionale. Se si vuole che le iniziative dei circoli, anche le più  partecipate, non rischino di diventare dei "fantasmi", di esse bisogna dare  notizia  – prima dell’evento e soprattutto dopo l’evento –  nel circuito comunicativo della città e della provincia in cui ciascuna associazione opera. Sappiamo che quasi tutti i circoli, attraverso contatti  rafforzatisi e accresciutisi negli anni, hanno ottimi rapporti con gli interlocutori istituzionali e anche con il mondo dell’informazione locale. E’ bene, però, in ogni caso,  che i circoli non rinuncino alla pubblicazione dei loro giornalini e dei notiziari, alcuni dei quali sono cresciuti di qualità. Questi fogli auto-prodotti peraltro possono diventare una importante palestra per la formazione e la professionalizzazione di un ufficio stampa presso ogni realtà associativa. Se vogliamo che in Sardegna arrivi un’informazione adeguata e non folcloristica sulle nostre manifestazioni e sulla promozione del "made in Sardegna", occorre che presso ciascun circolo ci siano dei responsabili che sovrintendono alla comunicazione: essi  devono  imparare a scrivere i documenti di presentazione delle iniziative, i resoconti e gli articoli e devono inviarli  a quante più testate possibile. Devono anche attrezzarsi per far fronte ai nuovi  compiti posti  dalla necessità di provvedere alla videoregistrazione dei momenti più significativi dell’azione culturale. Sia le tv locali, sia soprattutto le tv che trasmettono in Sardegna possono solo affidarsi a noi, a un operatore di ripresa incaricato da noi, per la registrazione delle immagini, che servono alla  redazione giornalistica per montare il servizio filmato. Il servizio di audio e di video registrazione è comunque indispensabile per dare conto dei principali convegni o dibattiti di valenza storica, letteraria, culturale organizzati dai circoli: in questo modo si possono arricchire gli archivi di documentazione interna. L’attrattività e la diffusività del messaggio televisivo non devono far trascurare le forme più tradizionali della comunicazione: dalla radio locale (sia nella provincia in cui un circolo opera; sia nella zona della Sardegna che meglio si conosce per origini o frequentazioni  dei soci)  alla stampa locale (quotidiani, periodici, riviste), da raggiungere attraverso i comunicati stampa. Per migliorare l’immagine dei circoli (e delle federazioni)  è altresì necessario che ci si attrezzi con un sito Internet che deve essere continuamente aggiornato; nell’ambito della promozione dell’immagine dei singoli circoli (e delle federazioni) vanno  considerate anche  le realizzazioni editoriali degli ultimi anni (atti di convegni, cataloghi di mostre, saggi storici, raccolte di articoli, di poesie o di racconti nati nell’ambito dell’emigrazione) che hanno pubblicizzato in particolare il marchio di qualche federazione o circolo particolarmente attivo nel campo pubblicistico. Essi devono trovare posto nelle biblioteche dei circoli e devono essere fatti conoscere ai soci, ai centri di documentazione locali, a quelli operanti in Sardegna. Richiamate le nostre responsabilità, non ci possiamo nascondere che nell’ultimo anno il mondo dell’emigrazion
e sarda organizzata ha vissuto, non per sua colpa, un’autentica emergenza informazione. Nell’anno di assenza del "Messaggero Sardo", come ha scritto qualcuno, i sardi emigrati, "privati anche dell’unico periodico di collegamento, di unità e di informazione, si sono sentiti più disuniti e più ignorati che mai". L’improvvisa scomparsa dalle case degli emigrati in tutto il mondo e dei loro parenti in Sardegna e anche dalle sedi istituzionali sarde delle pagine del "Messaggero" ha creato un tracollo informativo nel circuito degli emigrati sardi che ha sicuramente comportato una crisi di sconforto nella maggior parte degli affezionati lettori, sparsi per il mondo, del "nostro" storico e glorioso mensile, pubblicato a partire dal 1974 e stampato in 75.000 copie. Salutiamo perciò con grande piacere  la ricomparsa  nel nostro orizzonte di questo amichevole canale informativo, rinnovato nella grafica e nella presentazione dei contenuti. Questo canale "nostro" e collaudato è stato e resta uno strumento indispensabile per la comunicazione fra
la Sardegna e i sardi nel mondo e viceversa; dobbiamo difendere e garantire la sua funzione  centrale. Dobbiamo però prima di tutto utilizzarlo meglio, assicurandogli un flusso costante di informazioni da parte di ogni circolo, usando anche la sua disponibilità gratuita via Internet. In questo ultimo anno, prima della ripubblicazione del "Messaggero", alcune poche imbarcazioni hanno evitato  l’annegamento, nel mare magnum dell’informazione globale, della comunicazione relativa alle attività dei circoli. Bisogna ringraziare queste benemerite testate che hanno riservato, e che continuano  a riservare,  spazio agli emigrati: il sito Internet www.emigratisardi.com, diretto da Giuseppe Mantega; il giornale on line di Massimiliano Perlato "Tottus in Pari" (che esce dal 1997); le rubriche del sito Internet del quotidiano "L’Unione Sarda"; "Nuovo Cammino" (quindicinale della diocesi di Ales-Terralba, diretto da don Giovanni Pinna, che da qualche anno dedica una pagina alle manifestazioni organizzate dai circoli) e "L’Arborense" (settimanale della diocesi di Oristano), entrambi consultabili anche in Internet; i periodici delle diocesi di Tempio-Ampurias ("Gallura Anglona"), di Ozieri ("Voce del Logudoro"), di Nuoro ("L’Ortobene");  i quindicinali zonali "Sardegna Ventirighe" (di Sassari) e "Gazzetta del Medio Campidano" (di Guspini); il settimanale "Gazzetta del Sulcis- Iglesiente" (di Carbonia);  il bimestrale "Làcanas", diretto da Paolo Pillonca. Come si è detto, anche alcuni circoli si sono attrezzati con un sito Internet (ma sappiamo che un sito è funzionale se viene continuamente aggiornato; e questo non è un compito facile). Se volgiamo lo sguardo al settore dei grandi media, vediamo: 1) che i quotidiani in versione cartacea, "L’Unione Sarda",  "La Nuova Sardegna" e  "Il Sardegna", si dimostrano piuttosto tiepidi, tranne che in pochi casi, nel dar conto delle iniziative dei circoli degli emigrati; 2) le televisioni sarde non sono particolarmente generose nel riservare attenzione alle associazioni degli emigrati nella penisola e nel mondo. In ogni caso noi dobbiamo continuare a inviare i comunicati sia ai quotidiani sardi sia alle televisioni sarde. Nei nostri incontri è normale  che ci si lamenti del fatto che i politici e gli amministratori sardi e in generale i sardi residenti non tengano in gran conto le nostre inesauste iniziative di promozione culturale, turistica e commerciale della Sardegna. E’ da sperare che, grazie alla presenza del nuovo "Messaggero Sardo" (che riprende con regolarità a trasmettere notizie via computer e via posta) e grazie all’impegno delle nicchie informative che prima ho citato, i sardi residenti possano essere informati regolarmente  sulle attività culturali dei circoli e che quindi possa diminuire, presso i nostri interlocutori residenti in Sardegna, per così dire, il tasso di disinteresse nei confronti delle iniziative degli emigrati. In ogni caso, noi non ci scoraggiamo. Tornando, infatti, in chiusura, al tema della cultura,  siamo certamente consapevoli che  la circolazione degli elementi qualificanti dell’eredità spirituale dell’isola di Sardegna è affidata ai testi (non solo tradotti ma anche nella lingua originale) di alcuni grandi autori dell’alta cultura sarda: Grazia Deledda, Antonio Gramsci, Giuseppe Dessì. Ma siamo altresì convinti che  la persistenza, la durata di questa circolazione  è consegnata idealmente all’azione delle circa 150 associazioni di sardi emigrati nel mondo: la parola "circolo" connota efficacemente questo processo di immissione in un circuito di intercomunicazione interculturale. Impegnandosi in queste azioni positive, svolte nell’ambito dell’associazionismo, i dirigenti dei circoli abbandonano il proprio "particulare", i possibili arrotondamenti di salario o di stipendio, i propri hobbies e prestano la propria opera volontaria senza querimonie e piagnistei. Le istituzioni sarde – intese nel senso più ampio del termine –  non dimentichino l’importanza degli "appoggi"  fuori dell’isola che sono rappresentati dai circoli degli emigrati. Ascoltare le ragioni dei loro dirigenti e corrispondere con disponibilità alle loro istanze può evitare un rischio che è sempre dietro l’angolo: la disaffezione dei singoli. Questa, lo sappiamo bene, è terribilmente contagiosa e può preludere ad abbandoni in massa. Questa conferenza è una grande opportunità che la Regione Sarda ha voluto mettere a disposizione di tutti gli emigrati sardi del mondo. E’ bene però sottolineare il fatto che essa non deve essere un punto di arrivo ma deve essere il punto di una nuova partenza, verso nuovi traguardi.

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