SIAMO STATI GIGANTI, MA PER LA STORIA SIAMO NANI: ANCHE PER COLPA NOSTRA. DIBATTITO SULLA CIVILTA’ NURAGICA

di ANTONIO MARIA MASIA

Mi voglio inserire con alcune considerazioni sul dibattito intorno alla civiltà nuragica suscitato da Emanuele Dessì direttore dell’Unione Sarda che in un suo articolo caldeggia“un’azione politica concreta a sostegno della petizione online indirizzata al Ministero della Pubblica istruzione”, perchè si introduca ” la storia della Civiltà Nuragica nei programmi scolastici italiani“. 

Questa l’apertura di Emanuele Dessì, che condivido,  quando scrive per richiamare le precise responsabilità dei sardi, di noi sardi, a proposito della scarsa conoscenza della nostra storia nuragica  e della scarsa voglia di volerla indagare, capire e divulgare e condivido pure il ragionamento e le conclusioni  di Giorgio Valdes , editorialista di Nurnet-la rete dei nuraghi, a sostegno e ampliamento del tema proposto, nel suo interessantissimo articolo: Fantarcheo… a chi?,lhttp://www.nurnet.net/blog/fantarcheo-a-chi/

A parte alcuni lodevoli fermenti, infatti, sul fronte di indagine e di voglia di scoprire e capire, c’è ben poco dal versante dell’archeologia ufficiale. Per fortuna, a smuovere questa sorta di palude d’inerzia che ci trasciniamo da sempre c’è qualcuno, come Sergio Frau, che coraggiosamente combatte, da gigante, una sua battaglia culturale che vale la pena di seguire con attenzione e riflessione e senza pregiudizi di sorta.

Con il suo intuito da giornalista di razza e con l’enorme curiosità intellettuale che lo contraddistingue lui ha iniziato da tempo a porsi delle domande, che ci riguardano tutti, sul perché e sul per come dell’antica  civiltà sarda nuragica.

Cosa è stata? Per quanto tempo? Come s’è affermata? Con quale organizzazione? Rozza o raffinata? Com’è collassata e scomparsa, quasi all’improvviso senza tracce di scrittura? Ma con un numero incredibile di firme di pietra: nuraghi, e nuraghi a migliaia, apparentemente rozzi, molti in realtà complessi, geometrici, matematici e articolati, in parte sepolti, come in una Pompei dell’epoca, e tombe di giganti e raffinati santuari e pozzi sacri.

Firme indelebili di pietra nei millenni, ma ancora mute e incapaci di dire altro, a causa anche della nostra stessa ignavia, incapace di risolvere dubbi, pensieri e visioni.

Dubbi e visioni che Sergio Frau ci delinea da tempo, con il supporto favorevole di eminenti studiosi, geografi, archeologi e intellettuali di fama mondiale e però anche con il contemporaneo e pregiudiziale rigetto di altri, in particolare dei sovrintendenti istituzionali.

Non pretendo di assumere che la verità stia nelle pagine di Sergio Frau, e basta, ma mi chiedo perché i libri e saggi pubblici, cioè quelli curati e condivisi dagli archeologi ufficiali non diano mai una versione  uniforme  e non dicano  in maniera chiara e trasparente quale ’è stata la funzione dei Nuraghi e la storia, lo sviluppo e la scomparsa di quelle genti che li hanno realizzati sulla intera superficie dell’Isola. 

Quando vado per musei sardi e per visite ai Nuraghi mi sento dire le cose più diverse e disparate, con l’aggiunta di personali interpretazioni da parte delle guide di turno più o meno saccenti e istruite. Un tempio, una reggia, un’abitazione, un luogo sacro, un baluardo difensivo del territorio? E i pozzi sacri, così eleganti e ben lavorati come appaiono oggi?.Tante le versioni più o meno credibili e immaginarie. Una Babele!

 I misteri rimangono!  Su Nuraxi di Barumini è rimasto sconosciuto fino al 1949: una collina di terra e pietre! E il magnifico  nuraghe bianco  sotto Casa Zapata scoperto negli anni novanta,  cioè l’altro giorno? E il percorso dei nuraghi sepolti nella piana del Campidano, http://icamminidellidentita.sardinia-everywhere.it/#/Nuraghi? Visibili solo dall’alto.

E noi sardi continuiamo a ignorare la nostra storia, e quel poco che sappiamo non riusciamo a comunicarlo bene e in maniera accettabile a coloro che ci onorano della loro visita e a noi stessi. Visita o visite che se ben inserite nel comparto turistico ci darebbero un bel sollievo economico. Quello possiamo e dobbiamo “vendere”: la storia, la geografia, la cultura della nostra Isola. Non petrolio o minerali da estrarre, l’abbiamo già fatto: un flop gigantesco e inquinamento a “go go”.  C’è, invece, da mostrare quello che di bellissimo si vede e quello che va ripreso dal degrado e dall’abbandono, riorganizzato, valorizzato e fatto conoscere. Questa è la nostra miniera da scavare! Naturalmente bene inquadrando i tempi e la storia nuragica parte fondante ed essenziale dell’habitat sardo e quella più generale antica storia sarda,.

Occorre allora confrontarsi con Sergio Frau, indagare con attenzione sulle cose che lui sostiene e propone e che prova e documenta con “Le Colonne d’Ercole” e con “Omphalos”, e con l’attuale predisposizione e direzione del Museo di Sorgono, aperto ai visitatori tutti i fine settimana sabato e domenica del mese.

Solo così si potrà di restituire alla Sardegna dignità e consapevolezza storica e sociale. Senza una indagine seria, continua,  su quello che siamo stati, non c’è dignitoso presente, ma soprattutto non ci sarà futuro. Non è questione di stupido, inutile e improponibile orgoglio identitario.  La ferita millenaria va rimarginata prima che sia troppo tardi… o forse è già troppo tardi? Per me non è mai troppo tardi per i confronti, gli approfondimenti e gli studi seri e finalizzati alla ricerca necessaria della  verità, modificando o spazzando via quella  millantata o mai dimostrata.

Siamo in tempo: si ascolti e si legga Sergio Frau, ma pure altri,  anche per confutarne, se del caso,  le ricerche in chiave di confronto aperto e documentato.

Siamo in attesa di chiarimenti!

Gli egiziani hanno atteso l’alba del 1800 perché Jean-Francois Champollion  completasse i suoi studi anche sui reperti portati in Francia da Napoleone andato lì per sogni di impero, per leggere finalmente la loro storia antichissima e straordinaria nella scrittura dei loro segni geroglifici.

E noi sardi?

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