Nella Sardegna centro meridionale si trova l’altopiano del Sarcidano, il cui territorio è costellato di testimonianze archeologiche. Ad accrescere ulteriormente il valore di questa zona è la salubrità dell’aria, il clima fresco e temperato, il verde rigoglioso. Ed è proprio in questo contesto a dir poco privilegiato che si adagia il borgo di Laconi, immerso in un bosco, la cui fama è dovuta anche al santa sardo più amato che qui è nato, Sant’Ignazio, la cui venerazione attira ogni anno numerosi pellegrini ed al quale è dedicato un percorso devozionale che comprende la sua casa natale con il museo d’arte sacra e la parrocchiale dove ricevette i sacramenti dell’iniziazione cristiana, intitolata anche a Sant’Ambrogio. La Chiesa dei Santi Ambrogio ed Ignazio, in stile tardo gotico, ha avuto diversi rifacimenti. La facciata, ricostruita durante il Settecento, è preceduta da un’ampia scalinata in cima alla quale si apre un bellissimo portale con decorazioni in altorilievo, sovrastato da un semplice rosone circolare. Nella parte posteriore spicca una grande cupola ottagonale, sul lato sinistro si erge l’alto e massiccio campanile a canna quadrata mentre sulla parete destra è posta una grande immagine di S. Ignazio. L’interno è decorato con raffigurazioni a mosaico degli episodi di vita del santo e vi si trova anche il fonte battesimale in cui venne battezzato. Il piazzale prospiciente la chiesa ospita un altissimo basamento in trachite rossa dove è stata collocata una statua di Fra Ignazio. Interessanti sono anche le chiese di San Giovanni battista, con sculture lignee a sostegno del tetto, e di Sant’Antonio abate, in onore del quale, a gennaio, si accendono i fuochi nella sagra dove protagonisti sono anche i dolci tipici.
Laconi si fregia della Bandiera Arancione del Touring Club non a caso. Il suo nucleo medievale si sviluppa ai piedi del Castello di Aymerich tra strette viuzze e muri di pietra, mentre la parte più moderna, quella inferiore, si presenta con alcuni edifici di epoca neoclassica. Tra questi il Palazzo Aymerich e la Casa Municipale. Il primo, ultima dimora dei marchesi di Laconi, ospita oggi il Museo della Statuaria Preistorica e si presenta ai visitatori in perfetto stile neoclassico, sviluppato su tre livelli scanditi da numerose finestre ed eleganti balconcini. Il museo è un vero e proprio gioiello a cielo aperto, con le prime tracce umane che risalgono al 6000 a.C. Tra fine Neolitico e l’inizio dell’età dei metalli, siamo tra il 3700 e il 2400 a.C., si sviluppò un fenomeno scultoreo unico conosciuto come i menhir, che si possono appunto ammirare al museo archeologico all’interno di Palazzo Aymerich. Ospita 40 monoliti scolpiti, alcuni molto grandi. Otto monoliti sono stati ritrovati a Perda Iddocca, sei statue-menhir a Pranu Maore. Il percorso museale è completato da ceramiche, oggetti in ossidiana e metallo, rinvenuti in altri siti del Sarcidano, tra cui la tomba megalitica di Masone Perdu e il dolmen di Corte Noa. La civiltà nuragica è rappresentata dal nuraghe Genna ‘e Corte: torre centrale, cortile e bastione con cinque torri, di cui ne restano due.
Fino alla prima metà dell’Ottocento la vita politica ed economica di Laconi si svolgeva nel Castello e nel Parco circostante. Oggi il Castello di Aymerich continua ad essere apprezzato ma rimangono solo dei resti come la porta fortificata e le eleganti cornici del palazzo vero e proprio. Tra gli altri edifici in rovina che si riescono ad individuare la pianta rettangolare appartenente con probabilità ad una torre, circondata da un porticato con una lunga galleria di finestre in stile gotico-catalano e un ingresso ad arco che immetteva su una corte molto spaziosa. Il maestoso parco omonimo si estende su circa 22 ettari ed ospita sia piante esotiche che leccete: vi si possono ammirare un cedro del Libano, un faggio pendulo, il pino di Corsica e la magnolia grandiflora. Il verde è intervallato da cavità, ruscelli, cascatine e laghetti raggiungibili grazie a diversi sentieri. In frazione di Santa Sofia sbucano i ruderi di una chiesa bizantina. Ma il Parco di Aymerich non è l’unico svago per gli appassionati di botanica e natura visto che il territorio, coperto di boschi, è l’habitat ideale per mammiferi e volatili rari e l’area è anche ricca di orchidee.
Quando si pensa ad una sosta gastronomica a Laconi il primo pensiero è rivolto subito alla fine del pasto, poiché qui nasce un tipico dolce popolare in tutto il Sarcidàno e in Marmilla: si tratta di su pappài biàncu, dessert delicato e raffinato preparato con pochi ingredienti essenziali che, nel resto della Sardegna, si presenta con diverse varianti. Si presenta candido e soffice come una crema di latte con zucchero, scorza di limone, acqua di fiori d’arancio e biscotti. Tra gli ingredienti principali per la sua preparazione non può mancare la sapa (o saba), uno sciroppo denso, scuro, dolcissimo e molto aromatico, ottenuto facendo bollire a lungo mosto d’uva con scorza d’arancia, cannella, finocchietto selvatico e chiodi di garofano. La saba stessa è l’ingrediente fondamentale del pan’e saba un altro dolce tipico sardo preparato per le feste di Santi e dei Morti ma che trova la sua massima glorificazione in gennaio per la festa di Sant’Antonio Abate: non sono altro che panini di pasta lievitata e impastata con sapa, uva passa, noci, mandorle, pinoli, scorza d’arancia, cannella, ricoperti di una glassa formata da sapa stessa e da traggera, ovvero i confettini multicolori tipici della Sardegna. Ma fiori all’occhiello della gastronomia dell’interno sardo sono anche salumi, pecorino e provole, fregula incasada, culingiones di formaggi e spinaci da accompagnare agli ottimi liquori come il celebre mirto, il finocchietto, l’elicriso o il gineprino. Non da molto si è imposto anche il tartufo come tipicità locale, dovuto alla passione di alcuni esperti toscani che hanno esportato in Sardegna le loro conoscenze. I boschi di Laconi sono i luoghi eletti alla ricerca dei tartufi che vengono distinti in tre varietà: lo Scorzone, tartufo nero che si trova fra maggio e agosto sotto querce, faggi, pioppi, noccioli e pini; il Bianchetto, fra gennaio e aprile, esteriormente simile al pregiato tartufo bianco; e infine il raro tartufo nero invernale, che si raccoglie da gennaio a marzo. A celebrare ulteriormente questo prodotto tipico, ogni giugno, arrivano da tutte le parti di Italia per la Sagra del Tartufo di Sardegna.