I MISTERI DEI CONCORSI LETTERARI (QUANDO IL TEMPO PER LEGGERE LE OPERE CHE PARTECIPANO E’ ASSOLUTAMENTE LIMITATO)

di SALVATORE PATATU

In questi giorni avrà luogo a Villacidro la premiazione dei vincitori del Concorso letterario intitolato alla memoria del nostro grande scrittore Giuseppe Dessì. Mi permetto di fare alcune considerazioni sulle modalità di svolgimento di detto concorso.
La scadenza per l’invio delle opere era stabilita per il 15 giugno c.a. Ma faceva fede la data del timbro postale. Per cui, tenendo conto dei tempi di percorrenza “offerti” dalle poste italiane, si presume che alcune opere non siano arrivate alla sede del concorso prima del 20 giugno, o, perlomeno, gli organizzatori avranno aspettato tale data per poter ricevere eventuali lavori di concorrenti che hanno spedito l’opera l’ultimo giorno. Poi, la segreteria del premio avrà provveduto a confezionare i pacchi per spedirli ai singoli componenti la giuria. Si tratta di pacchi di circa un quintale di peso ognuno, dato che le opere pervenute sono 351. Quindi, sempre considerando i tempi di percorrenza, penso non siano arrivate ai destinatari prima del 25 giugno, giorno più giorno meno. E in questa data ha avuto inizio, con l’apertura del ragguardevole fardello, il lavoro dei critici preposti a giudicare le opere ivi contenute.
Già nei primissimi giorni di settembre, la giuria aveva già finito il suo compito, stabilendo i nomi degli scrittori che sono entrati in finale e i nomi di quelli che hanno vinto i premi accessori. Ed ecco una meditata riflessione. I membri, per esaminare le opere hanno avuto a disposizione 5 giorni di giugno, 31 giorni di luglio e altrettanti di agosto, feste, domeniche e ferie comprese. Sessantasette giorni per leggere e giudicare i 351 libri pervenuti.
Facendo un rapido calcolo, dividendo il numero delle opere arrivate per i giorni a disposizione, che arrotondiamo a 70 per facilitare l’operazione, si scopre che ogni membro della giuria ha dovuto leggere cinque libri al giorno, col resto di uno.
Vi sembra possibile? Io, quando presento l’opera di uno scrittore qualsiasi, per fare in modo serio e responsabile il mio lavoro, leggo il libro tre volte. Con la prima lettura prendo contatto con l’autore e tento di capire il messaggio che vuole trasmettere. La seconda lettura mi serve per prendere gli appunti necessari a costruirmi una scaletta e scoprire in che modo lo scrittore ha inteso trasmettere il suo messaggio. La terza mi serve per amalgamare il discorso che dovrò fare ed è una lettura veloce, per la quale, comunque, occorrono almeno due giorni. Tempo necessario per completare l’operazione? Un mese circa. Però, alla fine, su quell’opera posso dare un giudizio completo e, soprattutto, sereno e veritiero. Procedendo con questo sistema e con questi tempi, cioè leggendo un libro al mese, alla giuria sarebbero occorsi 351 mesi. La bellezza di circa 29 anni. Probabilmente, però, io sono molto lento nel leggere e forse lo sono ancora di più nel giudicare, senza contare che sono un critico di campagna, periferico e inesperto. Ma penso che anche Speedy Gonzales farebbe una grande fatica a leggere non cinque libri, ma uno al giorno. E, qualora ciò fosse possibile, anche in quel caso, occorrerebbero 351 giorni, cioè, quasi un anno. Tempo più che sufficiente per uscire fuori di testa dalla confusione che vi si verrebbe a creare.
Meritano un plauso i membri della giuria, che riescono a leggere, esaminare e giudicare 351 libri in una settantina di giorni? O meritano una censura?
Siccome so per certo che i critici letterari facenti parte della commissione giudicatrice sono persone serie, preparate e responsabili, mi piacerebbe sapere su quali basi decidono. Ci deve pur essere una modalità che a me sfugge e che sicuramente non conosco. Mi serve anche dal punto di vista professionale.
In un tempo così limitato, un buon lettore, che vuole capire, fa persino fatica a leggere le 351 prefazioni delle opere. Operazione decisamente insufficiente per poter giudicare un libro, sia di poesie che di prosa.

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Un commento

  1. qualcosa non torna neppure a me.

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