di Paolo Pulina
Il viaggio organizzato nei giorni 24-28 aprile 2013 dall’Associazione culturale “Pellizza da Volpedo” (ha sede a Volpedo, AL, ed è presieduta dall’instancabile prof. Ettore Cau, nativo di Borore, NU) per visitare Praga e Vienna ha consentito agli oltre trenta partecipanti di conoscere a fondo il centro storico (anche nel senso di onusto di storia), i monumenti più importanti e le opere d’arte più preziose delle due grandiose città della Mitteleuropa.
Le notizie essenziali relative alla storia, alla geografia e alla cultura della Cecoslovacchia e dell’Austria sono state date egregiamente da Giovanni Ruggeri (nella veste di accompagnatore della società “Caldana Travel Service”), che è un noto giornalista e saggista (uno dei suoi libri contiene interviste al filosofo Massimo Cacciari e ai teologi Raimondo Panikkar e Elmar Salmann), con specializzazione sui Paesi dell’Est Europa (in particolare si occupa da anni della Romania, promuovendone il patrimonio turistico e culturale, con speciale dedizione al Museo delle icone su vetro di Sibiel – Sibiu –, cui ha dedicato un libro in cinque lingue e il sito www.sibiel.net).
Professionali sono state anche le guide turistiche nelle due capitali ma per l’inquadramento storico-critico dei palazzi visitati e dei tesori artistici ammirati i partecipanti hanno potuto fruire di affascinanti lezioni impartite in pullman dalla prof.ssa Aurora Scotti, docente ordinario di Storia dell’Architettura presso il Dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano (oltreché autrice di studi fondamentali sul genio pittorico di Giuseppe Pellizza da Volpedo).
Da inveterato cultore delle ricerche riguardanti l’educazione culturale, ho profittato dell’occasione del viaggio per rinfrescare la memoria su alcune personalità che sono state protagoniste in materia di rapporti culturali e politico-culturali fra l’Italia (e in particolare Pavia) e Praga e Vienna.
Praga evoca i nomi di Petrarca, Casanova e san Carlo Borromeo
Poiché la Cecoslovacchia si è formata come Repubblica indipendente alla fine della prima guerra mondiale (1918) con l’unione di Boemia, Moravia e Slovacchia (già appartenenti al disciolto impero austro-ungarico), per le relazioni interculturali tra l’Italia (e, all’interno di essa, Pavia) e Praga, dobbiamo riferirci alla regione di cui Praga è stata la città più importante, in quanto residenza dei duchi, poi re (dal secolo XI), cioè la Boemia.
La rassegna di tali interscambi culturali deve partire da un saggio sugli “italiani a Praga e in Boemia nel Medioevo” scritto dal dott. Giovanni Novak, archivista del Regno di Boemia, per la “Rivista d’Italia” del 15 ottobre 1911.
I primi italiani che arrivarono in Boemia, dopo che vi era stato introdotto il Cristianesimo, furono i monaci dell’ordine di san Benedetto (missionari con “la croce e l’aratro”). I primi rappresentanti del sistema fiscale in Boemia (a partire dal 1229, a favore della Curia di Roma e poi di Avignone) furono gli italiani, lì inviati come legati o collettori apostolici.
Il diritto delle miniere di Venceslao II fu elaborato nel 1294 da un celebre giurisperito italiano, Gozzo da Orvieto.
Furono gli italiani, e in particolare un precursore dell’Umanesimo come Enrico d’Isernia, a trapiantare in Boemia la retorica, intesa come arte pratica di comporre le belle lettere e di affinare l’eloquenza. Ai tempi di Carlo IV, imperatore del Sacro Romano Impero, di questo apprezzamento nei confronti del primato italiano in campo letterario furono testimoni e beneficiarono a Praga, durante il loro soggiorno in città, il grande tribuno romano Cola di Rienzo e Francesco Petrarca.
Proprio Francesco Petrarca (1304-1374) è una delle due figure di grandi italiani che possono unire simbolicamente Praga e Pavia perché hanno soggiornato in entrambe le città; l’altra figura è quella di Giacomo Casanova (1725-1798).
Per quanto riguarda il Petrarca, poiché all’inizio del 1356 il Marchese di Monferrato, che aveva appena ricevuto da Carlo IV il vicariato di Pavia, mirava a conquistare le città piemontesi in mano ai Visconti, Galeazzo e Bernabò Visconti, per scongiurare il pericolo e per cercare di ottenere il possesso di Pavia, stabilirono di inviare una delegazione all’imperatore e chiesero a Petrarca di adoperarsi con essa per la pace lombarda. Il poeta accettò e il 20 maggio partì da Milano in compagnia di Sagremor de Pommiers. Dopo una sosta a Basilea, ripartì in direzione di Praga, dove arrivò dopo un viaggio durato una ventina di giorni.
Petrarca, conosciuto e apprezzato per l’eccellente stile della sua scrittura in latino, ricevette un’ottima accoglienza, ma non ottenne i risultati diplomatici che i suoi protettori italiani speravano.
È noto che Francesco Petrarca effettuò nella città di Pavia diversi soggiorni, tra il 1363 e il 1369; e che in una famosa lettera in latino a Giovanni Boccaccio, scritta nel dicembre 1365, esaltò la città.
L’altro grande italiano la cui figura può servire per un “gemellaggio” simbolico tra Pavia e Praga è Giacomo Casanova. Casanova scrisse in francese le sue ponderose Memorie, mentre in Boemia faceva il bibliotecario per il conte di Waldstein (morì come si sa a Dux, in Boemia, nel 1798). Nel volume secondo (1756-1763) di queste memorie, Casanova fa un cenno a un breve soggiorno a Pavia.
In tema di rapporti interculturali (ed è bene valorizzarli in riferimento alla patria di un famoso pedagogo come Comenio), una visita all’Istituto Italiano di Cultura di Praga, che è ospitato nella storica sede dell’ex ospedale per i poveri fondato dalla Congregazione Italiana, consente di vedere che nella facciata sono in rilievo lo stemma e il motto (Humilitas) del Collegio Borromeo di Pavia: nel 1617, quando il fabbricato dell’ospedale fu ultimato, fu consacrata dall’arcivescovo di Praga Giovanni Lohelio una cappella ad una navata in onore della Vergine Maria Assunta e di san Carlo Borromeo (nel 1839, ci fu la riconsacrazione della cappella e l’altare fu dedicato a san Carlo Borromeo, il cui quadro fu dipinto nello stesso anno da Venceslao Markovsky).
Una visita al sito internet dello stesso Istituto consente di apprendere che tra i vescovi ausiliari di Praga ci fu anche Giuseppe Michele de Corti di Pavia, di cui esiste traccia.
Familiari anche a Pavia i nomi di Maria Teresa d’Asburgo e del figlio Giuseppe II e anche del loro poeta di corte Pietro Metastasio
A molti pavesi sono familiari i grandi ritratti ad olio di Maria Teresa d’Austria (Vienna, 1717-1780; arciduchessa regnante d’Austria, re apostolico d’Ungheria, regina regnante di Boemia, Croazia e Slavonia, duchessa regnante di Parma e Piacenza e inoltre granduchessa consorte di Toscana e imperatrice consorte del Sacro Romano Impero in quanto moglie di Francesco I) e del figlio Giuseppe II (Vienna, 1741-1790, che fu imperatore del Sacro Romano Impero e Duca di Milano e Mantova, associato al trono con la madre Maria Teresa dal 1765 e da solo dal 1780, alla morte di lei) che campeggiano sulla parete di fondo dell’Aula Foscoliana dell’Università. Essi furono dipinti a Vienna nel 1779 da Hubert Maurer e trasportati a Pavia per glorificare i due sovrani asburgici rappresentanti del cosiddetto “dispotismo illuminato” nell’Aula progettata da Giuseppe Piermarini nel 1775 come sede per le cerimonie di laurea secondo le linee di riforma dell’Università impostate proprio da Maria Teresa.
L’aggettivo “teresiano” rimanda anche al Salone di lettura della Biblioteca Universitaria (la cui fondazione è anch’essa merito della sovrana di casa d’Austria) e inoltre al Catasto teresiano, monumentale opera di censimento di tutte le proprietà fondiarie del Ducato di Milano – e Contee di Como, Cremona (salvo il Cremasco), Lodi, Principato di Pavia – svoltasi in un arco temporale di quasi cinquant’anni, in quanto avviato da Carlo VI nel 1718 ma entrato in vigore nel 1760, sotto il governo dell’ imperatrice Maria Teresa.
Nel vedere i ritratti dei due imperatori nelle sale del castello di Schönbrunn (fastosa residenza estiva degli Asburgo), possiamo dire che il visitatore pavese non rischia la “sindrome di Stendhal”!
Per quanto riguarda gli artisti italiani a Vienna nel corso dei secoli le guide ci dicono che essi si sono mossi fra poesia e musica, fra arte e costume: il sacerdote poeta, librettista e drammaturgo Pietro Metastasio (Roma, 1698 – Vienna, 1782); il compositore e didatta di musica Antonio Salieri (Legnago, 1750 – Vienna, 1825); il librettista, poeta, scrittore e drammaturgo Lorenzo Da Ponte (Ceneda, 1749 – New York, 1838); lo scultore e pittore Antonio Canova (Possagno, 1757 – Venezia, 1822).
Soffermiamoci su Pietro Metastasio, che è sepolto nella cripta della Michaelkirche, chiesa di San Michele. Non c’è stata la possibilità di visitare la tomba del “poeta cesareo” (nel Settecento così era chiamato il poeta ufficiale di corte presso il trono imperiale che da secoli vedeva coronati gli Asburgo d’Austria) né di vedere una sua lapide sepolcrale e un suo grande busto nella chiesa dei Minoriti. Ricordiamo comunque che Metastasio qualche legame con Pavia lo ha.
Essendo stati informati da Vienna che tutte le altre Accademie europee avevano già ammesso (per acclamazione e non per accettazione) Pietro Metastasio tra i propri affiliati, i pavesi dell’Accademia degli Affidati aderirono prontamente, con una patente speciale datata 19 maggio 1773. La notizia fu comunicata a Metastasio il 15 giugno 1773 ma il poeta cesareo, che pure aveva gradito, rispose solo il 9 marzo 1775, ben 22 mesi dopo la sua acclamazione. Nella stessa lettera, Metastasio declinava altresì l’invito a contribuire con proprie composizioni all’attività dell’Accademia pavese.
Tra i documenti dell’Accademia degli Affidati non mancano copie manoscritte di opere metastasiane, come il componimento drammatico Il sogno, o l’ode La deliziosa imperial Residenza di Sconbrun [sic].
Tutti questi documenti sono depositati presso la Biblioteca Universitaria di Pavia:
http://siba.unipv.it/buniversitaria/biblioteca/mostre_virtuali/accademia_fortini/personaggi.html
E così, nel nome di Maria Teresa, tutto si tiene.