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Tottus in Pari 210: La Brianza rende omaggio alla poesia di Remundu Piras
Tre decenni sono volati via al ritmo inesorabile del tempo dalle ali fredde, ma il ricordo dei poeti amati dal popolo non mostra segni visibili di invecchiamento: il trentennale della morte del mitico improvvisatore di Villanova Monteleone diventa uno spunto ideale per collegare le manifestazioni commemorative a una serie di incontri adatti a rinsaldare il vincolo tra la Sardegna e questa parte della Lombardia che si squaderna tra la Brianza e la Bassa Pavese. Dal patrimonio culturale al turismo seriamente rispettoso dei beni ambientali e insieme alla promozione dei prodotti alimentari della nostra isola: su questa direttrice di ordine generale i circoli sardi della zona hanno articolato un programma polivalente. A lanciare l’idea è stato – né poteva essere altrimenti – il circolo di Carnate, che di Remundu Piras porta da sempre il nome. "Ma abbiamo dovuto chiedere ospitalità al comune di Melzo perché la nostra sede è in restauro", dice Gianni Casu, presidente di Carnate e villanovese doc. "Non volevamo far passare sotto silenzio la ricorrenza perché le abbiamo onorate tutte, a partire dal primo decennale, quello del 1988 a cui partecipò come ospite graditissimo il Presidente della Regione Sardegna Mario Melis". Stavolta sarebbero venuti anche il suo successore Renato Soru e l’assessore Gian Valerio Sanna, se problemi politici non li avessero trattenuti in Sardegna. Gianni Casu ha chiesto aiuto a un personaggio di grandi risorse: Dionigio Falferi di Orune, che vive a Melzo da quasi mezzo secolo ("Sono nato nel 1943 e mi trovo qui da quando avevo 17 anni"). Falferi, socio del circolo di Carnate, si è caricato sulle sue spalle ancora robuste a dispetto dell’età il peso di una parte considerevole dell’organizzazione, non soltanto come regista. Il prologo è andato in scena in modo impeccabile, proprio grazie alla passione di Dionigio, con l’apertura della mostra di maschere e costumi, la degustazione di vini e prodotti alimentari e uno spettacolo di balli e canti che visto protagonista il gruppo folk di Bono dedicato a Giovanni Maria Angioy e il coro a tenore omonimo nato nel piccolo centro del Goceano. Nella giornata centrale, quasi tutte le manifestazioni hanno avuto come teatro la Sala Banfi dell’oratorio Sant’Alessandro, una struttura incastonata in un parco verdissimo alla periferia della cittadina lombarda. In mattinata una tavola rotonda sull’attualità del messaggio poetico di Remundu Piras ha visto tra i relatori il sindaco di Villanova Monteleone Sebastiano Monti e gli studiosi Paolo Pulina, responsabile del settore informazione della FASI, e Giuseppe Corongiu, ricercatore attento delle minoranze linguistiche europee e neo direttore del servizio sulla lingua sarda dell’assessorato regionale alla Cultura (nomina voluta da Renato Soru che avrà una durata triennale). Un graditissimo sulcis in fundo della mattinata è stata l’esibizione di tre musicisti adolescenti: Carlotta Gessa, Lorenzo Rizzo e Matteo Spinelli che hanno proposto alcuni brani classici e due pezzi creati da loro stessi. Molti i messaggi augurali giunti dalla Sardegna, particolarmente gradito quello via sms della Prima Bandiera dell’Ardia Antonio Mula in memoria di Remundu Piras. Nel pomeriggio si è svolto il convegno dal titolo "Sistema turistico di Villanova Monteleone: se non ora quando?". Si tratta della presentazione del progetto pilota per il riuso del centro storico del paese natale di Remundu Piras, che la Giunta regionale ha fatto suo e finanziato insieme con quello del comune di Tresnuraghes, ritenendoli modelli alti. Coordinati da Gianni Casu ne hanno discusso il presidente onorario della FASI Filippo Soggiu e i sindaci di Villanova Monteleone Sebastiano Monti e di Melzo Paolo Sabbioni. Molto apprezzata in particolare da quest’ultimo – che insegna diritto all’Università di Piacenza – la scelta coraggiosa di preservare integralmente dal cemento i 14 chilometri di costa incontaminata che Villanova possiede fra i territori di Alghero e Bosa. In notturna sono andati in scena i poeti estemporanei. Sul palco della gara, sempre nella Sala Banfi dell’oratorio Sant’Alessandro di Melzo, accompagnati dal coro a tenore di Bono, si sono fronteggiati brillantemente Mario Masala di Silanus, classe 1935, allievo prediletto di Remundu Piras e Salvatore Scanu di Ozieri, classe 1964, che non ha conosciuto direttamente il famoso cantore. Scanu è il rappresentante dei giovani improvvisatori che per motivi anagrafici non hanno avuto la fortuna di misurarsi con i grandi delle generazioni precedenti, quelli nati tra la fine dell’800 e gli inizi del secolo scorso. La disputa, dopo una parte iniziale senza tema com’è nelle regole del gioco della poesia orale, ha riguardato una disputa tra il serio e il faceto sui temi dell’elemosina da un lato (Scanu) e del furto dall’altro (Masala). Alla gara scintillante hanno assistito come ospiti d’onore il figlio minore di Remundu Piras, Francesco, e un artista sardo molto noto e quotato che vive da più di 30 anni in Lombardia, a Santo Stefano Lodigiano: Giuseppe Meloni, meglio conosciuto con lo pseudonimo di Meloniski da Villacidro la cui pittura in cantata somiglia a una fiaba senza tempo. La maxi adunata di Melzo è risultata un altro punto fermo non solo come verifica periodica della coesione dei circoli sardi in Lombardia ma anche come momento organizzativo in vista della stagione turistica imminente. Gianni Casu fornisce un dato eloquente: "L’anno scorso da questo angolo di Lombardia siamo riusciti a indirizzare verso Alghero-Villanova un movimento turistico per circa 200mila euro", rivela. "Quando parliamo di emigrati sardi come ambasciatori della terra d’origine nella loro seconda patria non ricorriamo affatto a un’espressione retorica". La giornata conclusiva della "Melzo incontra la Sardegna" è stata interamente dedicata alla presentazione dei prodotti artigianali e agro-alimentari sardi e dei canti e balli popolari. Ha fatto da prologo all’altezza dell’iniziativa, in mattinata nel Palazzo Trivulzio, il gemellaggio fra la comunità dei sardi e l’Associazione italiana donatori di organi. Dopo la messa nella chiesa dedicata ai santi Alessandro e Margherita, con canti liturgici in lingua sarda eseguiti dal coro a tenore di Bono e conclusa con un ballo di ringraziamento sul sagrato, ha preso il via la degustazione dei prodotti sardi. Gli assaggi di carne di maialetto arrosto, preparata in piazza da arrostitori specialisti come continuano ad essere i nostri emigranti ex pastori, sono stati distribuiti a prezzo turistico-politico in diversi ristoranti convenzionati. Nel pomeriggio e in serata il gruppo folk di Bono ha sfilato a lungo nel centro storico, eseguendo balli e canti a tenore. Paolo Pillonca
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tottus in pari 209: il mondo deve sapere
Ho 36 anni e non mi piace essere chiamata giovane. Sono stata fortunata nella vita, perchè ho potuto studiare quello che volevo e fare quello per cui avevo studiato. Tecnica aziendale, Scienze Religiose e una lunga avventura nell’Azione Cattolica mi hanno dato strumenti per fare tante cose: ho insegnato, organizzato, vegliato e misurato. Ho venduto. Ho accolto, rifiutato e telefonato. Soprattutto, ogni volta che ho voluto, ho potuto anche scegliere di andarmene e fare altro. Attraverso ogni esperienza ho appreso e ho raccontato. Le ultime due cose continuo a farle e mi piace molto, ma non credo siano un lavoro, anche se mi mantiene: testimoniare non è una professione, è un modo di guardare il mondo, per me il solo possibile, anche quando le bollette le pagavo in altri modi. Sono vegetariana, non mi sono mai rotta un osso, vorrei imparare a ballare il tango e un giorno vorrei poter raccontare a mio figlio chi era Danilo Dolci. C’è tempo. Vivo in Sardegna, ma vado continuamente in quel che faccio, come dice Filippo. E c’è di buono che anche lontano dalla Sardegna riesco a sentirmi a casa, perchè ha ragione Fiorella: questa terra è la mia terra sempre, la gente è la mia gente, ovunque. Nel 2006 ho pubblicato per la ISBN edizioni Il Mondo deve sapere, il diario tragicomico di un mese di lavoro alla Kirby. Nel 2007 ho collaborato alla stesura del soggetto e della sceneggiatura cinematografica del film Tutta la vita davanti, ispirato al libro. Nell’arco degli ultimi due anni ho scritto per Marie Claire, Diario, L’Espresso, il Manifesto, Formiche, PeaceReporter, Argo. Ho una rubrica fissa sulle riviste Epolis e L’Arborense, e collaboro con JobTalk, il blog sul lavoro del Sole24Ore. Ho partecipato all’antologia sull’identintà sarda Cartas de Logu, curata da Giulio Angioni e edita dalla CUEC. A maggio è uscita per i Tascabili Einaudi Viaggio in Sardegna – undici percorsi nell’isola che non si vede, una guida narrativa per perdersi in Sardegna inserito nella collana Geografie. Sono al lavoro su un nuovo romanzo per ISBN che uscirà alla fine dell’anno in corso. Tornando al libro "Il mondo deve sapere" – edizioni ISBN Milano, non è un libro di denuncia. Non è un libro di sinistra. Non è un libro di protesta sul precariato. Non è una sit com sui call center. Non è un libro per dare addosso alla Kirby. Non era neanche un libro, in origine. Era il mio blog tematico sul lavoro che facevo. Certo, se un blog può diventare un libro, può darsi anche che il libro – che non era nessuna di quelle cose elencate – possa poi diventarle tutte. Affidare un testo al lettore è dargli insindacabile diritto di interpretarlo come gli pare e piace. Per me Il Mondo deve sapere è sempre stato una lettera a Silvia, scritta come gliela avrei raccontata se l’avessi avuta davanti, su quali siano i frutti di un certo modo di pensare la persona, al lavoro o altrove. Alimentare l’equivoco che si tratti di un libro "di sinistra" serve solo ad illudere il 50% degli italiani sul fatto che i libri che parlano di lavoro precario riguardino l’altro 50% della gente. C’è la denuncia? No, le denunce si fanno ai magistrati con nomi e cognomi, non alle amiche o agli editori. C’è invece il racconto di un mondo che si critica da solo semplicemente esistendo. Se raccontarlo ne mette in luce le assurdità, allora il mio libro è una critica. Se poi c’è la risata, è perchè io amo ridere mentre penso. Pensare a muso duro genera brutte idee, brutte azioni e probabilmente anche brutti libri. Scegliere di pubblicarlo è stata una delle cose più difficili che ho mai dovuto decidere, perchè scrivere di lavoro dove lavoro non ce n’è non è come scrivere di qualunque altra cosa. E’ una scelta che si paga, tanto più cara quanto più sei vicino alla realtà che racconti. Raccontare quello che ho vissuto in modo sferzante, brutale perchè reale, ha messo in gioco una serie di dinamiche che non ha portato all’aumento del numero dei miei amici. Meno male che quelli che avevo mi sono rimasti. I miei editori hanno certamente compreso questa tensione quando mi hanno offerto la scelta di pubblicare anonima, ma io non ho accettato, perchè non voglio vergognarmi di raccontare quello che tanti altri non si vergognano di fare. La vera vergogna è che non ci sia abbastanza gente a raccontarla, questa storia silenziosa. Il popolo che parla al telefono per mestiere, fuori dai call center non ha voce alcuna. Dal libro è stato tratto uno spettacolo teatrale e un film, Tutta la vita davanti, diretto da Paolo Virzì. Michela Murgia