GLI INDEGNI (EINAUDI 2025) L’ULTIMA FATICA LETTERARIA DI FRANCESCO ABATE

Pier Bruno Cosso e Francesco Abate

«È un libro bello. Non lo dico mai dei miei libri, ma questo è davvero un bel libro». Parole forti, molto forti, se dette da uno scrittore per presentare il suo ultimo libro.

È difficile da dire, ma se lo dici, vuole dire che sei sicuro del lavoro di anni che ci hai messo dentro. È difficile da dire, ma se lo dici, vuol dire che lo hai valutato con coraggio e obbiettività, e che stai firmando una garanzia per il lettore.

Se poi chi lo dice è Francesco Abate, che è lo scrittore più schietto che conosco, ma anche il più ironico, dissacrante e intellettualmente onesto, c’è da fidarsi.

Siamo nella Biblioteca Universitaria di Sassari il 31 ottobre, la sera di Halloween. Fuori impazza un traffico caotico fino alla paralisi, e brigate di ragazzini urlanti mascherati da ragazzini in festa per celebrare un dislivello tra vita e mostri da paura. Perché gli anni sono bui, e esorcizzare il buio, forse, per una sera si può.

Dentro aleggia la seriosa compostezza della solenne biblioteca, con le parole di Francesco Abate che esorcizzano il male di vivere. Chiasso all’aperto e silenzio nell’interno ovattato. Un silenzio profondo per abbracciare le parole dell’autore; silenzio che diventa commosso quando si parla di malattie gravi, che lui riesce ad abbattere con l’ironia.

Ecco, fuori e dentro la biblioteca si affronta quello che va, quello che fa male, con lo scherzo, magari anche sferzante.

Ma si sa, alle presentazioni del nostro scrittore cagliaritano si sta come su un aliante impazzito che scende in picchiata e d’improvviso trova la corrente ascensionale e va su, su, su che vedi tutto più piccolo. È in quel momento che lui ci trascina tutti in risata che ci libera dalle nostre paure. Ma si sa, le sue presentazioni sono trascendenti, totalizzanti, e in quel momento non esiste altro.

Andateci alle sue presentazioni, ma attenzione, possono dare dipendenza e farvi innamorare della sua scrittura. Perché se lo leggete una volta, Francesco Abate, diventa uno dei vostri autori preferiti. E lui, se lo conosco bene, se avrà la disavventura di inoltrarsi in queste righe, a quest’ora starà già dicendo: “Ma questo scimpro non ne parla del libro?

Del libro ne parleremo, e molto volentieri. Del libro ne parleranno in tanti perché di sicuro andrà molto lontano e saprà restare molto vicino al cuore del lettore.

Colpisce già dal titolo Gli indegni, con quelle due “i” che cozzano un po’ e lo devi rileggere due volte… “Gli indegni” … che vorrà dire?

Siamo ragazzi degli anni Ottanta, che succhiano il succo più pieno, agrodolce, spregiudicato e ribelle di quegli anni. Siamo quei giovani che avevano la smania di combattere tutto, ma erano sempre combattuti dalla vita, troppo borghese e ordinata. Sempre troppo qualche cosa: nelle azioni, nella cultura e nella musica. E allora Gli indegni erano gli ultimi, ma non gli ultimi perché condannati dalla vita, ma ultimi perché per capire la vita bisognava iniziare dal fondo, e rischiare anche il tutto per tutto.

Gli indegni erano i guastatori della noia piatta, gli ultimi per scelta temeraria, ma i primi, i migliori, tanto coraggiosi da esplorare nuove strade a qualunque costo. Perché gli anni Ottanta puoi averli attraversati o subiti, o non conosciuti affatto, ma cambia poco: quello che è successo allora è e rimane nel nostro DNA.

Avanti, ricordandolo; avanti comunque nelle viscere di quel periodo sanguigno, vero e spesso anche duro, ma sempre aperto… E avanti nelle pagine di questo libro, necessariamente (questo inutile avverbio farà tanto arrabbiare l’autore!); ma avanti, io sono solo all’inizio ma ne sono già contaminato.

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3 commenti

  1. Sempre in grande attività.

  2. Quanto son vere le tue parole , Pier Bruno Cosso , crea dipendenza , serio , con
    un’ ironia unica .

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