LA PRESENTAZIONE A NUORO DEL VOLUME DI POESIE “SAS CANTONES DE PUBLIO DUI”: CON DINO MANCA E LA PAROLA COME PIETRA VIVA

da sx Sebastiano Mannia, Dino Manca e Simone Pisano

La poesia si confonde col suo vissuto. Canto e vita coincidono. Il ritorno all’infanzia, i sentimenti del tempo perduto, l’idillio fra uomo e natura fanno da colonna sonora ai suoi versi. Poeta “immaginifico” in lingua sarda rappresentativo del secondo novecento, in lui, allegoria e personificazione, catturano l’attenzione dell’ascoltatore. La sua formazione poetica gli deriva da “le milieu”, dai luoghi dell’oralità e dalla strumentazione musicale che sapeva dominare quanto la pietra”, scrive il filologo Dino Manca curatore critico di “Sas Cantones de Publio Dui” -.  

L’ISRE – il Presidente Stefano Lavra, con grande sensibilità, ha sempre promosso lo studio e la ricerca su tutti i fronti, editoria compresa -, in collaborazione con l’Università di Sassari, venerdì 12 settembre, presso il Museo della Ceramica di Nuoro, ha presentato il libro “Sas Cantones”, curato dal professor Dino Manca che ha dialogato con Sebastiano Mannia, antropologo dell’Università di Palermo e Simone Pisano, glottologo dell’Università per Stranieri di Siena.

Per Mannia le poesie di Publio Dui si muovono all’interno di due presupposti fondamentali dell’antropologia culturale: il ricordo e la memoria. “Tutta la sua poesia – ha affermato – è intessuta di modelli antropologici – l’odio non traspare anche se la tragica morte del fratello l’ha inesorabilmente segnato, la “balentia” ha un senso positivo, il lavoro, la fatica, il bene, il male, il destino, il ritorno e le varie identità di provenienza (Lula) e di formazione (Nuoro) -, ma anche di identità linguistica. Nei versi c’è un ritorno continuo alla pietra, di cui l’autore fa emergere tutta la dimensione archetipale, che è viva e parla. Sono “ierofanie”, le pietre incorporano, esprimono qualcosa di sacro, di divino e sono adorate o sentite come mediatrici nella speranza del sacro”.

A noi – ha detto Pisano nel suo intervento -, non è stato concesso di studiare per capire la via verso la conoscenza del mondo, è importante dire che da Lula, con gli strumenti linguistici e culturali di cui poeti come Publio Dui erano portatori, si è arrivati a riflessioni profonde. Le questioni su cui lui si interroga, anche senza aver fatto speculazioni in aule universitarie, riguardano tutti noi. Il fatto che questo bagaglio sia nostro lo rende una specificità e se non abbiamo modo di comprenderla non arriveremo mai a capire chi siamo e da dove veniamo. Questo, da linguista, credo sia stato il problema che Publio aveva davanti alla lingua”.

Per Pisano, Dui ci dà degli strumenti per capire la nostra via proprio per la sua capacità di scegliere le parole con una dovizia ed un’eleganza fuori dal comune, con un lavoro di riflessione sul patrimonio lessicale che è elegante e raffinato.Questo è il pregio dell’autore che non predilige una modalità linguistica rispetto ad un’altra ma intende farle dialogare.

Publio Dui

La mediazione tra il soggetto e il mondo – ha chiosato Manca -, passa attraverso i linguaggi, la lingua è il modo con cui comunichiamo e questo vuol dire che la transizione modellizzante dal piano della natura al piano della cultura passa attraverso poeti, scrittori e artisti che giocano un ruolo centrale e fondamentale. Attraverso la trasfigurazione artistica e metaforica dell’isola si realizza la sublimazione di una sorta d’inconscio collettivo, archivio di simboli e miti sedimentati nella profondità della psiche di un popolo intero”.

Se le metafore criptano e codificano i sentimenti, le anafore rafforzano i messaggi. Per il poeta la speranza ha il volto della natura: il mandorlo fiorito e il ruscello che scorre, simboli del risveglio di un’umanità dolente, il ponte suggerisce riappacificazioni e legami indissolubili, mentre la paura del futuro trova nutrimento nella dimensione onirica.

L’infanzia è racchiusa nel tenero ricordo di un desiderio mai esaudito. “Tando babbu naraiat/pro acher cuntentu a mie/chi nachi mi los fachiat/sos iscarpones de preta...” (Sos iscarponeddos de preta), mentre l’amore per la sua donna è canto struggente che si fa preghiera: “Cheria semenare/campos de risu./De cuddu risu tuo/ch’est in colore ‘e oro/e ti luchet in laras”.Campu de risu”.

A Publio Dui (Lula 1930-Nuoro 1996) “poeta onesto” il merito di aver saputo attingere dall’anima emozioni e ricordi che da sempre aspettavano di essere liberati per essere identificati con archetipi che avrebbero veicolato messaggi eterni e universali.

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