DALL’INIZIO DELL’ASSOCIAZIONISMO DELL’EMIGRAZIONE SARDA IN ARGENTINA ALL’ESODO DEGLI ARGENTINI DI ORIGINI EUROPEA

emigrati al circolo SARDI UNITI di Buenos Aires

All’inizio dell’800, quando l’Argentina faceva parte del processo istituzionale di ripopolamento, furono applicate una serie di misure migratorie a favore dei cittadini europei che volevano vivere in Argentina.

Le società di mutuo soccorso hanno visto il periodo di loro massimo splendore nella seconda metà del XIX secolo quando ancora gli Stati non si erano fatti carico dei problemi sociali e previdenziali.

Già nell’Ottocento le società di mutuo soccorso, infatti, attraverso l’autofinanziamento, cioè con il versamento da parte dei soci di modeste quote periodiche, assicuravano agli associati, sussidi di malattia, assistenza medica, pensioni di vecchiaia, sussidi funebri o di disoccupazione o per qualsiasi altro evento fosse previsto dalle norme statutarie.

Provenienti da un’Europa devastata dalle guerre mondiali, trovarono in queste terre vaste regioni fertili e vergini abitate dalla mano trasformatrice che diede corpo a questa prospera terra del Cono Sud.

A questo esodo non fecero eccezione i sardi che, tentati anch’essi di riprendere il cammino verso la dignità, mossero i primi passi nel 1800, dove si registra la presenza dei primi connazionali registrati all’ingresso delle migrazioni del Porto di Nostra Signora di Buenos Aires, paradossalmente Patrona rispettivamente della Sardegna e della loro promettente terra.

I primi sardi che arrivano in Argentina partono dal porto di Porto Torres da lì si recano a Genova, dove si imbarcano definitivamente per Buenos Aires. All’inizio i sardi non si stabilirono a Buenos Aires, molti di loro si recarono nell’interno del Paese, dove l’estrazione mineraria e l’agricoltura, due attività tipiche della loro origine, permisero loro di trovare più rapidamente la fonte di sostentamento. Soprattutto nelle province di Tucuman e Salta si costituiscono intere comunità di sardi.

A Buenos Aires hanno soggiornato in località come Moreno, Villa Bosch e San Isidro, tra le altre città della periferia di Buenos Aires, così come nella Città Autonoma di Buenos Aires, erano punti di interesse per i sardi che, invitati da amici e parenti, arrivavano con lo stesso obiettivo di formare le loro famiglie e cercare un orizzonte più promettente.

Nel 1920, ad Avellaneda (Pcia. Di Buenos Aires), sardi anarchici ed esuli politici tra gli altri sardi, formarono il primo nucleo dell’associazionismo in Argentina, tra cui: Casula, Pileri, Masia, Marras, Scanu, Desini, Puledda e Manca. Una storia di sforzi, sacrifici e coraggio che nasce legalmente con il nome di Società italiana Sardi Uniti di Buenos Aires, secondo lo statuto del 19 aprile 1936. Data in qui si dà inizio ufficialmente all’associazionismo dell’emigrazione sarda in Argentina.

Il primo presidente di questa associazione sarda, prima di essere legalmente costituita, fu Giovanni Manca, di professione parrucchiere, che mosse i primi passi fino alla formazione di quella che oggi è l’Associazione Italiana Sardi Uniti di S.M. Ma il primo presidente dalla costituzione legale dell’associazione fu Fausto Falchi, nato ad Alghero (SS).

Questo si riflette nel primo statuto, scritto in italiano, datato 19 aprile 1936, che mostra chiaramente la solidarietà e l’aiuto reciproco tra i sardi di allora. Avevano praticamente realizzato la costituzione di quella che oggi si chiamerebbe “medicina prepagata”, dove le tariffe, che erano di 1 milione dei vecchi pesos al mese, coprivano tutti i servizi medici, le medicine, il ricovero nell’Ospedale Italiano, le visite a domicilio e persino l’indennità di malattia.

Sono passati quasi novant’anni e la stessa forza che identifica oggi questa città riflette nei suoi figli e nipoti la continuità culturale e la difesa di questi valori che rendono possibile un futuro meritevole.

Oggi i tempi sono cambiati e le nuove generazioni vivono la loro sardità da una prospettiva diversa. Non c’è più la sofferenza della nostalgia per aver lasciato la terra natale. La sardità è invece vissuta con quel sentimento di appartenenza che fa sì che i discendenti di quei sardi fondatori della prima istituzione sarda organizzata fuori dall’Isola, aprano le porte a tutta la comunità italiana e a quella argentina in generale, per far conoscere le loro tradizioni, la loro musica, la loro storia, insomma la cultura sarda in generale. Una cultura millenaria che è ancora viva oggi grazie ai diversi circoli sardi esistenti in Argentina e nel mondo.

Molti anni dopo, si dà inizio alla formazione delle altre associazioni sarde che ci sono in Argentina, che oggi sono 8, che fanno un lavoro encomiabile anche essendo dall’altra parte del mondo.

La storia dell’emigrazione italiana in generale e sarda in particolare, è rica e variegata. Dopo la pausa di oltre mezzo secolo, la nuova emigrazione sta tornando nel paese sudamericano, portando con sé nuove opportunità e sfide. Dopo le ultime grandi ondate migratorie, c’è una nuova emigrazione italiana in Argentina. Anche se non potrebbe essere più lontana dai transatlantici e dalle umili valigie di cartone: gli emigranti sono giovani professionisti e cosmopoliti abituati a viaggiare e vivere in altri Paesi. Lasciano la loro patria sempre per scelta e non per necessità e scelgono l’Argentina per lavorare, studiare o semplicemente per fare un’esperienza di vita.

I dati della ricerca mostrano infatti che i nuovi emigranti hanno una grande proiezione migratoria, dal momento che il 66% dei casi ha vissuto e lavorato in altri Paesi, prima di trasferirsi in Argentina.

Come per gli emigranti di un secolo fa, il Paese sembra averli accolti e aver permesso loro di crescere professionalmente. D’altra parte, però, non è tutto rose e fiori. I dati mostrano anche che molti di loro affrontano le difficoltà tipiche di chi inizia da zero una nuova vita in un altro Paese.

Secondo le autorità della Direccion Nacional de Migraciones, negli ultimi otto anni si sono stabiliti in Argentina in media mille italiani all’anno. Tuttavia, gli esperti sostengono che il numero reale sia molto più alto, poiché molti dei nuovi arrivati non si iscrivono all’AIRE, né informano i Consolati della loro presenza nel Paese. L’Argentina è tra le prime cinque destinazioni scelte dai giovani italiani che decidono di lavorare e studiare fuori dal Paese d’origine. Nonostante la mancanza di dati ufficiali, diverse indagini indipendenti hanno descritto un aumento generale dell’emigrazione italiana dopo la crisi del 2008, tendenza che si riflette nell’indagine EPICA.

La nuova emigrazione si differenzia dalla vecchia anche per quanto riguarda le aspettative di permanenza nel Paese. Infatti, sociologi e demografi preferiscono parlare di “mobilità” piuttosto che di emigrazione, data la natura liquida dei nuovi fenomeni migratori.

L’indagine conferma che solo un terzo degli intervistati considera la propria residenza in Argentina “definitiva”

o “abbastanza definitiva”. Ma tra tante differenze, la ricerca evidenzia un tratto comune tra l’emigrazione italiana di ieri e quella di oggi: l’88% ha un coniuge o un partner argentino. E tra coloro che hanno figli, il 70% sono bambini nati in Argentina. Un dato che, esattamente come nell’esperienza dell’ultima migrazione italiana del dopoguerra, è il principale indicatore di un probabile insediamento definitivo.

Ovviamente oggi, l’Argentina e un paese dove la gente prevalentemente parte. Le continue crisi economiche che hanno sottoposto metà della sua popolazione alla povertà hanno spinto intere famiglie a lasciare il paese per cercare sicurezza, stabilità e un futuro più prospero.

I dati di un rapporto del Capo del Gabinetto dei Ministri guidato da Guillermo Francos hanno rivelato che sono 1.803.000 gli argentini emigrati dal 2013 al 2023 e che i principali Paesi in cui si stabiliscono sono la Spagna, gli Stati Uniti e l’Italia.

Purtroppo, l’esodo argentino continuerà fino a quando il paese non offrirà ai suoi abitanti il futuro che i nostri antenati cercavano quando arrivarono in questa terra.

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