NEMOS, ANDANDO PER MARE: SEI ANNI DI LAVORAZIONE PER IL NUOVO FILM DEL REGISTA MARCO ANTONIO PANI

a destra Marco Antonio Pani

Ci si può perdere in un sogno, seguendo i versi cantati dei poeti estemporanei sardi e rivivere le gesta di Ulisse, Nessuno, “Nemos, andando per mare”: questo il titolo del coraggioso e riuscito film di Marco Antonio Pani dopo sei anni di lavorazione. Adesso nelle arene estive e dall’autunno nelle sale italiane.

Due ore fitte senza interruzioni pubblicitarie, come purtroppo troppa TV ci ha abituato, per le oltre 500 persone che il 13 giugno (giorno benedetto da S. Antonio), hanno assistito alla proiezione nell’Anfiteatro all’aperto di Olmedo, paese di cui il regista è cittadino d’elezione e residenti molti attori non professionisti.

Benché la maggioranza del pubblico fosse sardoparlante, la traduzione sottotitolata in italiano è stata utilissima per i ricchi e fitti dialoghi tutti sempre in lingua sarda. Meglio, nelle diverse varianti della limba che secondo le decisioni del regista, hanno rispettato i territori di appartenenza dei diversi attori: il logudorese per il “Capo di sopra” e il campidanese per il “Capo di sotto”, con un inserto paesaggistico e tematico in catalano-algherese davanti al mare di Capo Caccia e brevi battute in italiano, quasi un fuori onda.

“Nemos, andando per mare” dimostra che si possa raccontare l’immortale storia del ritorno di Ulisse anche utilizzando la lingua sarda, anzi proprio la sonorità pura di questa lingua antica ne arricchisce gli scenari che riportano al mediterraneo omerico ma perfettamente rivisitato, rivissuto con costumi ed usanze ancora oggi proprie della Sardegna più autentica. Per questo è da applaudire la scelta di non usare il colore ma un rigoroso bianco/nero, non la solita Sardegna turistica-da cartolina, ma la nuragica e granitica civiltà agropastorale sarda, del tutto simile a quella che dovette accogliere Ulisse dall’isola di Calipso al popolo dei Feaci con Nausica, all’antro del gigante Polifemo.

Altra scelta coraggiosa del regista quella di non fare interpretare Ulisse ad un attore con caratteristiche fisiche hollywoodiane. Il bravissimo Giovanni Masia è un uomo con tutti gli anni che veramente doveva avere Ulisse di rientro dalla lunghissima guerra di Troia, con barba e ventre prominenti.

Perfette nella loro bellezza seduttiva mediterranea, le ancelle di Nausica, la principessa dei Feaci e Calipso. La maga Circe ben rappresenta il fascino di un accoppiamento carnale e stregato.

Questo film di Marco Antonio Pani contraddice, positivamente, chi invece parla di mancanza di idee, di crisi del cinema italiano. Appunto, italiano: allora largo alla creatività del cinema sardo, in sardo, possibilmente anche con maggiori risorse economiche nazionali.

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