
di MARIAZZURRA LAI
Nel cuore silenzioso dei laboratori di procreazione medicalmente assistita si custodisce uno dei compiti più delicati e straordinari della medicina: accompagnare la vita nei suoi primissimi istanti, con precisione, cura e profondo rispetto. In questa intervista abbiamo il privilegio di ascoltare la voce e l’esperienza della Dott.ssa Carlotta Zonza Papoff, embriologa clinica specializzata in PMA, formatasi e attualmente operativa presso centri d’eccellenza in Spagna, tra cui il CRA di Barcellona. Con competenza scientifica, rigore tecnico e una sensibilità profonda, la Dott.ssa Zonza ci guida dentro il laboratorio e il mondo affascinante (e spesso poco conosciuto) dell’embriologia, raccontandoci il valore umano e professionale di una disciplina che ogni giorno intreccia biologia, speranza e responsabilità. La sua è anche una storia di determinazione e visione: nata e cresciuta in Sardegna, è da anni impegnata affinché le donne e le coppie sarde (e italiane) possano conoscerla e riconoscerla come un punto di riferimento nel delicato percorso della fertilità. Nonostante la sua attività si svolga prevalentemente in Spagna, torna spesso nella sua terra d’origine, con il desiderio di mettere a disposizione competenze, ascolto e orientamento, contribuendo a creare una rete di supporto concreta e accessibile per tutte le persone che affrontano il viaggio della PMA.
Dott.ssa Zonza, ci racconta cosa l’ha spinta a specializzarsi proprio in embriologia e riproduzione assistita? Sono sempre stata affascinata dai meccanismi che regolano la formazione e lo sviluppo della vita, nell’ambito della medicina e della scienza. La scelta di laurearmi in Biologia è stata quindi naturale. Fin dai primi anni dell’università mi sono appassionata alle materie legate alla biologia umana, spinta dalla curiosità verso le caratteristiche, le funzioni e le dinamiche che regolano l’organismo umano, sia per quanto riguarda gli aspetti fisiologici, sia per quelli patologici. Così successivamente ho deciso di realizzare la mia tesi in genetica umana. Una volta terminato, ho sentito l’esigenza di continuare a specializzarmi e unire le mie competenze scientifiche e pratiche alla mia parte più interiore e umana. Il pensiero di poter aiutare le persone a realizzare un sogno così grande come quello della genitorialità mi ha guidata nella scelta di diventare Embriologa. Credo sia un lavoro unico e speciale. L’embriologia è una scienza meravigliosa che cambia continuamente offrendo numerose possibilità per raggiungere l’obiettivo desiderato. E’ per me una sfida quotidiana che porta a grandissime conquiste.
Ha vissuto e lavorato in diversi centri spagnoli di eccellenza. Quali sono stati i momenti o i luoghi più formativi per la sua carriera? L’inizio della mia carriera è stato determinate. Ho avuto la possibilità di specializzarmi presso l’IVI e l’Università di Medicina di Valencia ed entrare, per la prima volta, in un laboratorio di PMA. Poter toccare con mano i meccanismi della vita mi ha dato grandissime emozioni e soddisfazioni. Da quel momento in poi ho dato massima priorità alla mia formazione come Embriologa. Anche gli anni a Siviglia, prima all’IVI poi all’Ospedale Virgen del Rocío, sono stati determinanti perché ho avuto la possibilità di collaborare con specialisti competenti e di grande spessore, che hanno contribuito alla mia crescita professionale. Mi sono successivamente spostata a Madrid dove ho lavorato per quasi 3 anni, presso la Clinica IMF, sentendomi accolta e sostenuta da questa bellissima città. E’ poi prevalsa la mia vera natura sarda e quindi l’esigenza di vivere vicino al mare e finalmente sono approdata a Barcellona. Città meravigliosa, ricca di opportunità e sicuramente una delle città più inclusive e rispettose d’Europa. Ci vivo ormai da più di 13 anni e, per ora, non ho in programma di lasciarla! Anche a Barcellona ho avuto la fortuna di lavorare in Centri di PMA d’eccellenza, dalla Clinica Teknon, a Quiron Salud al Fertilab, decidendo poi di fermarmi presso il CRA di Barcellona, dove lavoro da più 8 anni con grande entusiamo soprattutto perchè in CRA davvero tutto ruota intorno alle pazienti e al loro percorso di genitorialità.
In cosa consiste esattamente il lavoro quotidiano di un embriologo all’interno di un laboratorio di PMA? Il lavoro non si ferma mai. Il laboratorio vive e opera tutti i giorni dell’anno, con presidio H24. Basti pensare che quello che ricreiamo in vitro ciò che avviene naturalmente, a comandare sono i follicoli, gli ovuli e gli embrioni. Per loro non esistono sabati, domeniche o giorni festivi… Sono la nostra priorità. Bisogna tenere in conto che il laboratorio si divide in 3 grandi aree:
laboratorio di FIVET, dove lavoriamo con gli ovuli e gli spermatozoi;
laboratorio del seme, dove procediamo a trattare e congelare il liquido seminale;
laboratorio di Crioconservazione, dove congeliamo e scongeliamo ovuli ed embrioni.
Le attività vengono distribuite tra le embriologhe in modo coordinato, così da garantire efficienza, continuità e il massimo livello di attenzione in ogni fase del processo.
Come si struttura una giornata tipo nel laboratorio del CRA Barcellona, tra osservazione degli embrioni, inseminazioni, vetrificazioni e altri processi? Ogni giorno è organizzato in base alla programmazione della sala operatoria e alle necessità delle nostre pazienti. La giornata è scandita da una routine molto precisa, in cui ogni fase ha tempi rigorosi e un livello altissimo di attenzione. Prima di tutto controlliamo le condizioni ambientali e la calibrazione delle attrezzature, per assicurarci che tutto sia perfettamente funzionante: incubatori, cappe a flusso laminare, sistemi di monitoraggio e tracciabilità. In generale, iniziamo la mattina presto con i pick up ovocitari e la valutazione della fecondazione e dello sviluppo embrionario. Continuiamo la giornata scongelando ovuli e blastocisti vetrificati precedentemente, si procede con la fecondazione degli ovociti e le preparazioni dei liquidi seminali per FIVET, ICSI ed INSEMINAZIONI. A metà giornata proseguiamo con i transfer e continuiamo congelando gli embrioni e gli ovociti della giornata. Effettuiamo anche le biopsie agli embrioni, per le analisi genetiche preimpianto dei pazienti ai quali è stato prescritto. Se programmate, realizziamo anche biopsie testicolari (TESE) e tutto quanto necessario perché si porti a termine il trattamento sulle nostre pazienti.
Quanto è importante la collaborazione tra embriologo e ginecologo nel percorso di PMA? Ci sono fasi in cui il dialogo tra questi due ruoli è cruciale? È fondamentale, è un lavoro di squadra, lavoriamo insieme per il bene della paziente e per il raggiungimento della più alta percentuale di esito positivo del trattamento. L’embriologa e la ginecologa lavorano in perfetta sintonia e sincronizzazione: la ginecologa studia il quadro clinico della paziente e prepara utero e corpo a ricevere l’embrione mentre l’embriologa “prepara” e si prende cura dell’embrione. Ogni caso è unico e solo una gestione integrata può offrire ai pazienti il percorso a loro più adatto. Il dialogo tra questi due ruoli è costante e diventa particolarmente cruciale in diverse fasi del trattamento come, ad esempio, nella fase di stimolazione ovarica o nella scelta dell’embrione da trasferire. Siamo una squadra per tutta la durata del percorso!
Quali sono le tecnologie più avanzate attualmente utilizzate nei laboratori di PMA e come hanno rivoluzionato la selezione embrionale? La PMA è una scienza in continua evoluzione. Noi embriologhe ci stiamo formando e informando continuamente. Le nuove tecnologie vanno avanti e la scienza va avanti con le nuove tecnologie. Negli ultimi anni, la tecnologia ha rivoluzionato profondamente il nostro modo di lavorare in laboratorio e sono tantissimi i progressi e i successi ottenuti. Tra questi troviamo:
Incubatori con sistema Time-lapse: sono incubatori di ultima generazione che ci permettono di monitorare gli embrioni attraverso una telecamera, senza mai doverli estrarre per poterli valutare al microscopio. Possiamo analizzare la morfologia embrionaria, la simmetria delle cellule, il numero delle cellule, i timing di divisione 24 h su 24 h, mantenendo sempre gli embrioni in una condizione protetta ed evitando così qualsiasi tipo di squilibrio. Perdipiù questo tipo di incubatori sono individuali, ossia tutti gli embrioni di ciascuna coppia/paziente sono conservati in modo esclusivo.
La vetrificazione: tecnica di crioconservazione di ovuli ed embrioni che permette la conservazione in azoto liquido per lunghissimi periodi di tempo, anche molti anni, senza danneggiarli e mantenendo le loro condizioni stabili.
Diagnosi Genetica Preimpianto: tecnologia all’avanguardia che ci permette di analizzare la blastociti prima di essere trasferita in utero. Grazie a questa tecnica possiamo escludere gli embrioni alterati e aumentare quindi le probabilità di gravidanza.
Lei lavora con molte pazienti italiane. Nota differenze nell’approccio alla PMA tra Italia e Spagna, sia dal punto di vista medico che culturale? Sono davvero tantissime le pazienti italiane che si rivolgono a me e che in generale scelgono la Spagna per coronare il desiderio della maternità, soprattutto perché la Spagna è la prima in Europa per le più alte probabilità di successo in PMA. Le differenze ci sono e si notano. Dal punto di vista medico, la Spagna offre un quadro normativo più ampio. Pensiamo solo al fatto che possiamo fare trattamenti a donne single, a coppie di donne e che possiamo realizzare sempre la Diagnosi Genetica Preimpianto (e non solo in alcuni casi). Tutto questo significa che le pazienti hanno più opzioni terapeutiche disponibili e maggiore libertà nella personalizzazione del percorso. Sul piano culturale, noto che le pazienti italiane arrivano spesso con un carico emotivo considerevole, dovuto anche ai tempi lunghi, alle restrizioni normative e, in alcuni casi, a una certa disinformazione. Hanno più remore a parlare di questo argomento e tendono a viverlo quasi in segreto. Quindi cerchiamo di approfondire ogni aspetto legato all’esperienza che stanno vivendo, coinvolgerle e informale il più possibile sia durante il processo decisionale, sia durante il trattamento. In Spagna, invece, la PMA è vissuta in modo più aperto e normalizzato, come un’opzione medica tra le tante, senza particolari tabù.
Il CRA Barcellona offre un supporto specifico alle pazienti italiane. Come si struttura questo accompagnamento e quale ruolo gioca lei in questo contesto? Il CRA Barcellona offre alle proprie pazienti un supporto strutturato e personalizzato, grazie a un dipartimento internazionale altamente specializzato. Il nostro obiettivo è far sentire ogni paziente accolta, compresa e guidata in ogni fase del percorso, nonostante la distanza geografica. Personalmente, mi tengo in comunicazione costante con le mie pazienti, cercando di farle sentire sempre a casa. Credo che questo sia fondamentale per affrontare il trattamento con maggiore serenità, senza barriere linguistiche o culturali. Nel mio ruolo di embriologa, sono coinvolta sia nella parte clinica sia in quella comunicativa. Contribuisco attivamente al lavoro di squadra per spiegare in modo chiaro lo sviluppo embrionale, le strategie personalizzate per ciascun caso e i risultati ottenuti in laboratorio. Realizzo costantemente consulenze sia online sia in presenza, soprattutto quando c’è bisogno di chiarire aspetti tecnici legati alla qualità ovocitaria e seminale, alla fecondazione o alla selezione embrionale. Credo moltissimo nella trasparenza e nell’empatia. Lavoro con tutta l’equipe per garantire non solo un alto livello scientifico, ma anche un accompagnamento umano che faccia sentire ogni donna supportata a 360 gradi.
In laboratorio si vive spesso una tensione tra tecnica e speranza. Come si gestisce l’aspetto emotivo del lavoro, soprattutto quando i risultati non sono quelli sperati? La professione dell’embriologa è estremamente affascinante e gratificante ma è anche molto duro. È un processo di alta precisione dove non possono esistere errori. Ci mettiamo il massimo impegno, sostenendo ritmi duri e rigorosi. Per quanto mi riguarda le implicazioni emotive sono fortissime. Conosco i miei pazienti perfettamente: come si sentono emotivamente, la loro causa di infertilità, i loro pregressi, le loro storie personali. Ho un approccio positivo, cerco sempre di essere presente e rassicurante. Lavoro in trasparenza, spiegando tutto nel dettaglio e consigliando il trattamento più adeguato per ciascun caso. Se i risultati non sono quelli sperati, l’implicazione emotiva da parte mia è grandissima. Non è solo il loro fallimento ma anche il mio. Non bisogna però perdere né la lucidità né la speranza. Se ci sono i presupposti bisogna riprovare così come, a un certo punto, saper dire basta.
Dal punto di vista tecnico, quali sono i passaggi più delicati o complessi nella gestione degli embrioni? C’è una fase in cui ogni dettaglio può fare la differenza? In una clinica di PMA il laboratorio rappresenta il cuore della struttura, il luogo in cui nasce la vita. Ogni passaggio fa la differenza. Questo significa che dobbiamo rispettare tutti i timing: fecondare all’ora stabilita, classificare, congelare e/o effettuare le biopsie sugli embrioni nel momento più adeguato per loro, realizzare i pick up ovocitari senza ritardi (ossia nel momento in cui la paziente sta ovulando), processare il liquido seminale nel tempo stabilito. Questo implica la necessità che ci sia un numero di embriologi sufficiente in ogni laboratorio, durante ogni processo. Nei laboratori di PMA la qualità dell’aria è fondamentale perché la presenza di sostanze tossiche potrebbe alterare lo sviluppo embrionale. Non sono presenti finestre dalle quali entri luce solare, lavoriamo in penombra per proteggere al massimo gameti ed embrioni. La luce intensa può generare stress ossidativo, danneggiare il DNA dei gameti o compromettere lo sviluppo embrionario. Utilizziamo sistemi di illuminazione soffusa che ci permettono di lavorare in sicurezza riducendo al minimo i potenziali danni. Immaginate che i nostri laboratori siano come dei grandi uteri progettati per riprodurre le condizioni ideali dello sviluppo degli embrioni. Esiste un controllo rigoroso della temperatura e dell’umidità e della pressione positiva. Tutto questo serve a evitare che contaminanti, polveri o microrganismi possano inquinare il laboratorio, e a garantire un’atmosfera il più sterile e pulita possibile. Sono questi dettagli fanno la differenza.
Un tema sempre più discusso è quello dell’analisi genetica preimpianto (PGT-A). Quando è utile? E cosa cambia nel lavoro dell’embriologo? La diagnosi preimpianto può migliorare le probabilità di successo e ridurre il rischio di trasmettere malattie genetiche. Ci tengo a sottolineare, però, che non è consigliata in tutte le situazioni. Per esempio, può essere indicata nei casi di poliabortività, età materna/paterna avanzata, malattie genetiche nei genitori, infertilità inspiegata, trattamenti anteriori falliti. Nel caso di diagnosi preimpianto l’embriologa segue un percorso tecnico e organizzativo molto specifico. La biopsia delle cellule deve essere realizzata solo quando l’embrione arriva allo stadio di Blastocisti, ossia fra il 5º e il 7º giorno di vita e con un numero di cellule di circa 250/300 approssimativamente. Le blastocisti devono poi essere immediatamente congelate in attesa del risultato della diagnosi che verrà realizzato direttamente dai genetisti. Come embriologhe, dobbiamo mantenere altissimi standard tecnici e, allo stesso tempo, partecipare in modo consapevole al processo decisionale che accompagna ogni singolo embrione.

Come è evoluto il ruolo dell’embriologo negli ultimi 10-15 anni, e quale direzione prevede per il futuro? Senza dubbio il lavoro dell’embriologa è cruciale. Non esiste clinica di PMA che non abbia questa figura professionale. Quando iniziai, non esisteva la vetrificazione, usavamo la tecnica di congelamento lento con la quale la percentuale di sopravvivenza degli embrioni era molto inferiore. Congelavamo e trasferivamo solo embrioni in cellule (ossia alla 2º e 3º giornata di vita) e non esisteva il “social freezing” dato che gli ovociti non potevano sopravvivere al congelamento lento. In questi ultimi 15 anni si sono perfezionati sempre di più i terreni di coltura e gli incubatori. Tutto questo ha aumentato le percentuali di successo. Ci ha permesso di mantenere gli embrioni in coltura per più giorni, poterli selezionare meglio e soprattutto arrivare a formare le blastocisti ovvero la fase dello sviluppo embrionale più importante è quella in cui l’embrione si impianta nell’utero. Non lavoriamo mai da soli, ci deve essere sempre almeno un doppio controllo, per evitare ogni tipo di errore e garantire la massima sicurezza. Negli ultimi anni si sono sviluppati sistemi di tracciabilità elettronici, con radiofrequenze e codici a barre, attraverso i quali si riduce significativamente il rischio di errori umani durante le fasi critiche del trattamento. Infatti, se viene rilevata una discrepanza, scatta un allarme e si blocca il processo fino alla risoluzione del problema. La nostra figura è in continua evoluzione. Gli embriologi facciamo parte di un team multidisciplinare e siamo sempre più orientati verso tecnologie avanzate che permettono un continuo perfezionamento.
Si parla molto anche di intelligenza artificiale applicata alla selezione embrionale. È davvero il futuro? È già presente nella vostra pratica? Si. Certamente. Senza dubbio è una grande risorsa. Credo non potrà mai sostituire la nostra figura ma sicuramente darci informazioni strategiche per aiutarci a selezionare meglio gli ovociti e gli embrioni. Tramite l’IA si può superare qualsiasi forma di soggettività, a favore di una visione oggettiva e costante (che utilizza sempre gli stessi criteri), per esempio, la scelta dell’embrione da trasferire, gli embrioni da crioconservare e quelli da scartare definitivamente. Possiamo costantemente introdurre nuove informazioni e l’IA può essere utilizzata per analizzare immagini recuperate attraverso i video degli incubatori time- lapse. Per quanto riguarda gli ovociti può aiutarci come forma di previsione nel caso sia consigliabile un’altra stimolazione ovarica o meno. Mentre, per quanto riguarda gli embrioni, ci aiuta a studiare dettagliatamente la morfologia e i timing di divisione cellulare che possono indicarci le probabilità di presenza di possibili anomalie. Questi algoritmi possono prevedere la qualità embrionale con una precisione che può superare il 70% La IA è utile anche nella raccolta e riutilizzo di informazioni di vario tipo. Possiamo registrare che un embrione è stato impiantato e un altro no, questo ci fornisce preziose informazioni per successive selezioni. Può essere utilizzata anche nelle cartelle cliniche elettroniche, automatizzando la documentazione, analizzando dati complessi, migliorando quindi l’efficienza e la qualità dell’assistenza sanitaria. Senza dubbio l’IA è il futuro del laboratorio.
Quali sono i parametri principali che osserva quando valuta la qualità di un embrione prima del trasferimento? I principali parametri sono:
Numero delle cellule: caratteristica principale dell’embrione è il moltiplicarsi delle cellule che lo compongono. Passa infatti da 1 cellula nel primo giorno di vita, a 2/4 cellule al secondo giorno, a 6/8 cellule al terzo giorno, fino a passare allo stadio di morula al quarto giorno con più meno 30 cellule, fino a formare la blastociti tra il quinto e il sesto giorno di vita con circa 300 cellule. Un numero inferiore o superiore di cellule può indicare un potenziale ridotto di impianto
Simmetria delle cellule: è bene che le cellule abbiano tutte più o meno la stessa grandezza. Cellule asimmetriche indicano una minor qualità embrionaria.
Divisione cellulare: una divisione cellulare simmetrica e regolare è segno di buona riuscita.
Percentuale di frammentazione: se l’embrione presenta un alto grado di frammenti la percentuale di impianto è inferiore.
Espansione e qualità della blastocisti: valutiamo il grado di espansione dell’embrione, il trofoectoderma ovvero la parte più esterna dell’embrione che darà origine alla placenta e alla massa cellulare interna, che a sua volta darà origine al feto.
Ci tengo molto a precisare che non sempre l’embrione che presenta i parametri migliori è quello che si impianta. A volte si verificano situazioni in cui non abbiamo embrioni perfetti ma comunque gravidanze di bimbi sani.
La vetrificazione è ormai una tecnica standard, ma resta affascinante. Può spiegarci come funziona e perché è così rivoluzionaria? È una tecnica di congelamento ultrarapido per ovuli ed embrioni, attraverso la quale possiamo crioconservarli infinitamente (ossia senza un limite di tempo) e utilizzarli in un secondo momento. Questo ci permette di ottimizzare al massimo il trattamento e scongelare gameti ed embrioni nel momento nel quale la paziente sia nelle perfette condizioni. Il progresso reale della vetrificazione sta nel fatto che prevede un raffreddamento ultrarapido degli ovociti e/o degli embrioni a -196°C, evitando la formazione di cristalli di ghiaccio all’interno delle cellule. Questo processo è possibile grazie all’uso di alte concentrazioni di crioprotettori, che sostituiscono l’acqua intracellulare e impediscono la formazione dei cristalli di ghiaccio e quindi la rottura cellulare. Attraverso la vetrificazione la percentuale di sopravvivenza arriva al 98%. In sintesi, la vetrificazione rappresenta un’evoluzione significativa nella crioconservazione, offrendo una protezione superiore contro i danni cellulari e migliorando i risultati clinici rispetto al congelamento lento che si usava fino a 10/15 anni fa.
Lei ha un forte legame con l’Italia. Quanto conta per le pazienti italiane trovare un contatto familiare all’estero? Cambia la loro esperienza? Credo proprio di si. Per loro è fondamentale, si crea una bellissima relazione e anche tanta complicità. Cerco di rendere la loro esperienza più leggera possibile, accompagnandole in tutte le fasi che la compongono. Mi ricordo di ognuna di loro, della loro situazione, della loro storia e della loro lotta. Realizzare un percorso di PMA è una corsa a ostacoli ed è fondamentale essere accompagnati e seguiti da una persona del settore, con empatia e professionalità. Il contatto con le mie pazienti non termina con la nascita del bambino. Si crea quasi un vincolo a vita, ci sarà sempre un filo che ci unisce.
Ha seguito centinaia di storie di maternità. Ce n’è una in particolare che le è rimasta nel cuore? La scelta è difficile perché ogni storia è unica e racconta un percorso di vita. Però sicuramente una storia che ho nel cuore è di una coppia che dopo due aborti spontanei è venuta da me. Lei aveva già 45 anni, per questo decidemmo di passare direttamente a un trattamento di ovodonazione. Abbiamo dovuto fare 3 transfer ma al terzo ce l’abbiamo fatta… Ora hanno il loro piccolino in braccio e sono tanto felici. La loro fiducia e determinazione è stata fonte di grande ispirazione per me, non si sono mai arresi e hanno sempre creduto in me, si sono messi nelle mie mani e anche se è stata dura hanno mantenuto il sorriso e raggiunto il loro più grande obiettivo. Tutto questo mi riempie il cuore.
Se potesse dare un solo consiglio alle coppie che iniziano un percorso di PMA, quale sarebbe? Mettersi nelle mani di buoni professionisti e credere nelle persone con le quali si decide di realizzare questo percorso, rimanere positivi e fiduciosi, però sempre con i piedi per terra. Le percentuali di successo sono altissime ma non sempre si riesce. A volte è necessario più di un tentativo ed è fondamentale accettare e riconoscere le emozioni che emergono. Un appoggio psicologico è sempre utile e consigliabile così come il cercare di trovare un tempo adeguato per il proprio benessere personale.
E uno ai giovani biologi che desiderano intraprendere la carriera dell’embriologo? Credo sia fondamentale seguire un buon percorso prima universitario e poi di specializzazione, investire tanto tempo nella formazione pratica e teorica. Il lavoro dell’Embriologa è magnifico e pieno di soddisfazioni, ma anche un lavoro duro che comporta tanti sacrifici. Sicuramente è un universo affascinante, in continua evoluzione, un percorso pieno di sfide. Bisogna crederci, non mollare e avere pazienza.
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