LA TOMBA ROMANA BIZANTINA A SANTU PREDU: CINQUANT’ANNI FA IL RITROVAMENTO DELLA SEPOLTURA DA PARTE DI GIANNETTO SANNA NELLA CASA PATERNA

Giannetto Sanna

Sono trascorsi 50 anni dal ritrovamento della tomba romano bizantina nel quartiere antico di Santu Predu, a Nuoro. Una scoperta di grande valore storico e archeologico che scriveva una nuova pagina sulla dominazione romana in Sardegna. Era il 1975 quando Giannetto Sanna, muratore ex emigrato in Germania, durante i lavori di scavo, nel rimuovere il pavimento della stalla nella vecchia casa paterna di via Brusco Onnis, vide riaffiorare un teschio e spostando la terra con le mani si trovò davanti ad un sepolcro.

Con grande senso civico avvertì le autorità cittadine che interessarono subito la Sovrintendenza alle Belle Arti di Sassari la quale inviò sul luogo l’archeologo Paolo Serra per dirigere i lavori mentre l’appalto degli scavi venne concesso allo stesso Sanna.

Furono rinvenuti 12 scheletri mancanti di alcune parti inferiori, dalla dentatura sana e perfetta, le suture ossee della testa staccate e con evidenti tracce di combustione, da attribuire con molta probabilità a giovani dai 18 ai 20 anni. Gli scheletri erano raccolti in una sorta di cista litica (cassetta di pietra) a forma trapezoidale delimitata da grosse pietre irregolari, ricoperta di terra ed infine chiusa da un modesto acciottolato. Il ritrovamento di una cuspide di lancia in ferro di circa venti centimetri, una placca di fibbia in bronzo, frammenti di ceramica, tracce di rame e di carbone, ossa di animali, resti di alcuni frutti, semi d’uva, semi rossi di ignota provenienza, zanne di cinghiale, lasciava supporre che in quella tomba si fosse consumato un rito funebre col sacrificio di animali e conclusosi con un rogo. Pur non essendo stati rinvenuti doni votivi che secondo la tradizione bizantina venivano seppelliti insieme ai loro defunti, la tomba fu attribuita al periodo bizantino, VII-VIII secolo dopo Cristo, tesi supportata anche dal fatto che circa 40 anni addietro, a Borbore zona Valverde, erano stati rinvenuti una lapide funeraria con iscrizione latina e qualche oggetto di minor interesse che confermavano il passaggio delle legioni romane in Barbagia.

Gli scheletri, forse di soldati-coloni preposti alla difesa della provincia caduti durante un inseguimento o forse di abitanti del luogo, così ammassati rimandavano a una sepoltura frettolosa e disordinata dopo essere stati uccisi durante un saccheggio. Così come la posizione degli scheletri era tale da far supporre una sepoltura di cadaveri solo parzialmente decomposti.

 Casa di via Brusco Onnis (tomba romana)

“Il ritrovamento – afferma Giannetto Sanna, oggi 86enne -, m’ha postu a pessare -. Sul momento ho pensato che i miei antenati avessero compiuto una bardana e zitti zitti avessero provveduto al seppellimento. Durante gli scavi ho grigliato la sabbia e scavato con pennello e piccozza per non danneggiare i reperti. Una parte di essi furono portati alla sovrintendenza di Sassari, altri vennero custoditi nei locali dell’Associazione Gruppo Grotte di Nuoro.

I giornali del periodo hanno raccontato del ritrovamento di altri reperti. Niente di vero. All’infuori di quanto da me citato, non c’era nient’altro. Posso affermare che a delimitare il sepolcro nei lati più lunghi non c’erano lastre piatte in posizione ortostatica (eretta), come da più parti è stato scritto, si trattava invece di grosse pietre come quelle che ancora oggi possiamo vedere nei muretti a secco”.

Quali le conclusioni delle indagini? “L’archeologo Serra ha scritto un volumetto in merito a questo ritrovamento, l’ho avuto a disposizione un solo giorno e per la sola lettura. Non saprei dire altro perché nessuno più mi ha interpellato e io non sono a conoscenza di nulla. L’unica cosa che mi è rimasta è il calco in gesso della cuspide in ferro della lancia da me realizzato. Ho impiegato circa tre mesi per portare a termine gli scavi– prosegue -, ci sono voluti due anni per deliberare la fine delle indagini e lo sblocco dei lavori, dieci per portare a termine la nuova costruzione perché col passare del tempo i prezzi lievitavano e i soldi perdevano il potere d’acquisto. Posso affermare che la casa a suo tempo demolita era vecchia di circa 400 anni e quella attuale ha conservato la stessa tipologia così come, a suo tempo, mi fu imposto dalla Sovrintendenza”.

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