
Claudia Sarritzu
di SEBASTIANO CATTE
C’è un momento, ogni tanto, in cui la realtà fa un salto imprevisto e tutto ciò che sembrava saldo si incrina. È successo a Claudia Sarritzu, giornalista brillante, voce critica, testarda e coraggiosa, che da ben diciassette anni raccontava il mondo anche attraverso il suo profilo Facebook. Uno spazio digitale che era non solo un diario virtuale, ma comprendeva un archivio esistenziale di pensieri, interviste, brani di libri, indignazioni, link, fotografie, piccoli atti di resistenza quotidiana. Diciassette anni, poi, in un attimo, il silenzio, Meta ha disattivato il suo account. Non un avviso, non una spiegazione convincente. Nessuna possibilità di recupero, nessun contraddittorio. Tutto cancellato. Come se non fosse mai esistita. Il motivo? Le sue prese di posizione quotidiane sul massacro di Gaza ad opera dell’esercito israeliano. Parole forti, indignate, che raccontano l’orrore di una guerra che non concede tregua, che moltiplica le vittime giorno dopo giorno, soprattutto tra i più fragili: i bambini, le madri, i civili intrappolati in un inferno senza uscita.
Non è necessario condividere tutto ciò che Claudia Sarritzu scriveva. Ma non è proprio questo il punto: la libertà non esiste per chi dice ciò che ci rassicura. Esiste, e ha valore, quando protegge chi disturba, chi ci mette in crisi, chi si ostina a guardare laddove preferiremmo distogliere lo sguardo. Cancellare quella voce, come è stato fatto, non è solo un atto brutale nei confronti di una persona ma un colpo inferto a tutti, un segnale decisamente inquietante.
Oggi viviamo in un tempo in cui le piattaforme digitali non sono più strumenti neutri. Sono arene politiche, luoghi dove si gioca la partita delle libertà. E in cui, sempre più spesso, chi dissente viene spinto verso i margini, o addirittura eliminato dalla scena. La censura oggi non ha quindi più il volto del censore con la penna rossa ma quello di un algoritmo opaco, di una policy ambigua, di un “violazione delle linee guida” che può voler dire tutto e niente. Il caso di Claudia Sarritzu non è un’eccezione. È un segnale. E arriva in un momento storico in cui le libertà che credevamo acquisite vengono messe in discussione su scala globale. L’avvento di Donald Trump alla Casa Bianca ha accelerato un processo in cui si assiste alla lenta ma costante erosione degli spazi democratici. Intorno all’uomo dalla chioma arancione si muove un gruppo di potere che guarda alla libertà come a un ostacolo, un fastidio da ridurre, controllare, zittire. Alla base dell’ideologia populista e reazionaria del cosiddetto movimento MAGA c’è una visione del mondo in cui il potere si concentra nelle mani di pochi, in cui la verità è una merce da manipolare, in cui la tecnologia diventa un’arma di controllo. E i grandi attori del web — da Elon Musk a Mark Zuckerberg — sembrano sempre più disposti ad assecondare questo paradigma, in cambio di immunità, potere e influenza.
Meta, con la cancellazione del profilo di Claudia Sarritzu, si è allineata a questa logica. Non è un caso isolato, ma una crepa nel tessuto stesso della democrazia. Una società libera non cancella le voci critiche. Le ascolta. Le sopporta. Anche quando fanno male. Anche quando ci mettono davanti allo specchio delle nostre responsabilità collettive. In Italia, forse, questa consapevolezza tarda ad arrivare. Siamo ancora convinti che la libertà d’espressione sia intoccabile. Ma i fatti ci raccontano altro. Il potere, oggi, si esercita nel silenzio. Con un clic. Con una disconnessione. Con un algoritmo che decide chi resta e chi scompare.
A Claudia Sarritzu va la nostra piena solidarietà. Ma serve anche una riflessione più ampia, collettiva, su che cosa vogliamo essere come società. Se vogliamo ancora difendere il diritto a dissentire, a raccontare, a gridare contro l’ingiustizia. O se siamo disposti a lasciar fare agli algoritmi, ai nuovi padroni dell’informazione, ai custodi invisibili della “comunità”, il compito di decidere cosa è accettabile e cosa no.
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Non ti conoscevo, ho letto sul giornale la tua disavventura con Meta, è allucinante subire una censura del genere.
Quella che stiamo vivendo sta diventando una dittatura delle più becere, ci vuol privare anche dell’unica valvola di sfogo che ci è rimasta per esternare il nostro dissenso!
Le dittature peggiori hanno sempre, in tutti i tempi, consentito una valvola di sfogo!
TI ESPRIMO TUTTA LA MIA SOLIDARIETÀ!
Claudia non smettere di scrivere, di informarci, di sperare. Grazie per quello che fai e per quello che sei. Un abbraccio
Alla fine, ne esci più forte! grande Claudia!
Sono contenta per ogni forma di solidarietà che in tanti stanno manifesdando nei tuoi confronti .
Come oggi ,vedere il video del vigile del fuoco in servizio e incaricato di togliere la bandiera palestiness dal un monumento, prima l’ ha fatta sventolare .
Claudia Sarritzu bloccata su Facebook. Il suo profilo con quasi 30 mila follower…
Che vergogna!
Claudia Sartitzu, una giornalista autentica, coraggiosa e determinata. Abbiamo il dovere morale di sostenerla perché non possiamo vivere in un mondo che censura la verità, per poi renderlo schiavo di pochi poteri deviati. Con la violazione del diritto internazionale e di quelli umani, non è più solo un fatto di solidarietà, tutto il mondo con il mancato rispetto delle regole
è in pericolo.
Vorrei tanto che questa immensa solidarietà arrivasse a Facebook e che le riattivino il suo profilo, che è parte del suo lavoro, e tanti i ricordi della splendida Claudia ❤️