DALL’AUSTRALIA PER ALLEVARE LE API: LA SCOMMESSA DI PAOLO ZOCCHEDDU, GIOVANE EMIGRATO RIENTRA IN SARDEGNA PER REALIZZARE UN SOGNO

Sette anni fa si trovava a nord di Brisbane, in una delle regioni dell’Australia più lontane dalle caotiche grandi metropoli, dove si vive soprattutto tra campi e coltivazioni. In tasca aveva il classico Working Holiday Visa, il visto che permette un’esperienza di vacanza-lavoro di sei mesi nel continente rosso, un biglietto di sola andata e 200 euro e «quando sono arrivato lì e ho iniziato a lavorare, ho capito invece che dimensioni poteva avere lo spreco alimentare: ho visto rimorchi di trattori interi pieni di ananas appena tagliati solo per l’assaggio e destinate a essere buttate via. Ho capito che quello che stavo cercando non era un quella terra straniera». Il chiodo fisso era già allora oltre l’economia circolare: Paolo Zoccheddu voleva ricreare una vera indipendenza alimentare, quella che oggi chiama «la mia foresta».
Così, il giovane ventinovenne di Narbolia «soffrendo di sarditudine» ha messo nella borsa delle preferenze «quel sogno di oltreoceano per cercare di ricreare qui, dove sono nato, il mio circolo virtuoso». Senza alcuna conoscenza passata in campo agricolo, ha acquistato un ettaro di terra e il suo sogno ora passa per due direttrici: quattromila piantine di lavanda e le api: «Ho iniziato dal campo, non vengo da una famiglia di agricoltori e ho imparato tutto da zero – racconta –, poi ho fatto un corso a Laore e lì è scoppiato l’amore per le api e la loro produzione. Chi passa davanti al mio terreno sente il profumo della lavanda, al quale ormai sono assuefatto e che rilevo, pungente, solo nei tramonti d’estate, quando la fioritura è all’apice. Allo stesso modo, stare a contatto con il suono che le api emettono ha per me poteri curativi, rilassanti.
Connettersi con la loro frequenza sonora ti rimette in pace con il mondo». Il suo marchio si chiama Maestrale australe, ma è più un manifesto: «Narbolia è detta Sa idda ‘e su entu, il paese del vento, per cui non potevo non cogliere questo filo che ha legato le mie radici, il viaggio in Australia e il successivo ritorno a casa». Si definisce un «pastore di api», anche se per ora le sue sono stanziali: «Fare nomadismo richiede mezzi, conoscenza del territorio e strutture cui ancora non sono in grado di provvedere», e nella testa c’è già il progetto di una fattoria didattica. L’obiettivo è quello di un benessere circolare, che passi anche dall’apiterapia e dall’aromaterapia, valorizzando l’attuale fulcro dell’impresa ovvero la coltivazione della lavanda e le sue lavorazioni, la produzione di miele e derivati come gli unguenti: «Ho passato un significativo periodo di formazione da Luca Bonizzoni a Villaputzu, uno dei massimi esperti del settore. Con lui ho lavorato a mani nude con api regine selezionate che non mi hanno mai punto e ho imparato come prendermi cura di questo progetto». Nel settore, la collaborazione diventa strategica ed è fortemente auspicata quando, dietro a un’avventura di tipo imprenditoriale, c’è un fortissimo motore etico: «Sarebbe bello se apicoltrici e apicoltori si unissero e mettessero insieme impegno, strategie, energie. L’autofinanziamento o i bandi a volte non bastano, fare rete è la maniera migliore per crescere». A completare il suo approccio naturalista e il sogno del circolo virtuoso, c’è la collaborazione della madre, la pedagogista in pensione Caterina Pau: «Ho sempre seguito approcci di educazione attiva e questa rinnovata connessione con la natura mi ha portato a esplorare piante e tinture, recuperando tecniche e materie prime della tradizione. Speriamo che la nostra esperienza porti un valore aggiunto e valorizzi questo territorio, che così naturalmente si presta a coesistere con la natura».

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