PER UNA CHIESA IN “USCITA”, IL LUNGO ADDIO DELLA MESSA ESEQUIALE: PAPA FRANCESCO, IL “PERMESSO” ED IL “GRAZIE”

Francesco se ne è andato. Con una Messa esequiale, allo stesso tempo, solenne e “leggera”, come definita acutamente da mons. Pierangelo Sequeri, fine teologo e musicologo. Cerimonia, certamente densa, profonda e ricca di significati. Con quelle parole forti, riecheggiate sul sagrato di San Pietro e proferite dal cardinale Re, decano del collegio cardinalizio. “Francesco, hai segnato la strada per una Chiesa in uscita”. E questa Chiesa in uscita, alle periferie del mondo, l’abbiamo vista.  Non tanto nei potenti della Terra, radunati, in prima fila, in piazza. A rispetto del protocollo diplomatico “alla francese”. Potenti della terra, ora in silenzio ed impassibili, chiusi nelle rigide forme protocollari, che meglio li hanno “garantiti”. Ma che, comunque, prima e dopo la celebrazione esequiale, non hanno potuto fare a meno di “rompere”  i convenevoli ed “abbozzare” rudimentali incontri diplomatici persino dentro la Basilica Vaticana. Davanti alla bara di Francesco. Emblematico il colloquio su due sedie, di pochi minuti, fra Trump e Zelenskij, dopo le “scintille” della Casa Bianca di qualche mese fa’. Potenti della Terra che prima rimanevano insensibili alle parole accorate di Francesco su Pace, sviluppo sostenibile ed accoglienza. Ed, ora, in silenzio, si sono incontrati, in “bilaterali” inusuali, financo all’ interno delle navate della Basilica. A parlare, appunto, di quello che Francesco avrebbe voluto sentirsi dire. Una volta per tutte: Pace, lotta agli armamenti, sviluppo sostenibile, accoglienza dei migranti. In breve, i temi del suo pontificato. In quella basilica, già tramutata, per l’occorrenza, in “Chiesa- ospedale da campo”, in questo caso “diplomatico”. Per i potenti. Proprio come delineato da Bergoglio. Ma non si può capire quest’intenso ministero petrino se non si parte da due parole, allo stesso tempo semplici e profonde, “permesso” e “grazie”. Due parole che sintetizzano emblematicamente la personalità e l’ azione del Pontefice argentino, “venuto dalla fine del mondo”.  Francesco è stato il “Papa del permesso”, quando “entrò nelle nostre case” quella sera del 13 marzo 2013, con quel familiare “buonasera”. Ed ora, lunedì 21 aprile 2025 “in Albis”, del “grazie”. Un Papa entrato “in punta di piedi”. Ed “in punta di piedi”, rispettoso del nostro essere, uscito. Per abbracciare l’Eternità.  Francesco ha messo davanti a sé i poveri, gli emarginati, gli esclusi, i migranti, i bisognosi. Quelli che, poi, lo hanno accolto a Santa Maria Maggiore, sotto l’ala protettrice della “Virgo Salus Populi Romani”. Per una “Chiesa in uscita”. Realizzando, in questo, il disegno che fu già del beato Paolo VI, delineato nell’ enciclica “Ecclesiam suam”, una delle meno conosciute, ma non meno potente. Da rileggere e rimeditare. Una Chiesa “ad extra”, come la vera , quella dei Vangeli. Dove Gesù, se solo si facessero delle piccole constatazioni matematiche, si rivolge per l’80 per cento dei casi, non tanto al suo seguito più ristretto , la Chiesa “istituzionalizzata degli apostoli, quanto ai discepoli ed alla folla del seguito, la Chiesa “delle periferie”.  Bergoglio ha “incarnato” questo.  E la liturgia esequiale, riprendendo ancora Sequeri, nonostante la solennità, è stata “leggera”. Con parole, gesti e ritualità ricche, ma profonde.  Soprattutto l’ultima parte, in liturgia greca,  svolta dai patriarchi greco- cattolica davanti alla bara del Papa. Momenti lunghi, di forte impatto emotivo che, però, sono “scivolati via” in un breve lasso di tempo, al passaggio, a passo d’uomo, del feretro di Francesco, diretto dal Vaticano a Santa Maria Maggiore. Fra la sua gente. E con quelle scarpe nere consunte messe nella bara. A significare che egli, il Pontefice “degli ultimi”, continuerà a camminare con noi.  Stando al nostro fianco. Quasi ci stesse, continuamente, a spronare. Lui che è stato anche uomo di sport “a tutto tondo”. Per realizzare quanto da lui, a suo tempo, proferito agli sportivi: “Incoraggio ciascuno di voi a vedere lo sport come un percorso di vita, in grado di costruire una comunità più solidale e di portare avanti i valori della vita cristiana: lealtà, sacrificio, spirito di gruppo, impegno, inclusione, ascesi, riscatto”. Il viaggio è iniziato. Anche il nostro. E Papa Francesco ci attenderà alla metà. Con la Speranza che porta seco le altre due virtù teologali della Fede e della Carità.
 

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Un commento

  1. Renata Asquer

    Bravissimo Gianraimondo! E’ un pezzo interessante, completo di tutto cio’ che il Papa Francesco e’stato- ed e’ ancora per moltissimi, fedeli e no.
    Hai saputo cogliere tutte le sue sfumature di carattere,umanita’e umilta, gentilezza. Ma anche la sua fermezza in tutto cio’ che non gli sembrava giusto e bene per gli ultimi.

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