A(MORS), D’AMORE NON SI MUORE: UNA RACCOLTA DI POESIE, L’ULTIMA PUBBLICAZIONE DI FRANCESCA CARTA

Francesca Carta

Presentato a Villa San Pietro, presso i locali del centro Culturale “R. Spiga”, il libro di Francesca Carta, A(mors) – D’amore non si muore – Edizioni Amicolibro, una raccolta di poesie che vede l’amore protagonista in un canto solitario.
Francesca, la poesia è musica, dialogo. La poesia è tante cose: musica, dialogo, ma spesso anche silenzio, che talvolta urla dentro più delle parole e dal quale sono nati molti miei testi. Tutto è poesia, quando si ha un cuore perennemente in ascolto e quella poesia diventa un canto, un racconto, una preghiera, una domanda o una risposta. Chi scrive tiene una porta socchiusa sul mondo, lasciando anche le chiavi appese: chiunque può entrare e trovare ciò di cui ha bisogno. La poesia alla fine è tutto ciò che vogliamo che sia.
Poesia che è costruzione interiore, un viaggio verso la consapevolezza. Tutto ciò che nasce dall’introspezione più profonda finisce poi inevitabilmente per condurci verso noi stessi. Spesso è un viaggio tortuoso, sofferto, perché non sempre ciò a cui togliamo il velo è piacevole da vedere o da sopportare, ma la poesia diventa vero e proprio strumento di supporto, terapia e infine cura, proprio quando le si consente di attraversare quell’oscurità. In uno dei miei versi dico che la poesia spesso non è altro che il pianto tradotto dell’anima: quella stessa anima che sta incontrando se stessa, forse per la prima volta, e rimane attonita, impaurita, perché sta affrontando il viaggio più complesso di tutti, quello che si fa per tornare a “casa”.
Come e quando nasce l’esigenza di scrivere? L’esigenza di scrivere, per me, è nata quando la mia anima non riusciva più a contenere il mondo di emozioni che vi albergava dentro ed è accaduto molto presto nella mia vita. Ho sempre sentito di avere un fiume in piena che cercava la sua via di fuga, che non fosse però mero “sfogo” del momento, ma costruzione vera e propria della mia “vera” me. Imbrattavo costantemente fogli di pensieri, annotazioni, sentimenti all’epoca nuovi e acerbi, ai quali non riuscivo a dare un nome, ma a cui necessitavo di dare fiato e voce. Era il mio personale modo di conoscermi, di rendermi visibile e autentica ai miei stessi occhi, scavando in quegli anfratti d’anima – come li chiamo in uno dei mie versi – che sono di difficile accesso talvolta anche per noi stessi. È curioso come ciò che a voce alta sia difficile da confessare, diventi poesia se affidato a dei fogli di carta, che diventano custodi del nostro caos, eterni promemoria di ciò che siamo stati, anche quando il vento del cambiamento ci conduce altrove. In un momento di totale distruzione, l’esigenza si è fatta poi “cura”, quando la scrittura è diventata per me un inaspettato balsamo per le ferite: vomitare parole, in maniera per lo più istintuale, mi ha liberata non dal dolore, ma dalla paura di affrontarlo, vivendolo.
Fai teatro, dipingi, canti e scrivi. Cosa lega queste forme d’arte? Sin da piccola adoravo stare sul palco: che poi fosse la sedia di cucina durante le cene di Natale di fronte ai parenti, poco importava. Mi cimentavo in piccole scenette, imitazioni, travestimenti e interpretavo diversi ruoli. Mi dava gioia farlo e vedere le reazioni divertite di chi mi osservava. Come allo stesso modo mi dava gioia disegnare, cantare, scrivere. Ricordo che ogni pomeriggio mi mettevo seduta in cucina con un foglio e una penna e disegnavo confusamente mentre parlavo: davo corpo ai personaggi che creavo man mano sul foglio, ognuno con il proprio carattere e la propria voce, imbastendo vere e proprie storie. Piccoli fumetti parlanti. Credo di aver sempre voluto in qualche modo “uscire” dal mondo nel quale vivevo, creando qualcosa di diverso, di più simile a me. E l’arte in questo è senz’altro una via, peraltro non nociva. C’è chi si aliena e si stordisce per non vedere, per non sentire, per non affrontare ciò che fa a botte con il proprio io… l’arte, invece, in ogni sua forma espressiva è un mezzo per vedere e sentire in maniera ancora più profonda e amplificata tutto ciò che c’è e che ci circonda, ma grazie a essa, al suo potere creativo, a quel femminile vivifico che la contraddistingue arrivi a capire che c’è molto altro, superata la coltre di disillusione e inadeguatezza che chi si sente alieno, inevitabilmente, prova. Ancora oggi fatico a conciliare la mia vita professionale con le mie passioni, proprio perché la mia anima non riesce a rimanere incastrata in qualcosa di statico, che non fluisca e che comunque sia incasellata in confini ben precisi. L’arte è libertà.
Cosa ti aspetti che riceva il lettore dalla lettura delle tue poesie? Alcuni ritorni li ho avuti negli anni con la mia pagina su Facebook, Schegge di Paper e l’emozione maggiore per me è stato sentirmi dire “grazie” per aver dato voce, con le mie poesie, al dolore di chi aveva perso qualcuno. Mi sono commossa sino alle lacrime più di una volta nel leggere messaggi che mi arrivavano in privato da chi stava sperimentando la perdita, il lutto e nelle mie parole diceva di ritrovare una parte di sé, del proprio dolore, e in alcuni casi finanche la forza di affrontarlo. Ecco, credo che il mio desiderio più grande, più che una aspettativa, sia proprio quello che le mie parole possano aiutare qualcuno in un momento così devastante come il lutto, se non a superarlo, quantomeno a viverlo, incamminandosi in quel personalissimo viaggio come ho fatto anche io, con uno zaino di sogni infanti e desolazione sulle spalle, ma con la consapevolezza che l’amore non finisce mai, anche quando l’oggetto di quell’amore lascia il piano fisico. Vorrei che le persone imparassero a vedere al di là del velo, i segni costanti di questo amore che vibra ovunque e ci insegna che siamo anime, non corpi. L’amore non ha morte e d’amore non si muore.

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4 commenti

  1. Giorgia Muscas

    Brava gommai ❤️

  2. Roberta Pintus

    Bella e brava la mia amica…bellissime poesie

  3. Francesca Carta

    Grazie ❣️

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