ACHILLE MELIS, LA CUCINA SEMPLICE E’ LA PIU’ DIFFICILE: CON LA MOGLIE OLIMPIA GRUSSU, GESTISCE DUE LOCALI DI SUCCESSO A COPENAGHEN

Achille Melis

Di fronte a un piatto preparato da Achille Melis, ci si sente di fronte a qualcosa di antico e allo stesso tempo sorprendentemente moderno. Il cuoco sardo, con oltre 40 anni di esperienza, racconta con passione il suo concetto di cucina: rispetto assoluto per la materia prima, equilibrio e sapori autentici. In questa intervista, ci svela il segreto di piatti che sembrano semplici, ma che racchiudono un sapere profondo. Con la moglie Olimpia Grussu gestisce due locali di successo a Copenaghen: La Vecchia Signora e San Giorgio.
Achille, parli spesso di “cucina semplice”. Cosa significa per te? È la cucina che abbiamo conosciuto da bambini, quella delle nostre radici. Ma attenzione: la semplicità è spesso un’illusione. Dietro ogni piatto ben riuscito c’è un equilibrio perfetto, che si ottiene con rispetto per la materia prima e tecnica. Con poche cose si possono creare grandi piatti, ma bisogna sapere come.
La materia prima è centrale nel tuo lavoro. Come la scegli? La materia prima non si sceglie, si ascolta. È lei che ci dice cosa fare. Io dico sempre che bisogna quasi “genuflettersi” davanti agli ingredienti, trattarli con delicatezza, accarezzarli. Una spigola di mare, ad esempio, merita un rispetto assoluto: va cucinata senza strafare, lasciando che parli da sola. Dopo 40 anni di esperienza, ho capito che più tocchi un ingrediente, più rischi di rovinarlo.
Oggi si parla tanto di “mangiare bene”. Per te cosa significa? Mangiare bene non vuol dire solo un bel piatto. Vuol dire digeribilità, qualità della cottura, equilibrio degli ingredienti. Un pasto può essere anche abbondante, ma se dopo tre ore lo hai già digerito, vuol dire che era ben fatto. Invece oggi vedo troppi piatti pesanti, ridondanti, che non rispettano il nostro corpo.
La tradizione è fondamentale nella tua cucina. Come la recuperi? Propongo piatti che non si fanno più. Ormai si mangiano sempre le stesse cose, prodotti standardizzati. Eppure, la nostra tradizione è ricchissima. La faraona, per esempio, è una carne che amo molto: profumata, salutare. La preparo con erica di Corsica, e con una affumicatura. È un processo lungo, ma dà risultati straordinari.
C’è un ingrediente che pensi sia stato dimenticato e meriterebbe di essere riscoperto? Il pomodoro. Sembra incredibile, ma il vero pomodoro, quello saporito e profumato, si trova sempre meno. A Terralba, per esempio, ne crescono di straordinari, ma ormai in molti usano solo prodotti anonimi e senza anima.
Da dove prendi ispirazione per le tue ricette? Dal mercato, dalla campagna, dalla memoria. Non ho bisogno di invenzioni strane: la nostra cucina ha già tutto. Bisogna solo saperlo recuperare.
Quanto è importante tramandare questa cultura ai giovani? Fondamentale. Siamo appesi a un filo sottile, rischiamo di perdere un sapere secolare. Dobbiamo recuperarlo e renderlo contemporaneo. Ma vedo che le giovani coppie spesso non sanno come educare i figli al cibo. Il consumismo ha travolto tutto, c’è carenza anche nel mangiare bene. Nel Nord Europa c’è attenzione crescente al mangiar bene: in Danimarca, per esempio, stanno facendo un grande lavoro di riscoperta. Dovremmo imparare da loro.
Il tuo messaggio finale? Nutrirsi non è solo mangiare. È cultura, memoria, rispetto. Recuperare le nostre radici gastronomiche non è nostalgia, è un atto di intelligenza.

https://blog.imprentas.eu/

Aggiungi ai preferiti : Permalink.

4 commenti

  1. Bravo Achille

  2. Bravo!!!!

  3. W Achille Melis , bravo!!

  4. Pier Bruno Cosso

    Complimenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *