EVA E BARBABLU’: LA PIECE TEATRALE DI EMMA FENU E PIER BRUNO COSSO PER SENSIBILIZZARE SULLA VIOLENZA DI GENERE

Emma Fenu e Pier Bruno Cosso, un vero privilegio aver l’opportunità di discutere insieme di temi così urgenti e delicati: la violenza contro le donne, la manipolazione psicologica e l’isolamento sociale. La pièce teatrale “Eva e Barbablù”, scritta a quattro mani, illustrata da Camilla Lilliu e edita da Gli Scrittori della porta Accanto nel 2025, rappresenta un atto di grande coraggio e sensibilità, affrontando questioni di profonda attualità.

Purtroppo, i dati parlano chiaro: nei primi mesi del 2025, ben 17 donne hanno perso la vita in Italia a causa della violenza. Questi numeri ci ricordano quanto sia fondamentale continuare a riflettere e a sensibilizzare su questi temi per prevenire tragedie e sostenere chi ne è vittima.

Grazie ancora per essere qui con noi oggi e per aver deciso di affrontare queste tematiche attraverso

Emma, prima di entrare nel tema dell’opera, pensi che sia importante condividere qualche aspetto della tua esperienza o della tua vita personale che ti ha avvicinato a questa tematica?  Tutte le donne hanno vissuto direttamente o indirettamente forme di violenza più o meno invasiva: la violenza non è solo fisica, è anche il controllo ossessivo, lo svilimento dell’autostima, l’isolamento da ogni contatto, la privazione dell’indipendenza economica, la manipolazione, la dipendenza tossica da una persona abusante e narcisista. Non solo le donne sono vittime di abuso, è vero, ma la cronaca e la statistica ci raccontano le storie vere di donne uccise e, prima di esserlo, sottoposte a stalking, maltrattamenti, minacce, ricatti psicologici. Prendere atto di questa realtà, essere consapevoli di vivere in un mondo in cui vige ancora il retaggio del patriarcato, a causa del quale, per esempio, a parità di ruoli e competenze le donne sono pagate meno degli uomini e non sono supportate nella conciliazione fra maternità e lavoro, è il primo passo per difendere i diritti delle donne. Abbiamo da percorrere un lungo cammino non contro, ma con gli uomini.

Emma, sul tuo personaggio: qual è stato il processo psicologico nel creare e interpretare Eva? Cosa hai scoperto su di lei mentre raccontavi una donna che si rende conto di essere in pericolo di vita? Eva è una donna giovane e fragile con scarsa autostima, un rapporto irrisolto con la madre, tanto bisogno d’amore e di sicurezza. L’incontro con Barbablù le è fatale: lui è accudente e dolce, apparentemente perfetto. Come in tutti i casi di relazione tossica, all’inizio c’è un “bombardamento d’amore” che porta la vittima a fidarsi e, senza rendersene conto, acconsentire a una totale rinuncia di rapporti a livello personale e sociale per rispondere agli inviti, che poi diventano ordini, dell’uomo abusante. E quando si rende conto di essere in trappola, quando il mostro mostra il suo vero volto, non è semplice aprire “quella porta”, scappare e ricominciare a vivere.

Secondo te, quali sono i passi fondamentali per una donna che vuole liberarsi da una situazione di abuso o manipolazione psicologica? Bisogna educare ogni bambina e ragazza a captare i segni e ripetere che se è ossessivamente geloso, non ti ama; se chiede di rinunciare alla tua vita per lui, non ti ama; se controlla i tuoi spostamenti, non ti ama; se ti limita nella libertà, non ti ama. E ancora, se ti dà uno schiaffo o ti insulta, non te lo sei meritato; se è violento, non lo hai provocato; se ti chiede di vederti per un ultimo appuntamento, non devi accettare; se ti senti vittima di una relazione tossica, non vergognarti di chiedere aiuto. E, soprattutto, è necessario insegnare alle giovani donne a amarsi e rispettarsi, riconoscendo il proprio valore.

Pier Bruno, cosa significa per te interpretare un uomo manipolatore e psicologicamente disturbato? Cosa ti ha colpito di più in questo viaggio? Il progetto è nato da un’idea di Emma Fenu, ed è stata lei che ha indicato il paesaggio dove far scorrere la narrazione. Non ti nascondo che abbiamo corretto il tiro tante volte, perché quello che veniva fuori non ci dava quella scossa che cercavamo… Poi Barbablù è diventato un mostro, quel mostro finto-gentile, ma subdolo e feroce che doveva sempre spiazzare Eva. Rosicchiarle la vita solo per metterla in difficoltà. Quante volte succede! Quante volte si fa del male così… solo per dimostrare che lo puoi fare. È il verme che alza la testa da dentro la mela marcia del patriarcato. Ma soprattutto mi ha colpito addentrarmi nei luoghi comuni, in quanto luoghi comuni, dell’uomo abusante. Nel senso che non si dovrebbe mai considerare “luogo comune” una cosa tanto orribile.

Pier Bruno, qual è stata la tua interpretazione della psicologia di un uomo che arriva a considerare il possesso l’unica forma di amore? Come hai dato voce a un personaggio che si trova sull’orlo dell’irreparabile? Un uomo vero non può considerare il possesso una forma d’amore. Lo contrabbanda per amore, ma non lo è! Se la guardi in viso e non pensi che sia la cosa più bella della tua vita, non è amore. Se ti disturba quando esce o quando indossa una minigonna, non è amore. Se la prendi per stupida, non è amore, non lo è mai stato neppure per un secondo e non lo sarà mai. Non è amore. Se pensi che sia cosa tua, non è amore, e non sai amare. E quello sbagliato sei tu, non lei.  Dopo tante discussioni e tanti studi, ancora non è chiaro come emerga questo lato perverso del maschio. È nel DNA? O è l’ambiente in cui cresci che ti fa deragliare? Le premure di un donna che ti ama sono la sublimazione della vita, e se le scambi per un tributo alla tua, presunta, superiorità, davvero non hai capito niente della vita e non stai vivendo. Forse a considerare il possesso una forma d’amore, non ci si arriva, ci si cade come in un vizio strozzando l’empatia. E, appunto, fai del male, non vivi e ti perdi. Come dargli voce? Tutte le cose che nella vita ti feriscono profondamente hanno la loro voce. Una voce che urla e ti porta sull’orlo del baratro.

Come ti sei avvicinato al tema della violenza e della manipolazione per renderlo autentico e realistico? Chi scrive racconta soprattutto le emozioni, e la rabbia è un’emozione fortissima. Fonte di sensazioni, di parole, di immagini. È una fonte avvelenata? Forse, ma un autore deve accogliere anche il veleno, lasciarlo scorrere e raccontarlo. Spesso restandone acciaccato, che tanto non c’è antidoto. E allora, come dicevo, anche la rabbia è una molla. Per tutte le cose che vanno di sghembo: rabbia e scrivi; per ogni donna intossicata da un uomo: rabbia e scrivi; per ogni Eva che vedi precipitare, e non puoi far niente, rabbia e scrivi… Inventi cose brutte, e soffri, perché vedi che in giro c’è pure di peggio. No, non si sopporta. E ti vergogni perché tu sei dello stesso genere, e vorresti chiedere scusa a tutte, una per una. Abbracciarle e chiedere scusa, perché in fondo è un po’ colpa di tutti.

Secondo voi, cosa distingue un amore sano da un amore tossico, e quali consigli dareste a chi vuole uscire da una relazione tossica?

Emma: un amore degno di tale nome non ti costringe a rinunciare a quanto ti rende felice, non ti fa soffrire, non ti porta a subire insulti, non ti fa vivere nella paura di un’esplosione di rabbia. Ma se la relazione è già in atto, non è semplice uscirne: è opportuno parlarne, chiedere sostegno e protezione nella consapevolezza che coloro che usano violenza non sono “bravi ragazzi troppo innamorati”, ma manipolatori pericolosi.

Pier Bruno: Barbablù: «Perché io a te ci tengo. Ci tengo troppo». Questa frase strozzante spesso è il primo segnale, pauroso, ma non troppo, e per questo ancora più strisciante. E allora via subito, come il vento, recitando tra sé: “Torre di controllo aiuto, le condizioni meteo sono avverse, e in peggioramento. Chiedo il permesso di decollare immediatamente!”. Via subito. Un amore tossico è un boa constrictor che non lascia scampo. Si capisce subito nel’angolo più profondo del cuore, ma non si dà retta, non si ammette mai. E intanto le spire del boa ti stringono sempre più. Decisione difficile: via, subito, senza rimorsi.

Quanto è importante trovare amicizia e supporto lungo il cammino di guarigione da una dipendenza affettiva?

Emma: abbiamo bisogno di una rete di supporto: di madri, padri, sorelle, fratelli, amiche, amici. Abbiamo bisogno di genitori di maschi che insegnino ai propri figli a essere Uomini che non identificano l’amore con il possesso. Ma non solo: è fondamentale sostenere l’attività preziosa dei centri di ascolto e di accoglienza che offrono il sostegno di figure competenti, che possono restituire autostima, o di ex vittime che sono testimoni di una vittoria.

Pier Bruno: Un aiuto è fondamentale: amici, parenti stretti o una delle tante strutture che danno accoglienza e supporto. Anzi, segnalo con particolare orgoglio una di queste, il Centro antiviolenza Galatea di Catania, nel cui direttivo c’è anche Veronica Sicari, che ha gentilmente scritto prefazione e postfazione di “Eva e Barbablù”. E mi piace ricordare che il primo embrione di questo libro, quando era ancora un solo progetto, è stato messo in scena proprio a Catania un anno fa. Un grande evento promosso da Cultura al Femminile nell’ambito delle manifestazioni “Mille voci contro la violenza”. Un esordio importante che sicuramente avrà un seguito in quelle che confidiamo saranno tante rappresentazioni future a sostegno di un’idea, di un fuoco che deve stare sempre acceso.

Qual è il messaggio più importante che volete trasmettere con ‘Eva e Barbablù’? Come pensate che quest’opera possa ispirare il pubblico ad affrontare queste tematiche?

Emma: abbiamo voluto scrivere una piece teatrale, dall’intentio divulgativa, sperando che possa essere rappresentata più volte in vari contesti: dalle scuole, ai luoghi d’incontro, alle associazioni contro la violenza di genere. Eva e Barbablù sono due archetipi: la donna che disobbedisce mordendo la mela e acquisendo coscienza del bene e del male, e l’uomo con un rapporto malato con le donne, lo stalker, il geloso compulsivo, il violento. L’assassino. Ed è proprio per questa caratteristica, quella di essere archetipi, che consentono a ciascuno, da ambo le parti, di identificarsi e riconoscersi, per salvarsi, se necessario.

Pier Bruno: Parlarne diffusamente credo che sia l’arma più potente. Mostrare chiaramente i demoni perché qualcuna o qualcuno si riconosca, come dice Emma, e scatti il campanello d’allarme per una possibile salvezza. Ma anche perché le persone che stanno vicino alle varie Eva o ai vari Barbablù riconoscano i prodromi e intervengano. Il problema della violenza di genere deve diventare coscienza collettiva, che riguarda tutti. Perché finché c’è un mostro e una vittima non ci può essere pace per nessuno.

Concludo con una piccola riflessione. L’amore come forza vitale e la lotta contro la violenza.  L’amore, nella sua definizione psicologica, è un legame profondo e autentico che si basa sul rispetto, sulla fiducia e sulla libertà. È una forza che nutre l’anima, ispira la vita e permette a ciascuno di noi di crescere e volare. L’amore sano non spezza mai le ali, ma le rafforza. 

Tuttavia, viviamo in un mondo in cui, troppo spesso, l’amore viene distorto in possesso, controllo e violenza. Le atrocità commesse contro le donne, come quelle che portano alla perdita della loro integrità fisica, mentale e spirituale, sono un grido di dolore che non possiamo ignorare. Nessun essere umano, nessun animale, dovrebbe mai essere privato della propria dignità e dei propri interessi. 

Per uscire da relazioni tossiche, è fondamentale riconoscere i segnali di pericolo: manipolazione, isolamento, svalutazione e controllo. Psicologi, psicoterapeuti e centri antiviolenza sono figure chiave per aiutare chi si trova intrappolato in queste dinamiche. Chiedere aiuto non è un segno di debolezza, ma un atto di coraggio e di amore verso se stessi. 

Voglio ringraziare Emma Fenu e Pier Bruno Cosso per avermi dato l’opportunità di esplorare un tema così attuale e doloroso attraverso la loro opera “Eva e Barbablù”. 

La loro sensibilità e il loro impegno artistico sono un contributo prezioso per sensibilizzare il pubblico e promuovere un cambiamento culturale. 

L’amore vero è una forza che guarisce, non distrugge. È un abbraccio che protegge, non una gabbia che soffoca. È un messaggio di speranza che ci ricorda che, anche nei momenti più bui, possiamo trovare la luce e rinascere. 

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3 commenti

  1. Mauro Allegrini

    Una coppia fortissima!

  2. Grazie di cuore a Annalisa Atzeni per la passione e la capacità di leggere oltre, a Massimiliano Perlato per l’ospitalità e l’accoglienza, e a Pier Bruno Cosso che ha reso questa esperienza di scrittura meravigliosa

  3. Pier Bruno Cosso

    Grazie aLla grande rivista Tottus in PARI per aprire la porta a argomenti complicati, sempre con grande sensibilità. Grazie Annalisa Atzeni per la tua bellissima recensione. E complimenti alla mia compagna di squadra Emma Fenu che ha davvero tanti meriti

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