
di SERGIO PORTAS
Stavolta per parlare di un libro ( Alessandro Aresu: “Il dominio del XXI secolo”, Cina, Stati Uniti e la guerra invisibile sulla tecnologia, per la Serie Bianca di Feltrinelli) iniziamo in modo irrituale: dai “Ringraziamenti” dove, a pag. 226 si può leggere: “Voglio menzionare inoltre il mio posto preferito per scrivere, il chiosco Palm Beach al Poetto…è stato un onore per me scrivere questo volume avendo allo stesso tempo la possibilità di svolgere ricerche sui temi relativi alle “supply chains”( in particolare la microelettronica) per la presidenza del Consiglio con il governo Draghi…”. Anche se, rispondendo a Luca Picotti in un’intervista su “Pandora”, nega di non essere condizionato dalla magia del posto: “…Qual’ è il ruolo, nel grande schema delle cose, della frequenza con cui io vado in spiaggia? Nessuno. Buon per me, ma chi se ne frega, è un fatto privato, se non per l’importanza di pubblicizzare il turismo a Cagliari. Il fatto che io possa andare in spiaggia e avere a Cagliari una qualità della vita eccezionale – altro che Salisburgo, sono un lettore di Thomas Bernhard e vorrei vedere il loro mercato del pesce rispetto a quello di Cagliari – influenza la mia teoria del capitalismo politico, o le vicende di ASML, BYD, CATL, DeepMind, Huawei, OpenAI, SpaceX, Tesla, TSMC che ho descritto nei miei libri? No”. Il libro è il secondo di un trittico, il primo: “Le potenze del capitalismo politico”, è uscito per la Nave di Teseo nel 2020, l’ultimo: “Geopolitica dell’intelligenza artificiale” per le “Scintille” di Feltrinelli, un paio di mesi fa. Rispondono tutti, e cercano di dare risposte coerenti alla medesima domanda, di come stia andando questo nostro mondo. Da un punto di vista geopolitico, privilegiando una narrazione per macro aree (Stati Uniti, Cina, Europa, Asia) e lasciando sullo sfondo l’attualità più contingente, che sta squassando la gente di Ucraina, Gaza e Medio oriente, Sudan, Congo. Con punte di crudeltà davvero mai viste. Grazie ad una “app” che si chiama Kody (scaricabile in internet), si può, col computer, vedere anche la televisione di “Aljazeera”: sotto le immagini delle tende dei palestinesi zuppe di pioggia e allagate dal fango, scorre una triste conta del “Genocide in Gaza”: a quest’ora 45.541 morti, 108.338 feriti, 835 i morti nella West bank, il 70% dei quali sono donne e bambini. Come scrive Roberto Della Seta sul “Manifesto” di domenica 29 dicembre: “Genocidio o no, Israele è un paese criminale”. Sottoscrivo. Tutti i sistemi di morte che vengono messi in atto, compresa l’intelligenza artificiale che addirittura è capace di calcolare la percentuale di probabilità che i combattenti di Hamas si nascondano in questo o quell’ospedale, e quindi dare ai carri armati e agli aerei le coordinate dove bombardare, sono governati dalla microelettronica, dai “chip” di silicio, capaci di assommare in pochi millimetri quadri, miliardi di contatti, di informazioni. Il silicio, scrive Aresu, è l’elemento più abbondante nella crosta terrestre. “Ma questa diffusione del silicio conta fino a un certo punto, poiché per la microelettronica occorre ottenere cristalli purissimi di silicio, che non esistono in natura. Gli avanzamenti della tecnologia e dell’ingegneria riguardano quindi le capacità di lavorare bene il silicio, in modo sempre più preciso e definito, per migliorare la potenza di calcolo e le prestazioni, a fronte di un minor consumo energetico. Gordon Moore (uno dei fondatori di Intel) nel 1965 enuncia la cosiddetta “legge di Moore”: stabilisce un obiettivo (indicato per convenzione col raddoppio dei componenti integrati su un circuito ogni due anni) con implicazioni sulla potenza di calcolo, la tecnologia e il mercato. Ai tempi della sua elaborazione un circuito integrato contiene poche decine di transistor. Oggi può contenerne decine di miliardi” (pag.17). E chi riesce a fabbricare “chip” sempre più sottili e potenti ha come mercato il mondo intero. Oggi questo primato non è né cinese, né americano, è dell’isola più “potente” del mondo: Taiwan. E questo grazie alla storia fantasmagorica di un cinese, Morris Chang ( come la maggior parte degli abitanti di questo pianeta, non sapete che viviamo nel “suo” secolo) nato nel 1931 da una famiglia borghese, che nel 1949 va a studiare negli Stati Uniti ( oggi di ospitare troppi studenti cinesi gli USA non ne vogliono più sapere). Qui fa anche carriera, diventa vicepresidente della Texas Instruments ma, quando oramai ha 52 anni, nel 1983 fa ritorno in Asia e si lascia convincere dai governanti di Taiwan a diventare presidente dell’Istituto di ricerca sulla tecnologia industriale. In quegli anni la “guerra dei chip” si svolgeva tra USA e Giappone, nel 1989 le imprese statunitensi detengono solo il 35% del mercato globale, i giapponesi il 51%. Chang punta sulla produzione per conto terzi attraverso enormi fabbriche, ognuna delle quali specializzata in pochi componenti che dovranno poi essere assemblati, in un luogo che non ha tecnologia avanzata ma che si sta attrezzando al meglio per formare e gestire talenti, e per costruire un’insuperabile capacità organizzativa (pag.23). Tsmc compra anche componenti da tutto il resto del mondo, design/ progettazione, strumenti software, la chimica (si stima che nel processo manifatturiero siano necessari circa quattrocento prodotti chimici) e “tutto questo deve essere sincronizzato, per garantire la tenuta del mondo contemporaneo: dei server, degli smartphone, delle automobili, dei frigoriferi, delle armi e così via” (pag.24). Sono queste le “supply chains”, le catene di approvvigionamento, che debbono funzionare sempre, h24. Diversamente, il mondo come lo conosciamo noi, semplicemente si ferma. Si opera in micron (miliardesimi di metro), taiwanesi e la coreana Sansung, i leader del mercato sono a 5 nm e puntano ad arrivare a 2, la grande Cina arranca con le sue fabbriche a 14 nm e punta ai 12 nm, nel 2020 il la repubblica Popolare ha importato semiconduttori per 378 miliardi di dollari, le costano più delle importazioni di petrolio! Ma come si fa a stampare sul wafer di silicio il circuito integrato quando le superfici interessate sono invisibili a occhio nudo e quasi al microscopio elettronico? Qui la “vecchia Europa” ha battuto un colpo. E’ a Veldhoven, in Olanda, un comune di 40.000 abitanti che “ha trovato casa la più importante azienda di cui non avete mai sentito parlare” (pag.188) : si chiama Asml. La sua storia ha inizio nei laboratori di fisica di Philips (nascono nel 1914), in collaborazione con una storica azienda tedesca di ottica nata nel diciannovesimo secolo: Carl Zeiss. “In estrema sintesi, il wafer di silicio viene coperto da un materiale speciale e la macchina è utilizzata per proiettare il circuito integrato nel wafer” (pag.194). La Zeiss di Jena nasce nel lontano 1846 (si era presa il mercato mondiale per binocoli, lenti fotografiche, telescopi) ma il salto di qualità data 1891 con il suo amministratore Ernst Abbe, un imprenditore alla Adriano Olivetti, che anticipa la legislazione sociale, la democrazia industriale, l’assicurazione per i lavoratori, i servizi di sanità e sicurezza, la partecipazione dei dipendenti ai profitti. Ci sarà una vera rivoluzione, scrive Olivetti su “Ordine politico delle comunità” (1946) quando la sua storia sarà normale e non il “risultato straordinario e irriproducibile di circostanze e di uomini eccezionali” (pag.196). E’ dagli anni ottanta che si comincia a parlare di litografia ultravioletta estrema. Occorrono laser a CO2, un plasma di stagno che emette raggi ultravioletti che vengono raccolti da un sistema di specchi (40 strati alternati di molibdeno e silicio), un collettore che deve essere tenuto sotto vuoto, campi magnetici che deviano gli ioni prodotti su il reticolo preciso al nanometro (controllato nei suoi difetti con un microscopio a forza atomica). Nasce la “Macchina”, anche grazie agli apparati di sicurezza USA che permettono alla azienda olandese di fare acquisti tra quelle simili della silicon Valley, la più avanzata ha un costo di listino di 150 milioni di dollari, servono quaranta container, venti camion e tre Boing 747 per spostarla. E la manutenzione richiede una specifica assistenza. Nel 2021 Asml ne ha vendute 42. Il libro è ricco di svariate altre “guerre” tra nazioni, la Repubblica popolare cinese sta vincendo alla grande quella dell’elettrico, è di qualche giorno fa la notizia che in Cina circolino oggi più auto elettriche che a combustibili fossili. E le auto elettriche cinesi non hanno rivali in quanto affidabilità e prezzo. Da qui i guai anche di un colosso come Wolkswagen e di tutta la catena dell’auto in Europa e non solo. Cruciale è possedere la tecnologia per raffinare i materiali di litio grezzo, indispensabili per le batterie (ogni batteria dai 60 ai 30 chilogrammi di litio), provenienti dalle miniere australiane, canadesi, boliviane. La Cina è leader mondiale, così come per le cosiddette “terre rare” (gallio, niobio). Occorre accaparrarsi il cobalto delle miniere congolesi, il 71% del mondo (in cui spesso bimbi di pochi anni sono costretti a lavorare in stato di semi-schiavitù), la principale è controllata dal gigante minerario Glencore, quello che vuole chiudere la linea dello zinco a Portovesme. E non poteva mancare un capitolo dedicato a Elon Musk, alla sua “follia” di voler comprare i razzi dalla Russia (che non glieli venderà) per portare in orbita i suoi satelliti. Li costruirà lui. La sua “follia” di impiantare fabbriche della sua “Tesla” anche in Germania e in Cina. La sua “follia” di comprarsi (a caro prezzo) un “social” come “Twitter” (ora X) con cui influenza le elezioni democratiche di mezzo mondo. E poi la “guerra” che gli USA fanno a “TikTok”, accusandolo di fornire i suoi dati dei suoi clienti alla Cina; i migliori droni del mondo (costano poco e sono affidabili) che si costruiscono in Turchia, grazie alla intuizione di tale Selcuk Bayraktar (inizia a lavorare sui droni all’Università della Pennsylvania, poi al MIT di Boston), sposerà una delle figlie di Erdogan. Oggi vende droni agli eserciti più importanti del pianeta. Durante i suoi due mandati Obama autorizza 542 attacchi di droni (e gli hanno dato anche il Nobel per la pace)! Insomma un libro indispensabile che apre gli occhi sulla “trama invisibile della nostra epoca, della nostra civiltà delle macchine, i cui tratti sono sempre più evidenti, anche per soggetti inconsapevoli come gli europei”(pag.11).