‘CANEDDU’, GRANDE VOCE DELLA POESIA SARDA: ANTONIO SEBASTIANO CANU FU INSEGNANTE, POLITICO, RICERCATORE E CULTORE DELLA LINGUA IN VERSI

Nonostante a nove anni sia rimasto vittima di un tragico incidente che gli era costato la perdita di un braccio, Antonio Sebastiano Canu, noto Caneddu, nato ad Oliena il 22 ottobre 1939, non aveva mai perso il sorriso e la voglia di vivere.

Con gli amici era andato in campagna alla periferia del paese per cogliere fave, quando attratto da un passerotto che si era posato sui fili elettrici ad alta tensione, ignaro del pericolo voleva raggiungerlo ad ogni costo. Aveva scalato il palo oltrepassando ogni limite e quando pensava di averlo raggiunto, una scarica elettrica lo riconsegnò alla terra dove mani pietose lo raccolsero privo di sensi. Immediato il ricovero in ospedale e l’amputazione del braccio sinistro ormai carbonizzato.

Persona onesta e talento naturale, amava cantare in sardo e lo faceva con passione, quasi a voler unire il suo al canto dell’amico in volo.

Era anche un gran lavoratore, coltivava l’orto e la vigna, cantava i valori della terra, dell’amicizia, della famiglia e del lavoro. Sempre vicino agli ultimi, non risparmiava rimproveri ai signori della politica che poco si curavano della Sardegna, “Zertu tipu ‘e politica riduidi/s’Isula a colonia e desertu” da Pro sa festa “Unidade autonimistica” a Lula. Cantava contro i sequestri, la droga, mali che colpivano la società e soprattutto i giovani.

Presenza assidua e di rilievo nei vari paesi della Sardegna durante le manifestazioni poetiche dialettali anche improvvisate, era una delle voci più significative della poesia isolana.

Appassionato ricercatore della cultura isolana, ne custodiva qualsiasi testimonianza linguistica e poetica.

Per l’armonia e l’emozione che sprigionava coi suoi versi ancora oggi viene considerato uno degli interpreti più genuini della tradizione poetica dialettale resa ufficiale da Antonio Cubeddu, Gavino Contini e tanti altri che con i loro versi hanno dato lustro alla poesia estemporanea sarda. La sua fama aveva presto varcato i confini di Oliena e le sue poesie sono state pubblicate su varie riviste, fra cui L’Ortobene dove è stato anche collaboratore e S’Ischiglia, mentre su Frontiera scrisse di Raimondo Congiu (1762 -1813), uno dei più noti poeti italiani in lingua sarda del suo tempo e di Padre Giov. Antonio Solinas (1643-1683) il gesuita sardo missionario nel Chaco.

Diploma magistrale, aveva insegnato in diversi paesi prima di rientrare ad Oliena. Ha militato nel PSd’Az, sindaco di Oliena per alcuni mesi quando Mario Melis era stato eletto in Regione.

Maggiore di sette figli, aveva sposato Rita, una giovane donna di Monserrato e da quel matrimonio era nata un’unica figlia, Raffaela, rimasta orfana a 5 anni, oggi 44enne, laurea in ingegneria informatica a Milano dove vive e lavora.

“Mio padre era l’amico di tutti – dice -. Lo ricordo, mite, buono e premuroso. Mi diceva sempre: “Sei in gamba, figlia mia”. Trascorrevamo tanto tempo assieme e con lui mi divertivo tanto. Era lui ad accompagnarmi ogni giorno alla scuola materna perché mia madre usciva presto al lavoro. Non mi leggeva le favole, mi raccontava invece l’Odissea in sardo. Eravamo sempre in giro per le feste paesane della Sardegna dove lui era una presenza costante nelle gare di poesia”.

L’ultima volta che l’ha visto? “Lo vidi per l’ultima volta al momento del suo funerale, purtroppo. Ero piccola e mia madre mi aveva tenuto lontana da casa in quel triste momento. Aveva accusato un infarto intestinale e due giorni dopo il ricovero è morto in ospedale. Non ce lo aspettavamo, è successo tutto molto rapidamente. Aveva solo 46 anni”.

Cosa gli direbbe oggi? “Che mi è mancato e mi manca tanto. Di sicuro gli avrei chiesto consigli su come affrontare la vita in maniera più consapevole, talvolta ancora oggi sento la necessità di averlo al mio fianco. L’ho sempre visto come persona molto equilibrata e riflessiva”.

Nel 1986 gli amici lo hanno voluto ricordare con manifestazioni commemorative e con la pubblicazione del testo “Boghes de poesia pro Antoni Canu”, prefazione di Prof. Sebastiano Putzu e note biografiche a cura del Prof. Michele Salis. Una raccolta che non soltanto contiene alcune delle sue poesie più significative ma anche numerosi componimenti a lui dedicati “dae sos amigos chi l’an cherfidu ammentare in su primu annu de sa morte”.

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