Stefania Secci
di FEDERICA CABRAS
«Vorrei che nessuno si sentisse solo, in determinate situazioni di pericolo: se qualcuno ha bisogno, può contattarmi perché tutto si può affrontare insieme. Spesso basta anche solo un messaggio, un “ciao, come stai?”, per cambiare la giornata di qualcuno. Credo molto in gentilezza ed empatia, quando parlo di divulgare “raggi di sole” intendo questo, portare sempre più in largo le mie perle di sensibilità: tutti dovremmo collaborare ed essere uniti e solidi per combattere le dinamiche sbagliate del mondo. Non posso cambiare il mondo, questo è utopia, ma se tutti corressimo verso gli stessi obiettivi forse qualcosa potrebbe cambiare. Credo anche profondamente che pene più severe potrebbero far sì che qualcuno ci pensi due volte prima di compiere reati di violenza di genere.»
Grande traguardo per la giornalista investigativa cagliaritana Stefania Secci, a Genova per lavoro: il 29 giugno in Campidoglio le è stato assegnato infatti il premio Donne d’Amore, prestigioso riconoscimento per le battaglie che porta avanti da sempre. Attivista contro la violenza di genere – fisica e psicologia, in ogni sua forma –, ha un obiettivo: «La mia mission nasce dalla mia esperienza personale come vittima di bullismo, violenza psicologica e abusi. Ho tramutato le mie ferite interiori in uno tsunami di energia contro la violenza in qualsiasi sua forma, cercando di dare una mano concreta alle vittime di bullismo e cyberbullismo, discriminazione, omofobia, violenza fisica e psicologica, schierandosi sempre dalla loro parte. Sono madrina di un’organizzazione di volontariato “Faro Giuridico”, attraverso cui metto a disposizione un team di legali, psicologi, forze dell’ordine e professionisti a qualunque vittima di soprusi. Collaboro anche con DonneXStrada (grazie alla quale sono stati istituiti i famosi Punti Viola). Utilizzo la potenza dei miei social per attuare la mia mission come “divulgatrice di raggi di sole”. Ovvero sensibilizzare il più possibile alle tematiche sulla violenza di genere, estrapolando storie di violenza psicologica e fisica, portando spunti di riflessione, smuovendo le coscienze, spronando le personalità più timide a far valere i propri diritti ed esponendosi in prima linea verso faccende molto complesse. Infatti, in veste da giornalista investigo su situazioni torbide, portando alla luce casi di soprusi, violenze, truffe, raggiri e collaborando con le forze dell’ordine per condurre le indagini. Proprio grazie al mio impegno sociale, sono stata ospite di importanti manifestazioni internazionali, tra cui il Locarno Film festival, il Festival di Venezia, Festival del cinema di Roma, il RIFFF.»
Non ha una sede fissa di lavoro perché, come specifica, «lavoro ovunque venga richiesto il mio aiuto.»
«Nulla per me è irraggiungibile!» continua. «Infatti quando trovo mail e messaggi sui social di persone che mi contattano in cerca di consigli e aiuto, io mi emoziono tantissimo perché mi rendo conto di divenire per loro sempre più un punto di riferimento. Mi riempie di gioia sapere di essere il volto testimonial delle loro stesse battaglie!»
Grande emozione per il premio in Campidoglio.
«Sentivo nell’aria qualcosa di bello ma io sono una persona umile e non credevo che potesse mai arrivarmi un riconoscimento del genere, a livello internazionale. Questo è stato veramente un momento super importante per me, perché rappresenta il frutto del mio duro lavoro di informazione e sensibilizzazione contro la violenza di genere. Ma anche il frutto delle mie nuove vesti da giornalista investigativa, grazie alle quali da diverso tempo sto collaborando con le forze dell’ordine per fare luce su alcuni casi, aprendo delle vere e proprie inchieste. Battendomi con tutte le mie forze per ottenere giustizia per tutte le vittime. Questa è la mia natura» spiega. «”La paladina della legge” qualcuno mi diceva in passato in modo sarcastico. Ma loro forse non sapevano che oltre al cuore, io la faccia ce la metto veramente nelle mie battaglie, andando a fondo alla ricerca della verità. Perché le grida di aiuto delle persone in difficoltà, sono diventate ora le mie battaglie. E ne vado fiera! Ma la soddisfazione più grande è stata ritrovarmi circondata da delle persone veramente speciali, ovvero delle splendide donne che sono fiera di aver aiutato in qualche modo. Loro erano lì con me, fisicamente ma anche solo con il pensiero, per celebrare questo traguardo. Perché questo riconoscimento, racchiude anche tutte le loro vittorie e rivincite, in un mondo che spesso è stato ingiusto e crudele con loro. È a loro che voglio dedicare questo premio, ringraziandole soprattutto per aver riposto in me la vostra fiducia, siete splendide e meritate di brillare!»
E si è presentata con un abito particolare, che rendesse l’idea di quello per cui Secci combatte, giorno dopo giorno.
«Sulla sua stoffa spunta subito all’occhio una “silhouette dorata”, quella di una donna a cui tante volte nella vita sono stati calpestati i diritti, levata la dignità, negata la libertà e strappati i sogni. Sulla sua pelle, io e Ajia Bernacchia abbiamo voluto incidere solo ALCUNE delle frasi che le sono state dette almeno una volta nella vita. Frasi di vittimizzazione che si contrappongono con delle riflessioni di consapevolezza su una società in cui troppo spesso emerge la cultura dello stupro, quella del “te la sei cercata”. Perché per questa società ce la siamo sempre cercata quella molestia, quella palpatina sul sedere, quella violenza… tutti a dirci come avremmo potuto evitarlo, educate sin da piccole a non tornare troppo tardi la sera, perché se siamo da sole potremo incontrare anche la morte. Ma quanti si preoccupano di educare i propri figli maschi al rispetto della donna? Quanti si preoccupano di insegnare ad accettare anche i NO? Forse è proprio da qui che potremo iniziare. Perché è facile dire e far accettare un Sì, ma voi genitori avete mai provato a dire NO? A partire dall’educazione sulla tematica del consenso, perché davanti a un NO occorre fermarsi senza alcuna esitazione. Non esiste abito sexy, tacco 12, make up o atteggiamento che possa giustificare una violenza. Normalizziamo questa società che qualsiasi azione senza consenso, è violenza. Chi giustifica o trova attenuanti a tutto ciò, è complice quanto il carnefice. Vogliamo solo essere rispettate, non protette. A gran parte di questa società manca tanta empatia e rispetto verso il prossimo.»
E per i progetti prossimi, dà qualche info: «Diciamo che da mesi sto indagando su un caso veramente grave in cui sono coinvolte diverse persone e purtroppo ho trovato tantissime vittime. Anche di violenza sessuale. Non posso sbilanciarmi troppo perché sto collaborando attivamente nelle indagini con gli inquirenti e forze dell’ordine, ma posso assicurarvi che a breve questo caso farà un bel botto, smuovendo diverse coscienze e realtà. E sono certa che alcune realtà cambieranno. Posso dirvi che anche stavolta ho avuto la conferma di quanto la mente umana possa essere meschina e spregevole. Ma ho anche appurato quanto sia potente la forza dell’unione e del supporto, soprattutto nelle vittime di soprusi che forse per la prima volta si sono sentite accolte, protette e al sicuro, ma non giudicate.»
La violenza di genere la stanno subendo i generi storici… Noi maschi non andiamo più bene… Le femmine non vanno bene… Alla fine saremo noi perseguitati