
di FEDERICA CABRAS
«Bisogna credere nella potenza di questi piccoli paesi, di queste piccole realtà che hanno tanto da dare. Per cui io dico ai giovani: se avete un sogno, se avete una passione, inseguiteli: i sogni non sono fatti per restare nei cassetti ma per essere realizzati. Bisogna crederci e provare. Anche se restare nei propri paesi d’origine spaventa, se si ha una passione il lavoro uno se lo crea con diligenza, impegno e costanza ma soprattutto credendo in quello che ha.»
Si chiama Patrizia Atzori e, nonostante la sua giovane età, 27 anni, ha già sperimentato il mondo del lavoro a lungo facendo poi la sua – sudata ma amatissima – scelta: quella di tirarlo fuori dal cassetto, quel vecchio desiderio che odora di Isola e di tradizione, di antichità e modernità che si prendono a braccetto per ballare il ballo sardo, di granito e di donne che sanno portare avanti quel che il passato ha donato loro. E di farne un lavoro: il ricamo scorre nel sangue delle donne sarde dall’alba dei tempi e la Atzori, con Cosire, lo sta portando avanti alla grande.
Ma non è stata una scelta semplice, tutt’altro. Patrizia, che abita a Sini (paesino con meno di 500 anime), inizia ad appassionarsi a quest’arte arcaica sin da piccina. Del resto vede sempre la nonna china a ricamare e la guarda estasiata. La mamma poi le fa da prima insegnante.
«Avevo otto anni e mia madre mi insegnò come sistemare un bottone, o lavorare ai ferri o al punto croce. Ero comunque molto appassionata. Creai anche una custodia per il cellulare a punto croce, c’erano due omini che ballavano. Spesso, all’ora di ricreazione, creavo con i ferri.»
Poi però la sua strada sembra prendere una direzione differente. Dopo le medie, Patrizia si iscrive all’Alberghiero, Sala e Vendita. È felice, sceglie quella scuola perché non ama l’idea di iscriversi all’Università e vuole, dopo il diploma, inserirsi subito nel mercato del lavoro. È anche molto brava in quello che fa, si impegna a mille e infatti, dopo il diploma, trova lavoro a pochi chilometri da casa sua in un ristorante stellato. Si fa notare per determinazione, impegno e costanza. Diventa, in pochi anni, Responsabile di Sala.
Certo è che, scavando un pochino indietro, quello che sarebbe stato il suo futuro era più chiaro del sole che sorge: difatti Patrizia per il suo diciottesimo compleanno mica sceglie un vestito costoso, no, o una consolle, uno smartphone o un Pc nuovo. No, lei sceglie di avere, come regalo dai suoi genitori, un abito tradizionale di Sini tutto suo, da poter sfoggiare nelle feste paesane.
Ma torniamo a noi, al presente. Patrizia ha venticinque anni. Ha un lavoro a tempo indeterminato in una posizione molto elevata. Ma poi il Covid si abbatte su tutti noi e ci obbliga a pensare. Molti dicono di aver trovato, in quel periodo così carico di ansia e agitazione, anche alcuni perché alla propria vita. Alcuni bug del sistema della quotidianità. E anche Patrizia ne individua uno. Si chiede dove si sarebbe vista dopo dieci, vent’anni. Lì? Al ristorante? O a fare qualcos’altro?

Be’, proprio allora fa una scelta.
«È come rinchiudere una cosa viva dentro una scatola. Per un periodo di tempo puoi tenerla buona, può stare ferma, ma poi esplode. La scatola si apre. Pensai al fatto che avessi venticinque anni, perché dovevo vivere infelice? Sì, l’azienda mi aveva dato tanto, ma io avevo qualcosa che bolliva. Mi dissi: mi butto, faccio questo salto, male che vada ritorno indietro.»
Dopo essersi licenziata, la ragazza fa dei corsi. Sa bene che quello che si impara a casa, da autodidatta, non è sufficiente. Così conosce Marinella Serra di Villanovaforru: lei è tutt’oggi la sua insegnante di ricamo.
«Ho conosciuto un mondo totalmente diverso: c’erano segreti, tecniche delle quali non sospettavo l’esistenza. È stato bellissimo e importante: le cose vanno fatte bene.»
Del resto, come chiarisce l’adesso 27enne, tutto questo era già dentro di lei, pronto a spiccare il volo: solo, non aveva ancora un nome. Così nasce “Cosire” come nome per quello che Patrizia Atzori ha creato partendo dal sogno di una vita. Le sembra un nome adatto sia ai sardi che a chi la Sardegna la vuole conoscere partendo dalla tradizione.
Adesso, Patrizia realizza scialli tradizionali (interamente fatti a mano in ogni passaggio, dall’imbottitura alla decorazione fino alle frange) ma anche altri oggetti come fiocchi ed elastici per capelli personalizzati, orecchini, portachiavi, asciugamani e altre cose.
«Sempre uno sguardo alla tradizione: i miei pezzi la richiamano senza mai stravolgerla o non rispettarla. Mai qualcosa di lontano dal classico: se una persona mi chiede per esempio le spighe blu io non accetto, farei un torto al mio essere sarda. Anche i fiocchi per capelli vengono realizzati con lo stesso tessuto degli scialli. Mi sembra un buon modo sia per non buttare nulla, visto che il tessuto ha un costo elevato, e sia di far rivivere la Sardegna che fu in oggetti d’uso quotidiano.»
E le idee? Anche per caso, come spiega. «Posso vedere un fiore che mi colpisce e allora lo rielaboro nella mia mente e creo qualcosa che abbia a che fare con quei colori e con quelle forme.»
«L’arte del ricamo dobbiamo valorizzarla noi giovani,» continua «oggi solo le anziane hanno queste perle da regalare e ci dovrebbe essere appunto una collaborazione tra vecchie e nuove generazioni. Solo collaborando e trasferendo le proprie conoscenze ad altre persone si possono portare avanti arti che si perderebbero.»
E per quanto riguarda i progetti a lungo termine, la Atzori non è chiusa a nuove collaborazioni, anzi. Ne ha instaurato una anche con un orafo di Dorgali, Mattia Patteri: del resto, entrambi hanno la stessa filosofia, lei con il ricamo e lui con la filigrana.
E siano benedette le persone che amano questa terra così tanto da volerla proteggere in toto, a partire da queste cose.
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