Antonietta Garippa
di LUCIA BECCHERE
“L’archivio dell’avvocato Oggiano è intoccabile. Lo studio è lo studio. Le carte sono a disposizione di tutti, ma devo essere io a maneggiarle. I fascicoli sono sacri, raccontano la storia, contengono verbali con indicazioni importanti, custodiscono lettere che l’avvocato ha indirizzato al collega avversario e viceversa, con osservazioni e argomentazioni di grande interesse in relazione alla causa”.
Così l’avvocato Antonietta Garippa, 94 anni compiuti a maggio. Sguardo vivo e penetrante, fisico esile e minuto, carattere forte e determinato, conserva intatta la sua carica di eleganza e di pungente ironia, mai saccente nel sostenere il proprio pensiero.
Nata nel rione antico di Seuna nel 1929 da padre fonnese maresciallo di finanza e madre nuorese casalinga, una sorellina morta piccola e due fratelli oggi scomparsi, è una “nugoresa bertera”. Elementari al Podda, alunna di maestra Marcello e maestra Rossi mentre non ricorda nessuno fra i professori delle medie, liceo ginnasio a Nuoro e laurea in giurisprudenza a Sassari. Solo due donne del capoluogo barbaricino si erano iscritte in legge in quell’ateneo, la Garippa e Ninni (Graziella) Pirisi che dopo un breve praticantato nello studio del padre Cosimo, eserciterà la professione altrove.
“Avrei voluto fare medicina – racconta -, ma c’è stato un fermo rifiuto da parte della famiglia perché il corso di studi era lungo e oneroso. Mia madre voleva che io facessi la maestra per realizzarsi tramite me, rimpiangeva sempre il sogno di non esserlo diventata.
E’ stata proprio lei – prosegue – al principio scioccata nel vedere la figlia avvocato, ad accompagnarmi da Oggiano, un avvocato di grido al pari di Pietro Mastino. Mite, quieto e riservato il primo, sveglio, scattante e battagliero il secondo. Completamente diversi eppure c’era qualcosa che li univa dal profondo”.
Ricorda anche i fratelli Cualbu rispettivamente padre e zio di Gianfranco scomparso di recente, Gonario Pinna e Filippo Satta Galfrè assiduo frequentatore dello studio che, alla giovane praticante, ogni giorno scriveva bigliettini firmandosi zio Filo e dopo una breve passeggiata serale al corso era solito accompagnarla fino alla chiesa delle Grazie.
Si era innamorato di lei? “Macché! Non era tipo da sposarsi quello”.
Un ricordo particolare nella sua professione? “Nel civile non c’è niente di specifico se non qualche incidente probatorio. Non ricordo niente di eclatante, ma nessuna causa era piatta, nessuna. Ogni causa aveva la sua enorme importanza perfino nella durata, talvolta di 40 anni”.
Chi era Luigi Oggiano? “Una persona straordinaria. Penetrava l’animo del cliente in maniera incredibile. Lo memorizzava, posso dire che lo fotografava. Era tutta povera gente che veniva dalla campagna e raccontava i suoi problemi. Lui metteva tutti sullo stesso piano, il Presidente della Repubblica e il contadino. Non c’era differenza fra il cliente col cappello e quello con sa berritta.Tutti conoscono la sua bontà infinita. Quando si veniva a conoscenza che il cliente non avrebbe potuto pagare, mai è stata fatta la pratica per avere alcun rimborso. C’era lui, l’avvocato gratis. Una lezione di vita incredibile, un insegnamento silenzioso, fatto di esempi. La mia fortuna più grande è stata quella di aver sempre lavorato nello studio Oggiano”.
Ricorda i suoi colleghi di lavoro? “Antonio Corda, Giannetto Soddu e il ragazzo di studio che quando entrava il cliente usciva nell’andito”.
Come trascorre le sue giornate? “Non mi rimane tempo vuoto, faccio di tutto. Leggo giornali e libri”.
E’ credente?
“La risposta mi viene un po’ puntassusu. Per lunghi periodi non potevo fare a meno di andare in chiesa. Ora no. Non ho rifiuti. Che sia un cattolico o di altra religione non ha importanza, è la fede che hai in quell’Essere, in qualcosa di superiore che ha creato il mondo e ci governa”.
A che età ha maturato questa consapevolezza? “Non lo so, non pensavo di incontrare lei che mi chiedeva questa cosa. Per una serie di problemi, tutto è cambiato. E’ stato lento. Perché e per come o come mai, sono domande per le quali non ho risposte”.
Lei non è agnostica. Si avverte che è combattuta su questo problema. “Accidenti che me l’ho messo. Credo che questo problema rimanga sedimentato. E’ andata così, cosa devo dire, bugie”?
Ha contratto un matrimonio religioso? “Si, perché fuori dalla chiesa non lo volevo fare. Ho battezzato i figli. Facevo la confessione ogni settimana” (e qui si interrompe. Mi offre un cioccolatino, credo proprio per deviare il discorso nda).
Consiglierebbe ad un giovane di fare l’avvocato? “E’ una professione bellissima. Non c’è cosa migliore per rapportarsi con il prossimo. L’avvocato è un confessore a cui non bisogna mentire. Eppure molti non dicono la verità, ma l’avvocato ci arriva in altro modo a fargliela dire, nell’interesse del cliente”.
Lei è un mito, avvocato. La ricordano tutti. “Ma è proprio sicura che stia parlando di me? Guardi, di avvocatessa Garippa c’è mia nipote”.
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