di PAOLO CERNO
Come sempre, quando si raccontano le vicende della Brigata Sassari al Circolo dei Sardi “Montanaru” di Udine c’è il pienone, specialmente se a farlo, sono i già apprezzati e noti Paolo
Gaspari, autore ed editore del libro in presentazione e il giovane, ma documentatissimo storico, Marco Pascoli del quale, ancora ricordiamo con piacere, la guida nel 2016 della visita sul carso nei luoghi fatidici delle gloriose battaglie della Sassari.
Ci siamo così ritrovati, pigiati, nella sera dell’11 marzo 23 e, nel salone del circolo, c’erano anche dei volti nuovi in quanto il titolo del libro e della conferenza, parlava anche di: Arditi, Alpini e Bersaglieri, il meglio cioè delle nostre Forze Armate, interesse personale assicurato!
Riascoltiamo Marco Pascoli ricordarci che, dopo le disastrose prime battaglie in cui il nostro Regio Esercito, ancora impreparato e peggio attrezzato, si trascina alla fine del 1915 con il morale non certo alle stelle.
La Brg.ta Sassari era nelle retrovie, dopo mesi di Carso, a ricostruire le fila decimate nelle trincee delle “Frasche”, dei “Razzi” e poi in quell’ampia dolina chiamata la “Fossa dei Bersaglieri” per le innumerevoli vite di quei valorosi soldati spese nel vano tentativo di conquista, poi riuscita ai Sassarini non senza perdite e più tentativi. Anche se il 1915 non termina in modo favorevole pel nostro Esercito, non è del tutto vero che eravamo già sconfitti, afferma, prendendo la parola l’editore Gaspari.
Il mitico Gen.le Carlo Sanna è il comandante della Sassari; “Babbu” proibisce, per dovere “d’ufficio” l’uso della “pattada”. il micidiale coltello d’acciaio crudo, fedele, vero amico di ogni pastore sardo degno di tale nome ma, nei colloqui a tu per tu col “thatarino”, si assicura che lui ne abbia uno in tasca. I “dimonios” i “rod toifels” sono il terrore dei “crucchi”, che li sentono solo quando li hanno addosso, più che vederli sbucare silenziosi nelle notti senza luna nelle trincee, armati del loro coltello che non fa rumore e non perdona. Da secoli i pastori sardi sanno vedere di notte ogni più piccolo movimento e ne sanno approfittare. Da ciò deriva l’avversione istintiva del, pur ottimamente addestrato e valoroso soldato austro/tedesco, pel “corpo a corpo” che temono e rifuggono, sanno combattere solo inquadrati e con adeguata copertura d’artiglieria, meglio se, come a Caporetto, predominante.
La Sassari è ormai diventata una Brigata d’assalto e viene inviata d’urgenza sull’Altipiano d’Asiago a cercar di tamponare la massiccia offensiva in atto da parte degli austro/germanici.
Anche gli Italiani avevano un’arma nuova e spesso determinante: gli Arditi, erano tutti volontari, e che non sono, afferma Paolo Gaspari, i fondatori del Fascio del dopoguerra, come spesso vengono indicati, bensì dei soldati, e ufficiali particolarmente coraggiosi e sprezzanti del pericolo, oltreché allettati dal bel soprassoldo che ottenevano facendone parte: 20/30 % in più, oltre alle 50 lire a testa per ogni mitragliatrice presa, 5 lire per ogni fucile e,ben 500 per un cannone. Appartenevano e mantenevano infatti, la divisa ed il copricapo tipico di ogni specialità: alpini, fanti, bersaglieri, condividevano solo lo ” Stemma” : il pugnale e le bombe a mano particolari, oltre al “fegataccio” indomito che li faceva strisciare verso i nidi di mitragliatrice nemica, vera, micidiale arma che riusciva, se ben mimetizzata, a bloccare per giorni, interi battaglioni ma, due coppie di arditi, riuscivano spesso a neutralizzarle, anche quelle ” a pozzo”, particolarmente difficili da eliminare.
Si giunge così ai fatidici giorni 28/31 gennaio alla Battaglia dei Tre monti. I Francesi avevano conquistato il monte Tomba e gli Italiani, per non esser da meno, impiegano 5 Battaglioni d’Arditi e 1 d’Alpini all’attacco del monte Rosso e del monte Baldo in Valbella. Sono tre giorni di continui alti e bassi, avanzate e ritirate: gli Arditi aprono la strada a seguire le truppe normali ecc. Nel volume c’è ogni dettaglio- compratelo- basti dire che la Sassari, al cui comando c’è il Generale Friulano-udinese Luciano Ferigo il cui motto era: “Saper d’esser Forti” e forti lo erano davvero visto che ad un certo punto non c’era un solo ufficiale che non fosse morto o ferito, il Maggiore Musinu per esempio, ferito ben 4 volte; è in questo frangente che la Sassari è rimpolpata coi novellini del 99 che certo non sfigurarono nei confronti dei pochissimi “anziani” rimasti; ed è questa la data della Battaglia fondativa degli Onori che la Brigata Sassari d’allora festeggia.
E, più che festeggiare, ci si deve solo gloriare d’aver partecipato a quell’epopea, tutti: Arditi, Alpini, Bersaglieri e Sassarini nei cui ranghi hanno militato Italiani d’ogni provenienza per un buon 25/30 per cento, a quanto afferma l’attendibile dr. Pascoli in base alle sue accuratissime ricerche in quel “mare magnum”, vera metropoli di carte polverose del Ministero della Difesa.
Se la Brigata Sassari è l’unica ad essersi meritata: 9 Medaglie d’oro, 6 Ordini militari di Savoia, 134 Medaglie d’argento e 417 di bronzo; la Crocerossina Udinese Battistella è la più decorata di tutta la grande guerra, ancor più delle figlie del Re Vittorio Emanuele 1110 che, a loro volta sono, meritatamente, pluridecorate.