di MARCO COLOGNESE
Quarantacinque anni, sarda, una famiglia che lei ricorda come sempre attenta all’importanza del cibo, Sofia Carta fin da giovanissima ha le idee chiare: “Decido di frequentare l’istituto alberghiero e poi inizio a 15 anni a fare le stagioni. Parto e vado a Londra a Mayfair e lì mi vien voglia di fare bene quello che sarebbe diventato il mio lavoro.”
Così, tra un passaggio e l’altro, a 24 anni diventa maître al Cour Maison a Courmayeur e comincia ad assumere responsabilità e a capire la necessità di formarsi ancora meglio.
“Mi sono trovata a pensare: se il vino lo devo vendere, lo devo anche capire.” Ecco che approccia allora al primo corso AIS alla Cave des Onze Communes. “Era il 2002, mi si è aperto un mondo a vedere questi docenti, soprattutto piemontesi, persone che raccontavano il vino in un certo modo.”
Di questo modo Sofia si innamora e lo vuole far suo diventando “uno di loro”, così, tornata a casa in Sardegna, termina i corsi AIS e consegue il terzo livello WSET (Wine & Spirit Education Trust).
Lei è una donna che non si ferma, riparte e si trasferisce a Roma dove diventa restaurant manager e frequenta masterclass e degustazioni, viaggiando molto. La sua idea era quella di creare una carta dei vini tutta sua: “Quattro anni fa mi si apre la possibilità al Forte Village a Pula, dove mi viene assegnata la responsabilità di tutta la cantina. Per me è stata un’occasione fantastica, con la possibilità di fare scelte tutte mie: quello della selezione delle etichette è un mondo che ti rapisce e ci cadi dentro.”
Nel frattempo, una decina d’anni fa, Sofia stringe un’amicizia che si rivelerà fondamentale per il futuro, quella con Amedeo Puggioni, pasticciere figlio d’arte. “Lui sta in pasticceria da quando è nato, ha vinto premi importanti.”
Insieme hanno un sogno, finalmente realizzato perché a Sassari, nel centro storico proprio dietro Piazza d’Italia, aprono insieme Capitano Bellieni, un bistrot nel quale si parla certamente di ottima cucina, ma che ha al centro la loro comune grande passione per il vino.
“Non ci siamo fatti scappare l’occasione, giochiamo molto sugli abbinamenti con in particolare due appuntamenti al mese dove si abbinano quattro vini e quattro cibi. Un cavallo di battaglia è una crema bruciata, che ieri abbiamo abbinato a un Moscato che era una favola. In origine lo zio di Amedeo in quella che è diventata la saletta interna aveva la sua bottega, dove si restauravano mobili antichi recuperati in giro per tutta la Sardegna. Il locale ha anche un’altra sala e una veranda, un patio in quella che era la corte del palazzo che ci ospita. Il nome è quello di un ufficiale mai tornato dalla grande guerra.”
Abbiamo chiesto a Sofia come concepisca la sua carta dei vini ideale: “Innanzitutto vedo dove mi trovo. In un contesto come quello sassarese mi muovo tra un 80% di etichette meno note e un 20% dedicato a etichette più conosciute, per chi non si vuole affidare. Da un punto di vista geografico sto al 30% in Sardegna e per la restante proposta tra Italia ed Estero. Al Forte Village c’è una cantina di grande valore con un migliaio di etichette”.
“Gli acquisti si fanno prima di inizio stagione, tra marzo e aprile, e si lavora a budget. Gli ospiti amano vedere il vino della loro terra, li fa sentire a casa, così cerco proposte che possano soddisfarli. Per quel che concerne le tendenze, mutano spesso e si è passati dalla Toscana al Piemonte e ora va molto Bordeaux, perché la Borgogna sta diventando inaccessibile. Poi bisogna anche stare attenti a quel che succede nelle fiere e dare un occhio alle valutazioni delle guide, perché i clienti sono sempre più preparati e chiedono l’etichetta particolare.”
Un altro tema fondamentale è la scelta del calice, che per Sofia è “essenziale, a partire dal fatto che le persone amano la gestualità legata a esso, come roteare il vino al suo interno, apprezzare il colore. Un calice adatto, leggero ed elegante, ci fa sentire il vino in modo adeguato e oggi è essenziale avere quello giusto per ‘vendere’”.
Scegliendo un vino da raccontare, Sofia Carta ha pensato a Deispanta, un Vermentino Superiore di Gallura della Cantina Canu a Balaiana. “Lo produce una bellissima realtà di famiglia estremamente ospitale, tra lecci e macchia mediterranea di una grande riserva naturale, dove si realizzano anche formaggi e dolci.
Un Vermentino di mezza montagna, dalla prima docg al mondo. Arriva da un luogo di belle escursioni termiche che regalano freschezza e finezza, dove il granito riflette il sole. È un vino dal colore giallo paglierino, bello centrato e di una grande pulizia. L’ho versato in tre calici differenti per coglierne le diverse sfumature e quello che si è rivelato più adatto per esaltarle al massimo è stato il Bordeaux della linea Definition di Spiegelau, calice dalle ampie dimensioni e dalla forma elegante.
Così spiccano in particolare il fiore bianco, la ginestra e il pino; in bocca note balsamiche di timo e menta e poi ancora l’ananas. In campagna tutto è lavorato a mano e in cantina le poche bottiglie sono vinificate in acciaio. Oltre al Vermentino si producono anche Cannonau gallurese e un rosé molto interessante”.
Bravissima, complimenti!🍀
Brava Sofia.
Ho letto con piacere la tua storia, il tuo percorso professionale. Sono rimasto colpito dalla tua tenacia nel volere arrivare ad un preciso obiettivo nel mondo del vino: vivere l’atmosfera di una cantina. Ti capisco, sei nel tuo Regno. Goditilo con entusiasmo e professionalità.
Da sommelier dell’AIS (Genova) ti faccio gli auguri più sinceri per sempre migliori traguardi.