di CHRISTINE LAURET
Bellezza ed eleganza. Alcuni si accontenterebbero.
Lei no, alla ricerca incessante del meglio… Meglio essere, meglio fare, meglio dare.
Lei è Elisabetta Frau, direttrice del Museo civico di Senorbì.
Silhouette esile, ha la grazia di un elfo che seguiremo senza problema sulle strade fino alla fine del suo mondo… Errore.
La voce si fa più grave, gli occhi sono più decisi, il tono più freddo, il cielo diventa nuvoloso. Minaccia tempesta, l’elfo diventa pantera.
Dice “Ho paura del giudizio degli altri”.
Penso che si sbagli, perché ha l’intelligenza delle persone che dubitano. La forza, vera, temibile, quella di coloro che sanno di essere fragili. Il coraggio che non ti aspetti. La tenacia di chi non ha scelta.
Una conversazione con Elisabetta non è mai banale; molto presto mi trascina nel suo universo interiore concepito nel corso delle sue letture, incontri, esperienze tanto artistiche quanto spirituali.
Iperattiva e cerebrale, loquace e segreta, lei può essere tutto.
Molto creativa, ha l’abitudine di dire: “Il museo è un animale che vive” e si dà da fare per renderlo attrattivo, per trovare argomenti che possono “vivificare” la realtà. Letture di opere, teatro, attività di incontro… non è la direttrice di museo che tutti immaginiamo seduta dietro una vecchia scrivania tra oggetti antichi e polverosi. Quest’immagine è di un altro secolo. L’Elisabetta del Museo di Senorbi’, fra tutti i suoi altri compiti, fa anche il “talent scout”. Programma, pianifica, organizza le attività del museo spesso con un anno di anticipo, quasi come per il mondo del fashion.
Quando le chiedo se avesse voluto fare un altro mestiere mi risponde “No!… il museo riempie la mia vita e mi dà tante soddisfazioni!”
Per chi ha assistito ad un evento nel Museo di Senorbì, ha già visto la sua direttrice, microfono in mano, presentare gli ospiti con maestria, senza stress, niente agitazione, nessuna insicurezza… Eppure, cio’ che non sapete è che Signora Frau si lancia delle sfide, esce dalla sua zona di confort, studia l’argomento, osserva il suo pubblico e agisce di conseguenza.
È brava a percepire l’atmosfera, il cambiamento, e reagisce subito per non perdere il suo uditorio.
Forse è una qualità acquisita fin da quando era piccola.
Ha dovuto aiutare a casa la mamma alle prese con i bambini più piccoli ed è diventata un riferimento per tutti, una pippia giai mamma in su sentidu.
Oggi ancora lei si sente responsabile di tutti: genitori, fratelli, sua figlia, anche degli amici… la sua empatia fa di lei una persona molto richiesta. La sua abilità ad ascoltare gli altri, a non giudicarli, fa si che la gente si senta attratta da lei.
Per chi le sta di fronte, lei gioca lo stesso ruolo del trampolino per i bambini: dà energia, accelerazione, altezza e amplificazione… tutti segni di un orecchio realmente attento.
Potrei definirla come il Chirone (asteroide tra Saturno e Urano, cioè tra il vecchio e il nuovo), è la chiave per passare dal passato al presente. Lo fa nel suo lavoro, ma anche nella sua vita personale, rivisita le sue vecchie ferite per superarle e liberarsene.
Negli anni della maturità, i sogni si fanno più rari, la realtà prende il sopravvento sulle fantasie, eppure Elisabetta resta una pippia, una che ha accettato di rinunciare al principe azzuro, ma crede in un amore diverso: amare ed essere amata, a sua volta.
Ha accettato che tutto non sia perfetto come una immagine di Epinal, che amare qualcuno è rinunciare ad averlo, ma riceverlo se lui si dà. Ha capito che l’amore è una specie di grazia, non è un sentimento o un’emozione, ma piuttosto uno stato. Lei è l’incarnazione della femminilità, ha una energia delicata, forte, ampia, amorevole, profonda come madre terra.
Coltiva le sue passioni, i suoi talenti: pittura, scrittura, lettura, arte… finché il fuoco creatore è dentro di lei, si sente viva. L’essenziale è quello di vivere pienamente il momento presente anche se il desiderio di bruciare le tappe si fa forte dentro di lei. Avere fiducia nella vita senza anticipare e neanche giudicare è la sua filosofia.
Mi parla senza paura, si racconta semplicemente, confessa anche i suoi momenti più pazzi… sono sorpresa. Annuisce con la testa. Mi guarda con il sorriso sbilenco e gli occhi ballerini della bambina che sta facendo uno scherzo. Monella… è la parola che mi viene subito in mente. La credete austera, formale, seria?
Vi sbagliate.
La sua ambivalenza la rende affascinante. Ha la freschezza dei tulipani in un campo di erbe folli e la forza del giunco che si piega ma non cede. Il sorriso sempre pronto e la voce dalle mille sfaccettature mi sorprende sempre, non so se scherza o parli seriamente. Un momento con lei è come essere in mezzo a “Cime e Tempeste”, adoro subito il suo modo di essere, con lei non ci si annoia mai!
Il primo incontro con la direttrice del museo di Senorbì, mi ha fatto subito “innamorare” di lei. Un’attrazione che non si spiega, il sentimento di avere trovato una voce, una sensazione, un’evidenza…
Dopo l’intervista, mi rendo conto di non essermi sbagliata. Non vedo più la direttrice del museo, vedo Elisabetta. Lei è al di sopra delle mie aspettative.
Amante della vita, appassionata, autentica, lei crea connessioni tra gli esseri umani e rincuora con le sue parole. Ride per le piccole cose.
Nelle sue risate ritroviamo la bambina di dieci anni che è stata e che ogni tanto si fa viva… Quest’attimo, se riuscite a coglierlo, non ha prezzo, è un momento magico regalato dalla pippia giai mamma in su sentidu.