ARTE DI MADRE IN FIGLIO: GIOVANNA MULAS INTERVISTA ROBERTO COLLARI

Roberto Collari

di GIOVANNA MULAS

Per dirla alla Chomsky: Se credi che non ci sia speranza non potrà mai esserci nessuna speranza, se credi che le cose possano cambiare puoi contribuire a rendere un mondo, anche soltanto il ‘tuo’ mondo, migliore.

Ah! Che siano benedette le nuove generazioni, figlie nostre…che imparino a pisciarci in testa e a volare finalmente e senza paura, sui sepolcri imbiancati, oltre i confini della terra; gli eretti dalla paura, il pregiudizio di altri uomini.

In un mondo ossessionato da individualismo, guerra e corruzione, ovvero dal consumo, quanto e come deve muoversi l’Arte, per illuminare le coscienze? Sappiamo che, a volte, si deve continuare a camminare attraverso la vita non perché noi crediamo nella stessa, ma perché siamo un mondo per chi ci ama e segue; o perché è la vita stessa, ad amarci.

Ancora: sapendo di fare Arte in una società solo in grado di consumarne la bellezza ma votata a rifiutare la realtà; quanto può valere la pena creare, continuare a lasciare di Noi?

La notizia è passata in sordina, nonostante scandalosa: poche settimane fa, e nella sua Inghilterra, l’università di Northampton, nell’approntare il programma del modulo di studio Identity Under Construction (identità in costruzione) ha censurato, tra gli altri testi, ‘1984’ di George Orwell. L’università ha avvertito gli studenti che alcune opere la cui lettura è prevista all’interno del corso contengono, cit.: “materiale esplicito” che potrebbe risultare offensivo e sconcertante. Oltre al capolavoro di Orwell, il cui approccio consiglio costantemente ai miei allievi alla stessa stregua di ‘Cecità’ di Saramago o il classico the Prophet del Gibran, sono stati censurati ‘V per vendetta’ di Alan Moore e David Lloyd, l’opera teatrale ‘Finale di partita’ di Samuel Beckett e il romanzo ‘Il sesso delle ciliegie’ di Jeanette Winterson.

Insomma parrebbe che questi testi, certamente dei classici illuminati per ogni buon lettore; trattino argomenti di cui non è educato parlare, come sessualità, razza e classe, violenza e, cit., : “idee politiche”.

Già da anni accaduto anche in Italia e nel silenzio di quella informazione tristemente unipolare che caratterizza la penisola, dove i testi scolastici, dalle classi primarie, sono stati privati dei più grandi pensatori quali, tra gli altri, la Montessori, Gramsci, Woolf, a favore, per esempio, di quell’eterno bambino che è Fabio Volo, o di una Michela Murgia, aspirante femminista da sciopero con Décolleté rosse tacco undici,  addirittura di un Moccia, dai tratti notoriamente pedofili (ovvero come creare il fenomeno ‘best seller’ a tavolino, partendo da una matura perversione sessuale e da adolescenti con gli ormoni fisiologicamente a mille),  o ancora di un Saviano, la più grande montatura della narrativa italiana marchettara; pluricondannato per plagio di opera altrui e votato, ahinoi, a infilare nella mente dei più inesperti l’idea di una mafia generosa, di capo branco della camorra come eroi da film. Quest’ultimo con la complicità di quel PD populista e sempre in odore di elezioni; politica apparentemente vippona ma, in realtà, da Questione Morale.

La lettura di 1984 sarebbe dunque pericolosa giacché potrebbe spingere l’indeciso lettore a porsi qualche pericolosa domanda sul presente; su come la distopia orwelliana è già qui e ora, impunita, tra lockdown veri o fasulli e guerre rigenerative di capitale. Manifestazioni della cultura woke -termine sull’andante mosso, utilizzato con l’intento di ridicolizzare e attaccare i movimenti giovanili progressisti-, ‘risveglio culturale’ che comporterebbe una devozione parossistica al politicamente corretto e che, in realtà, sfocia in una sua satira. Avanguardia del liberalismo, finisce per negarne tutte le premesse esaltando una Censura/Dio che purga il linguaggio o, peggio, osa inventarne di nuovo (leggi ‘schwa‘).

Si cambia la storia ad usum Delphini schiacciando ogni pensiero critico; anche soltanto un’aspirazione di pensiero: mentire a lungo su una storia, fa sì che la menzogna si faccia una seconda natura; e che una storia diventi LA storia.

In realtà ‘Identità in costruzione’ è da interpretarsi come una cancellazione dell’identità, un catartico e nuovo rogo dei libri in nome del progresso dell’uomo.

Quando i miei quattro figli, a ruota, mi confessarono di voler dedicare la propria vita all’Arte; Fabio tramite scultura e fotografia, Noemi con l’illustrazione satirica, Roberto in letteratura ed Emanuele in Filosofia,  ne rimasi spaventata, seppure non stupita. Del resto, seppure in parte, noi siamo ciò che sono stati, loro saranno ciò che siamo.

Arte: parola che include la meraviglia del Creato, quel Tutto che ci fa e pasce e null’altro v’è da aggiungere allo stupore della Bellezza. Arte, incanto che comunque si annulla di fronte al quesito eterno dell’uomo: chi siamo e da dove veniamo? Ovvero: Chi ha creato chi? Arte, sinonimo di purezza e sofferenza, ché il meccanismo che anticipa la creazione ha del selvaggio, magico: una sorta di ‘file’ che arriva, per dirla all’Impaglione, mio amato marito e poeta latinoamericano, e che deve trovare noi come modesto tramite tra universo e il Sempre, con le antenne pronte a recepirlo.

Arte come dolore costante, ché la sensibilità necessaria a recepire il Tutto attorno al fine di riportarlo fedele e nel contempo con stile proprio e unico, lo che fa il sangue, per l’appunto, del vero Artista;  include il sopportare il mondo attorno, sentirlo nel minimo dettaglio: comprendere un dito mignolo che si solleva con grazia nel sorseggiare una tazzina da caffè, scarpe logore nonostante l’abbigliamento firmato, la voce che s’incrina impercettibilmente al pianto o la palpebra che trema, un sopracciglio di maestrina reputata avant-guard che s’inarca, feroce, di fronte a una minigonna inaspettata in fila al supermercato.

L’artista non descrive l’albero, l’artista è l’albero; spia dal buco della serratura dove altri rabbrividirebbero.

Davanti all’Arte cadono le maschere, almeno debbono o dovrebbero; prima fra tutte quella dello stesso Artista. Coerenza, studio e tecnica, talento di base che, purtroppo per qualcuno o per fortuna per altri, non s’insegna in certe improvvisate scuole a pagamento. 

E’ l’Artista, quello vero: nudo e puro, sovente insopportabile ai più ché troppo sincero in ogni sua espressione (ma come si può descrivere la merda se non come merda?);  e il mondo è un’arena, aspra o meno, dove il leone si fa Re nel corso di anni e resistenza agli urti.

In questa piccola, provinciale Italia, nata e addobbata dall’Arte millenaria dei più grandi sovente costretti, in vita, alla povertà estrema; persino sottoposti -tristo Karma?- alla derisione dell’ignorante. Ah, italiano, mio italiano! Pecorella anarchica, popolo senza memoria…tu che con la stessa facilità con la quale ricopri di alloro, apponi il sudario della dimenticanza…tu che piangi per i morti, tutti eroi, anziché per i vivi nell’estremo bisogno, tu che non ami studiare o leggere eppure, ed è bizzarro, possiedi la convinzione di sapere.

La superbia tipica di ogni uomo parallela soltanto alla sua sciocca, e continua, ricerca di una felicità attraverso la mera possessione di beni, come un figlio unico viziato e bizzoso che impila i mattoncini Lego più colorati e, mai contento, ne chiede ancora e ancora, sempre di nuovi, pure arriva a rubarli al compagno di giochi e mai gli bastano per costruire neanche lui sa cosa.

Felicità che davvero esiste se solo si trova il coraggio di guardare in faccia i propri fantasmi, di uscire dalla caverna platonica per godere della vera luce del vero sole… è scavo interiore metodico, noioso, è un puntuale limare la pietra grezza attraverso studio e autocritica feroce. 

Perché la felicità, come una Verità, va conquistata; meritata persino.

Oggi i miei ragazzi li vedo come Mastroianni nel ruolo di Matteo Scuro, che spiava i figli in quel capolavoro del cinema che è ‘Stanno tutti bene’, di Tornatore…li guardo vedendoli ancora e sempre bambini che mi infilano in mezzo a un girotondo, trillano e saltano e piangono o cantano nonostante le difficoltà, la malattia e gl’immancabili pregiudizi che accompagnano la vita di ogni donna perché donna, o perché donna e artista: cento vite vissute nella stessa e -oggi posso ammetterlo con la serena consapevolezza del mio inverno che si fa ogni giorno più vicino- novantanove di quelle vite la Mulas non si è arresa dall’affrontarle soltanto grazie a loro.

Li scruto benedicendoli in silenzio, spingendoli non senza lecito timore a buttarsi, come passeri affamati di volo, in una società ancora troppo immatura e individualista.

Habitat che, oggi, risulta alieno anche ai leoni. 

Ed eccoci con Roberto Collari, nonostante la giovane età già vincitore di numerosi premi letterari nazionali, pure menzionato come Poeta dell’Anno per il 2021 dall’OTMA Edizioni.

Canticum Mundi è la sua prima silloge poetica, attualmente in distribuzione nelle migliori librerie nazionali da Placebook Publishing. La copertina dell’opera è illustrata da Noemi Collari.

La domanda che, povero te, ti sentirai porre fino alla fine dei tuoi giorni.

Cosa è per te la poesia?

Sovente è arduo definire una forma d’arte, tante sono le sfaccettature che ne plasmano l’identità, poiché essa, per definizione, è una forma comunicativa dinamica.

Ogni cultore di questa materia, nella propria epoca, ha cercato di porre in essere una definizione della propria forma d’arte capace di recepire la dinamicità e le sfaccettature della stessa.

Di per sé, la poesia, è sempre stata frutto di copiose trattazioni da parte di grandi cultori del sapere: da Aristotele ad Orazio, prima, per poi giungere alle definizioni più moderne di linguisti e glottologi quali Massimo Pittau.

Ognuno, nella propria epoca s’intende, ha dunque contribuito nel fornire una definizione che fosse il più possibile dinamica e fruibile ai più.

Per quanto mi riguarda, vorrei fornire una personale visione di quest’arte senza doverne trattare le specifiche tecniche poiché ritengo la poesia, così come ogni altra forma d’arte, un continuum dell’anima stessa.

E’ un modo per l’artista di trasporre parte del sé nella propria arte: Poesia è, seppure in piccole parti, una sfaccettatura della nostra anima.

Amo citare il tenore Caruso che a parer mio, con una sua frase, già rappresentò il succo del nostro quotidiano: «La vita mi procura molte sofferenze. Quelli che non hanno mai provato niente, non possono cantare.».

Quando hai cominciato a scrivere, e perché?

Ogni artista, se di vero artista si parla, plasma un’opera per una determinata esigenza; una pronunciata e connaturale sensibilità verso ciò che lo circonda, lo porta, sovente, a dover scovare un proprio modo per esprimersi attraverso l’arte.

Percorsi questo cammino qualche anno fa, dedicando i primi passi alla stesura di testi per canzoni.

In seguito, sentii l’esigenza di dover scovare una forma comunicativa dotata d’una maggiore ricercatezza lessicale per ottenere dunque una maggiore profondità del testo.

Come vedi la situazione della letteratura in Italia?

Ho motivo di ritenere che la letteratura, come tutte le arti, stia attraversando un periodo di forte crisi d’identità. La quasi totale mancanza di contenuti oltre ad un cospicuo depauperamento lessicale, al giorno d’oggi, caratterizza queste arti. Un futuro per le arti in toto lo vedo educando le masse… Portare un nuovo umanesimo, istruire l’uomo allontanandolo dall’idea del “pensiero di gregge”. Solo così penso che ognuno possa ritrovare se stesso, ergo a fornire più contenuti a ciò che si compie ogni giorno. Solo così ritengo si possa offrire più profondità alla propria arte eliminando le futilità sempre più presenti nei giorni nostri. Se così non fosse, non vedo il motivo per cui si debba ancora fare arte.

Come giovane artista che pensi dell’attuale situazione politica dell’Italia?

E’ complicato dover riassumere, in poche righe, l’odierna situazione politica italiana:

Un governo (tecnico) di pochi, non eletti, banchieri dediti al mero soddisfacimento degli interessi delle banche europee senza tener conto dei veri interessi della propria nazione.

Ci ritroviamo dunque in uno Stato retto da “pecore anarchiche” totalmente prive di ideologie politiche, e se mi si permette, totalmente incapaci di rispondere alle esigenze della popolazione.

Quale pensi sia il ruolo dello scrittore e dell’artista in genere, oggi e sempre.

Il ruolo dell’artista è sempre stato quello di unire l’utile al dilettevole, poiché l’arte non deve mai essere fine a se stessa.

Attraverso la propria arte, e la propria sensibilità, deve esser capace di saper diffondere un determinato messaggio che sia fruibile ai più e duraturo nel tempo.

Il ruolo dell’artista è quello d’esser dinamico quanto e più della propria arte.

Permettetemi…un mio grazie a Massimiliano Perlato e ai Lettori di Tottus In Pari.

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