di VIRGILIO MAZZEI
Quando si parla di vino Barolo – considerato il “Re dei vini” o “il vino dei Re” – è noto che lo sia per la sua pregevolezza in campo enologico.
Quel che forse è invece meno noto, è da quale vitigno provenga questo vino.
Si tende spesso a pensare, infatti, che Barolo sia il nome dell’uva, ma non è così, perché in questo caso ci si riferisce al territorio. Il vitigno che ha dato i natali a questo vino è invece il Nebbiolo, di cui parleremo oggi in questo articolo.
La più antica e nobile vite piemontese ha dato vita a vini come il Barolo, il Barbaresco, e ad altri vini blasonati dell’Italia settentrionale.
Si tratta di un vitigno a bacca rossa, considerato un autoctono piemontese a tutti gli effetti, e che sembra aver fatto la sua prima apparizione nel 1200.
Nel 1600, godendo dell’apprezzamento dei Savoia, venne infine da loro chiamato “Regale Nebbiolo”.
Questa lunga ma necessaria premessa, ci aiuterà a comprendere la storia di un vitigno emigrato in Sardegna – dal Piemonte – oltre 200 anni orsono, e che ha trovato in Alta Gallura il giusto habitat.
Qui, ha potuto esprimere tutte le sue potenzialità, arricchendo il patrimonio vitivinicolo gallurese.
Nello specifico, stiamo parlando del noto Nebbiolo di Luras – che gli indigeni indicano con una sola b – coltivato e vinificato nel Nord Sardegna, principalmente nel territorio di Tempio Pausania, Luras, Calangianus e Nuchis. Ricordiamo inoltre l’importantissima denominazione “Nebbiolo IGT Colli del Limbara”
Quello del vitigno Nebbiolo sardo è un avventuroso viaggio che parte dalle brume del Piemonte per arrivare all’assolato paese di Luras, e che ha dato vita ad un vino di grande pregio.
In questo territorio, il vitigno ha perso sì una “b” nella sua pronuncia, ma ha conservato intatto tutto il suo fascino e la sua pregevolezza ripagando generosamente i vignaioli luresi con un nettare di gran prestigio, in grado di competere con altri vini rossi blasonati e di soddisfare i palati più esigenti.
Buona parte dell’areale in cui si sviluppa il Nebbiolo si trova tra le colline granitiche attorno al lago di Liscia, principalmente nelle località Sas Ruinas, San Leonardo, Muscazega e Karana, ove, per inciso, fanno da sfondo storico-geografico i noti “Olivastri” millenari di Luras in località “Santu Baltolu di Karana”.
A questo punto viene spontaneo chiedersi come mai un vitigno così diverso da quelli che vengono allevati in Sardegna sia finito per sbarcare nell’Isola.
Per rispondere, e in mancanza di riferimenti storici certi, ci si deve affidare ad un po’ di leggenda.
La storia di questo ceppo – per lo più tramandata – narra che sia giunto nel territorio gallurese grazie al Generale La Marmora al tempo dei Savoia, a metà del 1800, che durante un suo viaggio nell’Isola aveva portato con sé alcuni vitigni di Nebbiolo.
La leggenda non specifica – purtroppo – se questo fosse un dono del Piemonte per la Sardegna, o se lo scopo fosse quello di permettere ai piemontesi nostalgici di poter dar vita a qualche prodotto della loro terra sul suolo sardo.
Si narra però che il Generale, colpito dalla configurazione del territorio lurese, ritenne che le alte vette granitiche della zona e il clima abbastanza freddo potessero essere adatti alla coltura di un vitigno come il Nebbiolo, immaginando che potesse adattarsi, ed in seguito esprimersi, proprio come accadeva in Piemonte.
Oggi possiamo dire che il Generale aveva visto bene.
L’iniziativa di La Marmora venne condivisa e apprezzata dagli antichi vignaioli di Luras che, da quel momento in poi – nonostante le successive vicissitudini politiche tra piemontesi e sardi – hanno continuato a credere in questo vitigno, sino a farne oggi una loro “creatura” amata e protetta.
Grazie all’affermazione e all’evoluzione di questo ceppo nel territorio lurese, nel 1998 venne costituita la “Confraternita del Nebbiolo” con l’obiettivo di ampliarne e migliorarne la coltivazione.
Davanti a questi risultati possiamo dire che la Sardegna sia fortunata nel poter annoverare tra i suoi vitigni a bacca rossa anche il Nebbiolo, che si è dimostrato in grado di produrre un vino di pregevole fattura e qualità.
Volendo inserire nell’argomento una nota di semplice “romanticismo” possiamo dire che il viaggio del Nebbiolo di Luras è stato affascinante, perché dalla terra dei manieri e dei contrafforti è andato a fissare la sua nuova dimora nella terra dei nuraghi e dei dolmen. Lì ha trovato un terreno amico e generoso, assieme a quell’antico senso dell’ospitalità che i sardi riservano agli ospiti meritevoli.
In pratica, il nostro Nebbiolo ha lasciato i nebbiosi bricchi piemontesi ricchi di secolari vigneti, per poi accasarsi in alcune colline galluresi che nel passato erano coperti di cisto, lentischio, mirto, corbezzolo e sughereti, regno incontrastato di lepri, pernici e cinghiali.
Oggi questi spazi sono diventati parte integrante del vigneto gallurese, grazie anche all’apporto del Nebbiolo che ha trovato il suo habitat ideale.
Per una più completa e corretta informazione sul “migrante” Nebbiolo è opportuno precisare che il vino prodotto in Piemonte si differenzia da quello prodotto a Luras, pur provenendo dallo stesso vitigno.
Ciò è dovuto non solo dalla diversità del terreno, del clima, della coltura della vigna, delle tecniche di vinificazione o del governo di cantina, ma lo è anche per una naturale modificazione genetica del vitigno dopo tanti anni di ambientazione in un areale completamente diverso.
Non si deve trascurare, a proposito, che le vigne poste in prossimità del lago di Liscia subiscono l’escursione termica tra le temperature della notte e quelle del giorno, per cui si ha una ulteriore caratterizzazione del vino Nebbiolo di Luras rispetto a quello piemontese.
Di conseguenza, quando gustiamo un Nebbiolo di Luras ci troviamo di fronte ad un vino più elegante, molto gradevole al palato, quasi vellutato, con gusti e aromi diversi da quelli dell’ottimo – ma diverso – Nebbiolo piemontese. Sintetizzando, possiamo dire che ha perso quasi totalmente le sue caratteristiche organolettiche originali per assumerne altre, che sono proprie, e che lo caratterizzano.
Da qui nasce “l’innamoramento” dei luresi (o lurisinchi) per il Nebbiolo di Luras.
Ampelografia
Foglia: medio grande di forma pentagonale e trilobata di colo verde bottiglia
Grappolo: medio grande di forma piramidale rovesciata, allungato e compatto
Acini: medio piccoli, rotondi oppure di forma ellissoidale con buccia sottile di color violaceo, lievemente pruinosa.
Caratteristiche organolettiche
Colore: rosso rubino mediamente intenso, lucente, trasparente con tendenza al granato
Profumo: note floreali di rosa canina e viole, ciliegie e erbe officinali della flora gallurese
Gusto: asciutto, pieno morbido, si avvertono sapori di fichi maturi, nocciole tostate, sfumatura di liquirizia nera, ben strutturato, molto equilibrato tra tannino e acidità, buona persistenza gustativa.
Si presta ad una vasta gamma di abbinamenti tra le numerose e caratteristiche pietanze sarde:
Primi piatti: risotti e carni a base di sughi di carni rosse, “suppa gallurese” o “suppa cuata”
Secondi piatti: grigliate di salsicce, arrosti di carni rosse e bianche insaporite con bacche o foglie di mirto, formaggi sardi dolci o poco stagionati. Non disdegna il succulento tattalliu gallurese.
Il Nebbiolo di Luras va servito a una temperatura di 16-18 °C in calice di cristallo trasparente, liscio, leggermente bombato, a stelo medio-alto. Stappare la bottiglia mezz’ora prima del servizio.
Si deve riconoscere ai vignaioli “lurisinchi” (come amano farsi chiamare) il loro particolare attaccamento al Nebbiolo, oggi fiore all’occhiello nel loro patrimonio vitivinicolo.
Qualsiasi vignaiolo di questo territorio produce in varie misure il Nebbiolo, per cui partecipa alla sua valorizzazione, migliorandone per quanto possibile la qualità.
Ma il merito della grande produzione e della diffusione a livello commerciale la si deve principalmente alla Cantina Sociale di Tempio Pausania, alla Cantina Depperu, alla Tenuta Muscazega e alla Tenuta Tondini, tutte operanti nell’areale di produzione già indicato.
Non è proprio così,non è Nebiolo ( con 2 o 1 b) è dolcetto..
Giusta osservazione. Ma intanto si continua a presentarlo come Nebbiolo sia nelle etichette che nelle varie forme di informazione.
Complimenti per l’articolo. Sono curiosa di scoprire se in qualche nota mi rimanda al caro Nebbiolo del Piemonte
Ciao Virgilio Mazzei, sempre in forma. Un saluto
Grazie Mario. Cerco di difendermi. Ciao.
Complimenti
Virgilio