di GIANRAIMONDO FARINA
Si parla di Sardegna solo ed esclusivamente in estate. E, puntualmente, in questo periodo, ritorna “in auge”, più che mai, l’irrisolta questione della continuità territoriale. Le ultime e recenti prese di posizione delle Associazioni e delle Federazioni degli emigrati sardi, non hanno fatto altro che mettere in risalto lo stallo (per non dire la regressione), paventando un pericolo, al momento trascurato: la mancata applicazione della continuità territoriale da e per la Sardegna creerà, nel prossimo futuro, un danno antropologico di immani proporzioni. Nel comunicato congiunto, pubblicato a luglio 2021, firmato da tutte le federazioni delle associazioni sarde presenti sul territorio europeo, si sono, un po’, “fatti i conti in tasca” allo “status” della continuità territoriale da e per la Sardegna. Ed il quadro è piuttosto allarmante. In questa sede si affronterà lo studio dettagliato della questione, articolato in più puntate, partendo dalla “madre” di tutte, per rilevanza sociale ed e economica per la Sardegna, la continuità territoriale marittima, e la sua pervicace disapplicazione a partire dal fatidico 2008, anno del primo tentativo di privatizzazione di “Tirrenia di navigazione s.p.a.”. Ed il quadro è allarmante: attualmente, da Genova ad Olbia si parla di un costo del biglietto fino a 700 euro per una famiglia standard ( due adulti e due bambini); idem per le altre tratte Genova- Porto Torres, Livorno- Olbia e Civitavecchia- Olbia.
Il Covid, purtroppo, ha creato un’altra vittima: l’emigrato sardo e la sua famiglia. Ed anche qui i dati, fatti propri dal comunicato stampa, continuano ad essere impietosi. La pandemia ha colpito le fasce più deboli, tra le quali quelle dei lavoratori e degli emigrati dalle isole e dal Mezzogiorno. Con una rilevante eccezione, però: mentre per la Puglia o la Calabria ci si muove in auto con circa 250 euro, per la Sardegna il costo sarebbe 5/6 volte più alto. Lo stesso documento fa un esplicito riferimento ad una ipotesi di “cartello”, creata dalle stesse compagnie operanti nel settore marittimo. Ed il sospetto non è alquanto peregrino, vista ormai l’avviata fase di procedura di concordato per C.I.N. (Compagnia Italiana di Navigazione)- Tirrenia, le difficoltà di Moby dell’armatore Onorato sul mercato (Onorato, già fin dal 2015 proprietario dell’intera quota societaria di C.I.N.- Tirrenia s.p.a., n.d.r.) e le “timide”, recenti, comparse sui mari sardi di due nuovi, “presunti”, concorrenti: G.N.V. ( Grandi Navi Veloci) e Grimaldi lines (ora anch’essa entrata in C.I.N. e da poco assegnataria dell’importante, ma alquanto problematica, tratta Palermo- Cagliari, rilevata, a sua volta, da un’improponibile nave greca che, per conto di C.I.N.- Tirrenia, ne aveva gestito i collegamenti fino all’avvio delle procedure fallimentari dello stesso gruppo C.I.N.- Tirrenia). E, purtroppo, gli ultimi esempi di disapplicazione di fatto della continuità territoriale ne sono una dimostrazione: a partire dalla continua “agonia” del carrozzone Tirrenia. Perchè proprio dall’esame e dall’analisi di questo nodo cruciale derivano tutte le problematiche concernenti la continuità territoriale marittima da e per la Sardegna. Il tutto ha inizio con il 2012, quando l’appena nata “C.I.N. – Tirrenia” si aggiudicò la gara per l’acquisizione di “Tirrenia di Navigazione”, la precedente ultracinquantennale società privata a capitale pubblico che, nel bene e nel male, aveva garantito i collegamenti marittimi da e per le isole maggiori (Sardegna e Sicilia) e minori, tramite le sue secondarie società regionali (Saremar, Siremar, Torema e Caremar). Ma il discorso, relativo al difficile percorso di privatizzazione di Tirrenia, risale a qualche anno più avanti, e, più precisamente, al novembre 2008, con l’allora governo Berlusconi IV. Per la precisione, nel dicembre 2009 si avviò il percorso per l’intera cessione del capitale di Tirrenia del valore di 108.360 azioni il cui bando, scaduto il 19/02/ 2010, venne vinto, per rinuncia dei partecipanti (G.N.V., Grimaldi lines, Moby lines, Ustica ferries, Corsica ferries), dalla cordata “Mediterraneo holding”, partecipata per il 37% dalla Regione Siciliana e per il 30% dall’armatore greco Alexis Tomassos. Tuttavia, “il bello” sarebbe dovuto ancora venire: il 28/07/2010 la “Mediterranea holding” si aggiudicò l’acquisizione di Tirrenia e, pochi giorni dopo, il 4 agosto, la Finteca dichiarò, a sorpresa, la chiusura senza esito della procedura di dismissione, giustificandosi con il fatto che la “Mediterranea holding” non avesse ancora sottoscritto il contratto nel tempo previsto. Situazione che, dal 2010 al 2012, portò la società in amministrazione commissariale, mentre l’ex a.d. Pecorini passava, dopo ben 30 anni di laute prebende ricevute sulla poltrona del palazzo partenopeo Caravita di Sirignano, al CdA dell’assicuratore di Tirrenia, Ital Brokers. Si giunge, quindi, alla fatidica data del 19/07/2014 quando, dopo alterne e contrastanti vicende, diventerà la nuova proprietaria di Tirrenia la neocostituita e più volte ricordata C.I.N., formata da G.N.V. e gruppo Onorato, già proprietario di Moby che, quindi, assumerà un ruolo dominante ed una situazione di latente monopolio nei collegamenti da e per la Sardegna. Situazione che, poi, diverrà di monopolio effettivo con l’acquisizione, sempre da parte di Onorato, nel 2015, del 100% del capitale della Tirrenia-C.I.N. e la liquidazione degli altri soci. In precedenza ulteriori soci, facenti capo al gruppo Aponte, a Grimaldi lines ed al già citato armatore greco Tomassos si erano già dileguati nel 2012 quando l’Antitrust europeo bocciò la summenzionata seconda situazione di privatizzazione di Tirrenia per possibili, poi comprovate dai fatti, posizioni dominanti del gruppo Onorato. Con questo si giunge ai giorni nostri, quando il 15/04/21 la Procura della Repubblica di Milano chiede il fallimento della C.I.N. a seguito di concordato in bianco presentato nel 2020 (in piena ondata pandemica, si noti bene) dalla “Onorato Armatori s. p. a.”. Le recentissime cronache, poi, susseguitesi a partire dai mesi estivi, dove la dismettenda compagnia ha, comunque, operato garantendo i collegamenti, più per gli utili che per un “servizio alle isole” ed alla Sardegna in particolare, hanno raccontato di notevoli e continui disservizi ( avarie ai motori, incendi, controlli della Finanza nei porti) e, soprattutto, alla chiusura, dall’oggi all’indomani, di tratte storiche come la Civitavecchia- Arbatax e, da ultimo, della fondamentale Civitavecchia- Cagliari (13 settembre 2021). Conseguenza di ciò è l’abbandono, unilaterale, in uno “status” di procedura fallimentare in atto e di ridefinizione della continuità territoriale marittima, di due porti fondamentali come quello di Arbatax
, di vitale importanza per l’entroterra barbaricino ed ogliastrino e, soprattutto, quello di Cagliari. Andando, poi, nel particolare, a parte le prese di posizione e le battaglie ultracinquantennali delle associazioni sarde dell’emigrazione organizzata che, quando avevano un senso, hanno portato al varo di una serie importante di leggi (come la l.r. n.7 del 1991, quella per cui la regione Sardegna diventerà la prima in Italia ad avere un’apposita legislazione “ad hoc” sul tema dell’ emigrazione), sembrerebbe che l’unico soggetto assente, in questa lunga e difficile controversia, sia stata proprio la Regione Autonoma della Sardegna. In realtà, invece, i tentativi della giunta regionale sarda d’intervenire nell’ ultradecennale questione di privatizzazione del colosso marittimo parastatale, nell’arco di tempo 2008- 2021 ci sono stati e, purtroppo, sono stati fallimentari.
Con l’attivazione della Zona franca, caro Gianraimondo, il problema “continuità territoriale” sarebbe superato…anzi ci sarebbero da contingentare gli approdi, sia passeggeri che merci.
La prima questione è la politica regionale che la vedo assente che invece doveva essere la prima ad essere protagonista attiva su tutti i fronti e far sì che il biglietto x la tr aversata rimanesse a buon mercato x il turismo e x tutti i sardi emigrati