di OTTAVIO OLITA
Non a caso si intitola “La terra in quarantena – Tesori e allarmi” il bel libro che Ugo Collu, docente di filosofia, pubblicista, ma soprattutto umanista di vecchia scuola, ha pubblicato per Gangemi Editore.
Un accorato resoconto, che spazia dalla filosofia, alla scienza, alla letteratura, alla vita personale, per dimostrare come l’uomo sia figlio e non padrone della terra. Contro, quindi, tante scellerate teorie e pratiche attuali. Ed è l’uomo che sta causando alla terra malattie gravi che anno dopo anno rischiano di trasformarsi in mortali.
L’Autore esplicita in modo inequivocabile perché egli, uomo di lettere, affronta questo tema: “Siamo vittime di una narrazione falsa e irresponsabile. Serve una letteratura distopica sul collasso ambientale. Una letteratura che ci anticipi nell’immaginazione l’estinzione verso cui siamo incamminati, prima di trovarci improvvisamente davanti all’irreparabile” (pag. 80).
Il libro è un esempio di come si dovrebbe costruire questa nuova narrazione. Innanzi tutto la struttura: trentanove argomenti, ognuno con un proprio titolo, distribuiti in 140 pagine. Capitoli agili, brevi, comprensibili. Da esperto insegnante Ugo Collu sa come leggono i più giovani e il libro a loro, innanzi tutto, sembra rivolgersi.
Una ricostruzione storico-filosofica affidata a citazioni, in modo che si capisca il ruolo fondamentale svolto dagli intellettuali nell’interpretare la vita e i suoi valori. E a sostegno di quelle modalità d’interpretazione, alternando le pagine, l’esperienza diretta vissuta dall’Autore nella propria crescita biografica e di conoscenza. In questo modo riesce a dimostrare come formidabili pensatori come Kant o Pascal non erano astratti ricercatori dell’immateriale, ma traduttori capaci di trasferire nella parola anche l’apparentemente indimostrabile delle nostre esistenze.
E con i filosofi gli scienziati, per mettere a disposizione del lettore i dati su quanto sta accadendo sul pianeta per essere poi in grado di individuarne i principali responsabili: “Due grandi menzogne del nostro tempo sono connesse fra loro dal comune denominatore che sono sempre i nuovi imperi multinazionali (privati o statali, orientali e occidentali, democratici o autoritari) a condurre sulla natura ‘la più grande impresa’ economica, sia quando c’è da distruggerla che quando si deve far finta di ricostruirla. Ne cuore del capitalismo ‘selvaggio’ appare l’impulso all’auto-distruzione che la psicanalisi smaschera nella pulsione a distruggere” (pagg. 78-79).
Per definire questa concezione del rapporto con la natura e, quindi, con il pianeta, esiste un termine, Antropocene che si traduce, dice Collu citando Bruno Latour, nella “tendenza sfrenata del sistema economico a trasformare in capitale i beni della natura”.
Per ottenere questo risultato con sempre crescente avidità, il grande capitale non si ferma neppure davanti alle grandi foreste amazzoniche, a trasformare l’acqua in merce, a sfruttare maniacalmente i suoli. E la terra come reagisce? Si difende dall’aggressione di quello che dovrebbe essere il suo figlio più importante, prediletto, con le alluvioni, gli scioglimenti dei ghiacciai, anche le pandemie perché è stato distrutto l’habitat che ne impediva la diffusione.
Così in soli 300 anni, dall’inizio della rivoluzione industriale, è completamente cambiato il rapporto tra l’uomo e il suo pianeta, l’unico che gli consenta la vita: da figlio crede di esserne diventato padrone. “Parte del sistema ecologico naturale è stato manomesso e artificializzato per poter ‘consumare in un anno, una volta e mezzo di quanto il pianeta può fornire in maniera sostenibile’. Progresso? Su questo sfondo da loro stessi ammorbato i superuomini della politica si atteggiano ancora a ridicoli bulli” (pag. 55).
E i ‘ridicoli bulli’ stanno stabilendo una nuova, orrenda equazione: lo sviluppo produce non progresso, ma regresso di tutta l’umanità. Lo fanno mentendo spudoratamente: “Gli interventi ostili alla terra avanzano trionfanti, conducendo al disastro: siamo ai limiti della irreversibilità. Il negazionismo è ipocrita o connivenza” (pag. 42).
In chiave laica, con un linguaggio diretto e chiaro Ugo Collu, ripropone molti dei temi che papa Francesco ha posto all’attenzione del mondo con la sua enciclica Laudato sì. Un tassello del grande mosaico di conoscenza che ogni uomo sensibile deve contribuire a costruire per un’urgente inversione di tendenza.
Uomini della stessa pasta di quanti hanno saputo trasformare in poesia, capolavori letterari, spiritualità, l’osservazione e il coinvolgimento positivo nei fenomeni naturali. Come, ad esempio avviene con il fuoco, a cui Ugo Collu dedica le pagine finali, le più letterarie, a volte poetiche, del suo importante libro.