di LUCIA BECCHERE
Nel gennaio del 1921 lo scrittore inglese D.H. Lawrence con la moglie Frieda, salpato su un piroscafo da Palermo, giunse a Cagliari. Il suo viaggio in Sardegna durò 9 giorni e percorrendo tutta la dorsale dell’isola attraversò la Barbagia fermandosi a Nuoro, proprio durante il carnevale, prima di proseguire verso il Nord. Trascrisse questa straordinaria esperienza nel libro Mare e Sardegna, pubblicato a puntate da una rivista americana prima di essere editato in un volume nel dicembre dello stesso anno.
Il testo descrive paesaggi desolati, deserti e incontaminati, contadini che vivono in simbiosi con la terra e gli animali selvatici. Pendii, regno incontrastato dei castagni, delle querce e dei sugheri. Campagne spoglie e pietrose, sassi che spuntano nelle valli, in lontananza uomini a cavallo, solitari e sperduti.
Il viaggiatore racconta una terra arcaica con i suoi abitanti poco inclini al moderno che conducono una vita semplice e dove i collegamenti interni erano ridotti ad un’unica rete ferroviaria e alle navi che la univano al resto del mondo, a qualche pullman che consentiva gli spostamenti interni, con una notevole carenza di strutture atte ad accogliere i primi pionieri del turismo che si avventuravano in quei territori aspri e ameni. Nel racconto resta intatta la bellezza dei luoghi, la genuinità delle immagini che oggi assurgono a vera testimonianza di un popolo indomito e selvaggio che nessuno mai è riuscito a conquistare.
«Ci avvicinavamo a Nuoro – scrive Lawrence – il paesaggio appariva nudo e pietroso, diverso da tutti gli altri. Arrivammo alla valle dove passa il tronco ferroviario. Distinsi i caselli rosa solitari. Più avanti la città raggruppata stava lì come ai limiti del mondo ed aveva dietro cupe montagne. Nuoro non ha nulla da mostrare, ma mi venne in mente che questa è la patria della scrittrice Grazia Deledda».
«Vi giunse per vedere il paese natale della scrittrice già conosciuta in Italia e all’estero, – osserva legittimamente Dolores Turchi in Tradizioni popolari della Sardegna del 1995 – oppure sembra ricordarsene per caso visto che Lawrence aveva già tradotto in inglese il romanzo La madre pubblicato nel 1919?».
«Scivolammo nella fredda via Majore – prosegue Lawrence –, era come un fiume di vita rumorosa, una banda suonava, maschere di carnevale con ragazze e giovani donne partecipavano alla baldoria. Unico fiume di vita!» L’autore descrive anche la passeggiata al Corso, i negozi antri scuri e antiquati, per vedere la merce bisognava entrare dentro. Sottolinea l’atmosfera oziosa del lunedì quando nessuno pare avesse voglia di lavorare dopo il riposo domenicale. «In fondo alla strada – si legge ancora nel libro – queste città finiscono tutto d’un colpo, subito ci trovammo a girovagare per l’aperta campagna.
Era un paesaggio selvaggio, insolito, le colline sembravano vergini e deserte». I due appassionati viaggiatori proseguirono il viaggio passando per Orosei dove il mare si offriva allo sguardo in tutto il suo naturale splendore, prima di raggiungere Olbia-Terranova.
Da lì il piroscafo lo condurrà lontano portandosi dentro l’immagine del cielo luminoso che si sposava con il buio della notte. «Oltre la riscoperta del passato che uno deve pur fare se vuole essere completo, – è questo un messaggio veicolato nelle pagine del libro – vi è un movimento in avanti.
Vi sono terre sconosciute, mai prima lavorate, dove il sale non ha perduto il suo sapore».
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