di SIMONE TATTI
Piccoli centri destinati all’estinzione e un’Isola che lentamente ma imperturbabilmente si svuota. Sintomi di una tendenza che si fa preoccupante ed è destinata a mutare la morfologia urbana del territorio.
Se storicamente la Sardegna risultava spopolata nelle coste e maggiormente popolata nelle zone interne (questo per via della malaria e dei frequenti attacchi dal mare) da diverse decadi la tendenza è ormai invertita. Le logiche dell’emigrazione vedono persone spostarsi verso centri maggiormente attrattivi e popolati lasciando scoperte le zone più interne e isolate. A fuggire, però, non sono solamente uomini e donne in cerca di un avvenire migliore. A fuggire è soprattutto lo Stato che in virtù di logiche prettamente numerarie abbandona al proprio destino territori già deboli.
Muoiono lentamente piccoli centri sotto gli occhi di chi ancora ci vive. Muoiono ogni giorno con la chiusura degli istituti scolastici, la soppressione dei presidi sanitari, la centellinazione dei servizi essenziali. Muoiono, perché si è deciso di farli morire.
Aumentano i cartelli “vendesi” sui vecchi portali delle case in terra cruda del Campidano, in quelle in pietra e legno dell’interno, sulle case moderne, magari a più piani, costruite per accogliere intere famiglie che hanno poi scelto altre vie.
Sono luoghi abitati prevalentemente da anziani. Molti tra i giovani hanno preferito andar via. Alle volte per cercare lavoro, altre per studio o semplicemente per una scelta di vita. Vanno via e spesso non fanno ritorno se non per ritrovare qualche parente o riassettare la casa.
Mentre lo Stato si volta e fa finta di non vedere, sono due i comuni a rischio estinzione entro i prossimi vent’anni (Semestrene e Monteleone Rocca Doria), dodici entro i prossimi quaranta e ventisei entro i prossimi sessanta. Una previsione che se veritiera muterebbe sostanzialmente gli assetti della nostra Isola.
Non si tratta solamente di assetti geodemografici. Si tratta dell’abbandono di paesi, di storie destinate ad esser dimenticare, di territori senza più un presidio e di un danno che sarà prevalentemente ambientale e regalerà alla Sardegna tanti piccoli borghi fantasma.
Paiono ora più che mai attuali gli appelli che, con l’inizio dei grandi esodi del Novecento, in molti lanciarono affinché non si abbandonassero i piccoli centri. Allora fu lo Stato a temere di ritrovarsi senza braccia per lavorare la terra, oggi sono i territori a temere l’abbandono.
E come in una storia dal finale già scritto, come tanti piccoli Davide contro il gigante Golia, i Sindaci dei piccoli centri lottano contro lo Stato affinché non si dimentichi di chi in quei luoghi ancora ci vive, combattendo per preservare i loro territori dallo smantellamento dei servizi e far sì che alle persone sia attribuita più importanza che ai numeri.