di Federica Cabras
Livia Canu ha 23 anni ed è originaria di Baunei. Nel luglio 2013 consegue la maturità scientifica. La vita prima di partire, ci spiega, è la vita di qualunque diciannovenne, ben bilanciata tra amici, studio e divertimento. La passione per le lingue si consolida nel tempo, brevi esperienze all’estero (Malta e Londra) sono di vitale importanza per migliorare il suo inglese. È in quarta superiore quando, nella sua testa, inizia a frullare l’idea di studiare chiropratica.
«Il caso vuole che mia nonna paterna abbia avuto seri problemi di salute, che aveva risolto (dopo mille altri tentativi) proprio grazie alle cure chiropratiche.» Da lì inizia a guardare con interesse a questa disciplina. Nel suo cuore, la speranza di farne un mestiere.
«La chiropratica è una disciplina che si occupa della prevenzione e della cura dei problemi legati al sistema neuro-muscolo-scheletrico» racconta la ventitreenne baunese «in particolar modo alla schiena, e alle loro conseguenze. Il Chiropratico utilizza, per lo più, delle tecniche manuali, tra le quali sono inclusi gli “aggiustamenti vertebrali” (manipolazioni articolari specifiche)». Come scopre ben presto, però, in Italia non ci sono grandi possibilità di studiare questa disciplina.
«Quindi, con molto timore ma anche con molta curiosità ed entusiasmo, ho iniziato a informarmi sui vari College all’estero, sempre incoraggiata e sostenuta dalla mia famiglia, senza la quale non sarei sicuramente arrivata fino a qui.» Approda così al College di Parigi, l’IFEC (Istituto Franco-Europeo di Chiropratica). Si tratta di una vera e propria sfida, infatti «se mi avessero ammesso, mi aspettavano sei anni di studi, alla fine dei quali avrei ottenuto il titolo di Dottore in Chiropratica.» L’idea di lasciare la Sardegna, quindi, deriva da una lunga riflessione. Le difficoltà sono ben visibili, è vero, tuttavia l’idea di perseguire i suoi sogni sconfigge la paura: la diciannovenne Livia decide di partire.
Primo scoglio, l’ammissione al prestigioso istituto. «Prima dell’esame di maturità (accompagnata da mia madre) ho sostenuto a Parigi un colloquio per l’ammissione all’IFEC. Dopo qualche settimana di attesa, ho ricevuto il responso positivo, potevo quindi iniziare a pianificare la mia nuova esperienza, che mi avrebbe avvicinato alla chiropratica e mi avrebbe permesso di imparare una nuova lingua, due sogni in una volta sola.»
È settembre 2013 quando, pronta per le lezioni, arriva a Parigi. Con lei, la mamma che, per quindici giorni, la aiuta a trovare un equilibrio in questa grande città. «Non dimenticherò mai la sensazione che provai poco prima di entrare nell’anfiteatro dove si sarebbe svolta la presentazione del nostro primo anno. Ero in mezzo ad altri 100 studenti che non parlavano la mia lingua, in un Paese che non era il mio.»
Un misto tra euforia e paura, ecco ciò che prova Livia. Comunque, intraprendente ed estroversa,subito fa amicizia con un ragazzo che mastica un po’ di italiano. Nelle settimane successive, ha modo di conoscere altre persone.
Il fatto che abbia studiato francese alle superiori aiuta, certo, ma «Il francese che avevo studiato al liceo non è assolutamente il francese che i giovani parlano tra loro, utilizzano un linguaggio molto più familiare rispetto a quello scolastico, cambiano veramente molti termini. Come se non bastasse, molti utilizzano addirittura il “verlan” che significa “al contrario”; per esempio se esistesse il “verlan” in italiano al posto di dire “uova” diremmo “avou”, difficile spesso da capire anche per i madre lingua non più giovanissimi, figuriamoci da una sarda!»
Le lezioni sono più semplici da seguire. I professori si esprimono in un francese molto formale. Comunque, ci dice, sono serviti ben tre anni per parlare francese fluentemente. «Ad oggi, non sono ancora completamente bi-lingue ma penso di esserci vicina, magari dopo questi due anni lo sarò completamente.»
La cultura è un po’ diversa, racconta la baunese Livia. In particolare: «I francesi sono di natura un po’ permalosi, quindi da sarda, abituata a essere spesso ironica, all’inizio è stato difficile accettarlo.» Però ci sono molti lati positivi: «Essendo una società multirazziale, sono tolleranti e hanno un’ampia apertura mentale.»
È stato necessario, poi, abituarsi anche al cibo. I francesi usano tante spezie, racconta la giovane, il più delle volte piccanti. «Per noi abituati ai condimenti base come olio d’oliva e sale anche questo è uno scoglio non indifferente. Col passare degli anni però ad alcune di quelle spezie mi ci sono affezionata anche io.» Vivendo in una metropoli come Parigi, poi, ci si può sbizzarrire: «Una sera mangi giapponese, quella dopo libanese, quella dopo ancora israeliana e così via. Questo, secondo me, è un modo piacevole e anche molto utile per aprirsi al mondo.»
In questo momento, vive in periferia. È vicino al quartiere cinese e alla sua scuola, nella cittadina Ivry – sur – Seine (a 200 m dal cartello con la scritta Parigi). Ha cambiato spesso casa. In particolare, ci racconta, «il secondo e il terzo anno ho vissuto a Nation, nel dodicesimo arrondissement, vicino alla zona in cui ci sono stati i sanguinosi attentati. Non dimenticherò l’atmosfera di sgomento e di paura che si respirava a Parigi in quei giorni.»
A casa – che condivide con due coinquilini belgi delle Fiandre (madrelingua olandesi) – si parla il francese. «Ognuno conserva la propria cultura e questo scambio rende la convivenza ancora più affascinante.»
Una cosa che proprio non le piace della zona in cui abita è il fatto che i trasporti – ricordiamoci che siamo in periferia – siano meno frequenti. «Inoltre, essendo una zona in cui la città si sta espandendo, ci sono spesso lavori in corso.» Per chi arriva da un piccolo paese, è traumatico abituarsi a tutta quella frenesia, a quella velocità. I parigini sono sempre di corsa, non si fermano, non possono perdere nemmeno un attimo. «Questa vita frenetica li porta a essere molto freddi, nessuno guarda negli occhi gli altri quando cammina per strada. Questa impersonale freddezza parigina è la cosa che credo di non poter riuscire a metabolizzare mai.»
Però la giovane Livia sente, sin dal primo giorno, un sentimento di libertà che non aveva mai sentito prima di partire. Puoi rischiare di sentirti solo, racconta, tuttavia se hai “la giusta compagnia e un po’ di tempo libero”, puoi trascorrere dei momenti indimenticabili: «Dalla passeggiata agli Champs-Elysèes alla visita al Trocadero, da cui si domina la vista sullo Champ de Mars e sulla Tour Eiffel, oppure si può fare una capatina alla collina di Montmatre, da cui si domina su tutta Parigi, o ancora un tuffo nella multiculturalità parigina al quartiere latino.»
Adesso Livia è al quinto anno di studi. I primi quattro sono stati molto teorici – con una mole di studio non indifferente –, adesso arriva la pratica. Ora è una tirocinante, ha dei pazienti, quindi tutto si fa più stimolante. Tra due anni, alla fine dell’internato, sarà una Chiropratica.
«La Sardegna mi manca da morire, mi manca il calore familiare vicino al fuoco d’inverno, mi mancano i miei amici, mi mancano i posti, fare una passeggiata immersa nella natura, il profumo del ginepro,“us culurgiones”, “su pistoccu” fatto a casa di nonna e il mare. In questi anni scorsi sono sempre riuscita a tornare d’estate per almeno due mesi, oltre che durante l’anno per le feste principali, e questo ha colmato sempre le mie mancanze.»
Quando torna in Sardegna, trascorre il tempo con le persone che ama. Approfitta di ogni minuto, di ogni ora, di ogni giorno e torna a Parigi più stanca di quando è partita. «Quest’estate ho avuto la fortuna di lavorare come guida alla meravigliosa “Grotta del Fico” che, assieme ai miei colleghi, raggiungevamo ogni giorno in gommone dal porto di Santa Maria Navarrese; questa esperienza è servita a ricordarmi ancora una volta quanto sono fortunata ad essere nata in un posto così unico come è Baunei.»
Dà un importante consiglio: quando si parte, si deve essere consapevoli che per avere dei risultati bisogna soffrire, tuttavia con la giusta motivazione si riesce a fare tutto: «Più sacrifici si fanno e più soddisfacenti saranno i risultati. Quindi, se il vostro istinto vi dice che sarebbe bene partire, fatelo, affrontando le vostre paure. Se proprio le cose non dovessero andare bene, si può sempre tornare indietro.» Nei sogni di Livia, la laurea, ovviamente, e il suo futuro lavoro. Parla anche di Canada e Stati Uniti, per fare un po’ di esperienza lì dove la Chiropratica è nata. «Mi piacerebbe l’idea di aiutare con la Chiropratica le persone in Sardegna, questo è un altro dei miei sogni, ma attualmente non posso dire con certezza che tornerò.»
Non sa dove la vita la porterà in futuro, una cosa è certa: «La Sardegna e quindi Baunei è e sarà sempre il mio posto preferito, l’unico dove mi sentirò veramente a casa.»
Auguri di buon Natale e un nuovo Anno di pace e serenità
Buone feste di Natale e felice anno nuovo