IL RITORNO DELLA BRIGATA SASSARI SULL’ALTOPIANO: GLI ASPETTI COMMEMORATIVI DELLE CERIMONIE ORGANIZZATE NEL VICENTINO

la banda della Brigata Sassari ad Asiago (foto Giorgio Canu)


di Dario Dessì

Venerdì 29 luglio 2016, a Vicenza in piazza dei Signori nella Loggia del Capitaniato (Opera di Andrea Palladio), il Sindaco Achille Variati ha consegnato al colonnello Lorenzo Cucciniello, vice comandante della Brigata Sassari, una chiave e una pergamena con un particolare riferimento al passato, quando nel mese di febbraio del 1918, alla presenza del sindaco di allora Licinio Muzani la bandiera di Vicenza era andata incontro ai fanti della Brigata Sassari, che combatteva allora in seno alla 33° Divisione, comandata dal Generale Carlo Sanna.   L’ordine perentorio dello Stato Maggiore era stato: “In un giorno 0 da determinare la 33° Divisione dovrà compiere un azione offensiva sulla sua fronte con lo scopo principale di allontanare  il nemico dalla zona marginale a cui ha potuto avvicinarsi in seguito agli avvenimenti dello scorso ottobre. La  divisione avrà il compito di conquistare i capisaldi di Monte Valbella, C. Melaghetto, Col del Rosso, Col d’Echele, Case Ruggi”  

I valorosi fanti sardi in quella battaglia detta dei Tre Monti, non solo impedirono  l’avanzata degli austro – ungarici verso Vicenza e  la pianura padana, ma riportarono la prima vittoria del Regio Esercito dopo la sciagurata deblache di Caporetto. Le cerimonie sono proseguite sabato 30 ad Asiago con il concerto della Banda della Brigata Sassari in Piazza Carli, mentre domenica 31 il programma previsto sul Monte Zebio é stato sospeso a causa di consistenti precipitazioni temporalesche e pertanto le celebrazioni commemorative hanno avuto termine nel Sacrario Militare di Asiago, uno dei principali ossari militari della Grande Guerra, noto anche come sacrario del Leiten.

Gli abitanti di Vicenza non hanno dimenticato i combattimenti  dei fanti sardi sui monti dell’Altopiano nel gennaio del 1918.  Il compito assegnato ai fanti sardi della Brigata Sassari era quello di conquistare il Monte Valbella, il C. Melaghetto, il Col del Rosso, il Col d’Echele, Case Ruggi. Sull’Altipiano di Asiago, una delle immediate conseguenze  del disastro di Caporetto era stata la perdita di questi capisaldi, fatto che aveva reso alquanto instabile la nuova linea del fronte, compromettendo  le ulteriori possibilità di difesa  da parte italiana. Da un momento all’altro c’era da attendersi la ripresa dell’offensiva da parte nemica con risultati che sarebbero potuti risultare disastrosi. E pertanto, verso la fine del mese di gennaio, furono gli italiani a prevenire qualsiasi ulteriore iniziativa nemica, conducendo  un operazione offensiva di capitale  importanza strategica,  perché avrebbe portato a una più sicura sistemazione della linea del fronte  e morale perché avrebbe sicuramente avuto un significato di riscossa e di rivalsa per le forze armate italiane, dopo la batosta di Caporetto.  Alla mattina del 28 gennaio le notizie che giungono dall’infermeria sono ottime: nella Brigata Sassari neanche un fante ha chiesto visita. I ricoverati sono ritornati dagli ospedali, altri fanti sardi sono arrivati, trasferiti da altri reggimenti e un intero battaglione complementare, denominato 45° fanteria è appena giunto dalla Sardegna. Dell’attacco che la Brigata stava per sferrare alla fine di gennaio, fra il Sisemol e la Val Frenzela e fra Val Ronchi e Val Chiama, se ne  parlava, ormai, da tempo,   in Italia e in Sardegna. Tutto era stato ben preparato, e la convinzione del successo era assoluta.

La riconquista del Col d’Echele e del Col del Rosso. Alle 06.30  del 28 gennaio incomincia il terribile tiro di distruzione delle artiglierie.  Alle 09.30 al grido di “Avanti Savoia” inizia l’assalto.  Sono  in testa i giovani del 99, tutti piccoli di statura, ma grandi nelle convinzioni e motivazioni. Ma ecco la cronaca della battaglia, scritta da Luigi Barzini, direttamente  dalle pagine del Corriere della Sera del 1° Febbraio:

“Verso le due, il 151 Fanteria della Brigata Sassari è partito alla riconquista del Col del Rosso… slanciandosi con vero furore. Un ufficiale austriaco fatto prigioniero ha narrato: “ci sono venuti addosso con la baionetta fra i denti, lanciando granate a mano, il fucile a bandoliera, silenziosi, terribili, pronti ad adoperare qualunque arma e son venuti a un corpo a corpo che non ci ha lasciato scampo.” Erano furibondi i sardi anche per la morte di un loro ufficiale superiore colpito da una pallottola alla fronte. Il Col del Rosso è stato definitivamente occupato…….Il Col d’Echele investito da tre lati, dagli alpini che si erano arrampicati da Val Frenzele e dai sardi della Brigata Sassari che assalivano di fronte e di fianco, non poteva resistere. Si sono riviste le grandi carovane di prigionieri trotterellare in disordine per i sentieri nevosi per andarsi ad adunare in grigie folle nelle valli riparate”.

3 febbraio 1918  Vicenza aspetta i fanti per accoglierli trionfalmente dopo la Battaglia dei Tre Monti. I fanti sono ridotti in uno stato pietoso, con le divise lacere e sporche di fango e del giallo dell’iprite, stanchi con le barbe lunghe e incolte. Bisogna che si riassettino e indossino nuove uniformi, ma Vicenza è impaziente. Un treno parte da Marostica per Vicenza e in tutte le stazioni folle in tripudio acclamano al loro passare. Solo a chi fu  presente a quella cerimonia era stato possibile  concepire il modo in cui tutta Vincenza accolse la brigata. I migliori fiori dei giardini, i saluti più cordiali, i meravigliosi saluti delle donne furono riservati ai piccoli fanti sardi. Ogni finestra aveva il tricolore ; nelle facciate un manifesto proclamava:

W la Brigata Sassari  –  W la Sardegna  –  W l’Italia

Ai soldati della Brigata di ferro

date tutti i fiori dei nostri giardini.

Viva i salvatori di Vicenza.

Veniva fatto di tutto per riuscire a portare nelle case i sassarini. Era impossibile rintracciare un vicentino che non avesse ospitato nella propria casa almeno un fante della Brigata. Gli umili fanti sono commossi,  quasi smarriti non riescono a concepire una simile  accoglienza per chi in definitiva non ha fatto altro che il proprio dovere.  164 caduti  –  740 feriti  –  67 dispersi Alcuni aeroplani volteggiano in alto lasciando cadere dei volantini. Vicenza ha preparato feste e banchetti; le case, i teatri, i cinematografi e i caffè rimangono aperti sino a tarda sera. Chi aveva le possibilità  aveva ospitato anche quattro o cinque fanti  e non faceva che girare per la città dalla mattina alla sera, mettendo così in mostra la sua disponibilità   di garantire vitto e alloggio gratuito a un certo numero di ospiti. Per i tavoli dei caffè, nelle osterie si sentiva.

“Mi ghe n’ho uno  –  bravo ti,  mi  ghe n’ho  sie.

Caro ti mi ghe n’ho do soli, ma i gha una  spazzola che vale per diese.

Non per nulla i  x’è sassarini puro sangue.

 I  x’è i megio  putei che g’avemo, ciò”.

Pareva quasi impossibile” – scrisse lo Schwarte nella sua opera ‘Der grosse Krieg’ La grande Guerra, redatta secondo il pensiero delle alte gerarchie militari degli Imperi Centrali – “che un Esercito il quale usciva  da una catastrofe immane come quella di Caporetto, avesse potuto riprendersi così rapidamente”.

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Un commento

  1. Consiglio gli amici di leggere l’articolo che segue al titolo, poiché lo ritengo molto interessante. Ti fa capire per quale motivo gli abitanti di Vicenza, alla fine della Grande Guerra, hanno accolto trionfalmente i soldati della Brigata Sassari.

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