“MARTIRI DELLA PESTE IN SARDEGNA”, L’ULTIMA FATICA LETTERARIA DI DON ELISEO LILLIU: PRESENTAZIONE IL 9 AGOSTO A TERRALBA


di Gian Piero Pinna

Martiri della peste in Sardegna, è l’ultima fatica letteraria di don Eliseo Lilliu, la quarantesima, un libro che, come spiega l’editore Roberto Cau, “tratta sull’orrore della peste in Sardegna, il quale ci descrive la spaventosa apocalisse umana generata dall’epidemia sviluppatasi nell’isola a metà del ’600. L’autore, don Eliseo Lilliu, ci illustra il mondo di allora nella nostra terra. Un’ampia panoramica tra storia, contesto umano e urbano, tra povertà e precarietà, tra infinite insicurezze e grandi disaggi causati delle tante fragilità dell’essere umano. Un pertinente viaggio storico tra le varie classi sociali, tra personaggi noti e meno noti, tra religiosità e credenze, tra disinformazione e ignoranza, tra disorganizzazione e ingovernabilità, tra delinquenza e sciacallaggi , ma soprattutto tra paure, mali fisici e stati psicologici verso il cammino della morte. La peste è un’esperienza “umana” terrificante, imperfetta, contaminata da innumerevoli varianti, che mette in evidenza le eterne vulnerabilità e le grandi debolezze dell’umanità, nonché la possibilità dello sterminio dell’uomo. La peste attraverso innumerevoli epidemie ha accompagnato la vita dell’umanità sin dai tempi più arcaici. Ancor oggi viene sottovalutata, soprattutto dalle popolazioni più povere ma, molto spesso, anche dalle nazioni più ricche”. Il lavoro di Eliseo Lilliu, Martiri della peste in Sardegna, sarà presentato il 9 agosto prossimo, con inizio alle 17,30, nella Chiesa di San Ciriaco a Terralba, subito dopo la concelebrazione della Santa Messa di ringraziamento per i suoi quaranta anni di sacerdozio. All’evento parteciperanno, il sindaco di Terralba Pietro Paolo Piras, l’Assessore alla Cultura, Stefano Siddi, che parlerà della peste del 1653, mentre il giornalista Gian Piero Pinna, analizzerà i fatti inerenti la peste a Oristano. Ad Anna Maria Melis, spetterà disquisire su Terralba nella peste, mentre l’autore, spiegherà il ruolo che ebbero i cappuccini durante la peste e l’architetto Gabriele Cuccu, parlerà dell’arte dopo la peste. Coordinerà i lavori il giornalista Gianfranco Corda. La peste di metà ‘600, fu una delle più devastanti che l’Europa abbia mai conosciuto. Pare che abbia avuto origine nel 1647 a Valencia in Spagna, dove vi imperversò per circa un anno, provocando circa sedicimila vittime. La peste si spostò a Barcellona dove alla fine dell’epidemia nel 1652, si contarono oltre trentamila morti e la città spagnola vide i propri abitanti ridotti a sole quattordicimila anime. Da Barcellona, la peste passa in Sardegna e ne 1652, avvengono i primi contagi ad Alghero ad opera di alcuni marinai spagnoli malati e sbarcati senza nessun controllo. In cinquanta giorni, ad Alghero muoiono oltre settemila persone. Alla fine di luglio del 1652 la peste colpisce anche Oristano, come attesta un’iscrizione spagnola, posta dietro l’altare maggiore della Chiesa di San Martino, che dice: “Nel mese di luglio 1652, cominciò la peste nei borghi, poi nella città e perdurò sino alla fine del mese di maggio 1653. Morirono ottocento persone nella città e milleottocento nei borghi”. Complessivamente, tra il centro e i borghi, Oristano aveva quattromiladuecentocinquantasette abitanti, morirono di peste millecinquecentoventisette persone, quindi sopravvissero in duemilaquarantadue. Dalla Sardegna, sempre portata da soldati spagnoli, la peste, o “Castigo de Dios”, come veniva chiamata, nel milleseicentocinquantasei, si diffonde a Napoli, dove su una popolazione di quattrocentocinquantamila abitanti, ne morirono duecentoquarantamila. La peste fu talmente violenta che interi paesi sparirono dalla faccia della terra. Durante l’imperversare della peste, molti religiosi si prodigarono per dare sollievo e assistenza agli ammalati e tanti di loro persero la vita e di questi “Martiri della peste”, Eliseo Lilliu, traccia un profilo che mette in risalto le loro doti umane.

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