Non capita spesso di partecipare ad un convegno e sentire i relatori dirsi l’un l’altro: oggi ho imparato molte cose. Chi è intervenuto al convegno Quale energia per quale Sardegna? organizzato dal FAI (Fondo Ambiente Italiano), sabato 27 settembre a Milis, ha scoperto una realtà che lascia interdetti.
Che la Sardegna fosse un luogo di predatori dell’energia lo si diceva, lo si scriveva, ma dai dati esposti, dalle relazioni di accademici, professionisti, imprese, imprenditori agricoli se ne è avuta la certezza. Come stare su di un treno che corre verso una destinazione ignota con un conduttore nascosto ai più. Sempre che ci sia questo conduttore, e non si sia invece in presenza di una miriade di iniziative che sfuggono a qualsiasi logica che non sia quella dei “molti, maledetti e subito”.
Scoprire, ad esempio, che l’investimento nelle serre fotovoltaiche si ripaga in due anni, e il tempo restante è guadagno netto. Società che cambiano di proprietà e scompaiono, giochi di scatole cinesi con il rischio che il proprietario dell’area alla fine non abbia nessun affitto e si ritrovi con ferraglia da smaltire ed un terreno senza vita, sigillato dopo anni di coperture metalliche. Oltre al danno la beffa. In quindici anni, è cambiato il panorama della Sardegna, disseminato di torri eoliche, di fotovoltaico a terra, di impianti per la combustione delle biomasse, minacciato dallo scavo di pozzi per la ricerca del geotermico, del gas, del petrolio fino agli impianti termodinamici pensati per il deserto e approdati sui nostri terreni agricoli.
Si corre il rischio di rimanere senza le migliori terre coltivabili in un mondo dove nel 2050 sono previsti 9,5 miliardi di abitanti, dove già oggi l’isola importa l’80% del cibo ed esporta il 40% dell’energia prodotta. Intanto si propone la coltivazione del cardo per le bioplastiche e di canne nel Sulcis per le centrali a biomassa. Il tutto in assenza di qualsiasi Piano Energetico Regionale.
Nessuno che risponda alle domande che ci si poneva nell’incontro. Perché si deve produrre tanta energia? Chi lo deve fare? Quali sono i futuri probabili e quanta energia occorrerà loro? Il piano energetico è funzione di un progetto di sviluppo. Ne abbiamo uno in Sardegna? Luciano Burderi dell’Università di Cagliari, affermava che per affrancare tutta l’isola dall’energia fossile basterebbe che nei 377 comuni si realizzasse un impianto fotovoltaico delle dimensioni di ventisei campi di calcio in rete con l’idroelettrico. Un dato teorico perchè la superficie potrebbe essere ridotta dai tetti fotovoltaici ecc.
Poiché l’energia è bene comune e le reti sono complesse, deve essere il pubblico a realizzare gli interventi. L’energia non può essere il far west, lasciata all’anarchia dei privati. E’ come chiedere ad ognuno di tracciarsi la strada da casa sua, col risultato di paralizzare la circolazione. Le energie fossili sono in fase di esaurimento, con i costi di estrazione dei giacimenti residui che diventeranno talmente alti da non essere remunerativi. Rockefeller dopo essere diventato straricco con la Exxon dichiara sui giornali che boicotterà gas e petrolio. Anche lui investe in rinnovabili. L’affare del presente e del futuro.
Il capo della Procura di Cagliari Mauro Mura, intervistato nel corso del Convegno dal direttore dell’Unione Sarda, con parole caute ha lanciato un allarme. La partita delle energie rinnovabili sta facendo muovere forze oscure e finanza grigia. Benché non vi sia certezza, è probabile che il crimine organizzato abbia messo gli occhi da tempo sull’affare; cita le intercettazioni dove Totò Riina afferma che il boss Messina Denaro si sta dedicando ai “pali della luce”.
L’incontro ha assunto toni preoccupanti quando un’imprenditrice agricola ha raccontato di aver scoperto per caso che i suoi terreni sono stati inseriti in un progetto sul solare termodinamico e che potrebbero essere espropriati in virtù del DPR 327 del 2001. In questo novello Klondike per pochi, un impianto termodinamico privato è di pubblica utilità? Tutto da dimostrare. Non vi è dubbio però che la potenza finanziaria di chi investe potrà procurarsi i migliori avvocati. Nell’incertezza resta la domanda: esiste ancora una proprietà privata in Italia? O esiste solamente per chi può avere a sua disposizione i migliori studi legali d’Europa? Lo stato di diritto, a questo punto, è fortemente compromesso. Non aiuta il decretoSalva Italia, con le valutazioni di impatto ambientale avocate a Roma sorpassando regioni e comunità locali. Decreto in odore di anticostituzionalità, ma tant’è.
Fino ad oggi l’unico contrasto agli ecofurbi è venuto dai comitati territoriali. Il più famoso di tutti, quello di Arborea, che è riuscito ad impedire lo scavo di pozzi in un’area pregiata. Il parere negativo del SAVI, ilServizio di vigilanza regionale, ha fatto perdere il controllo anche ad un giornale misurato come il Sole 24 Ore. Come osano questi trinariciuti fuori tempo? Sembra chiedersi il giornale confindustriale.
La politica, quella dei partiti e nelle istituzioni, non pare rendersi conto dell’entità dello scontro in atto. Parte di essa è forse complice, vicina a faccendieri che navigano nell’area grigia tra finanza e relazioni potenti; l’altra è superficiale o non informata, o semplicemente vittima del pensiero unico che taccia da passatista chi non è d’accordo.
Eppure in Sardegna esistono competenze complesse e diffuse ed una società educante che agisce per irrobustire la pubblica opinione. L’incontro, particolarmente competente ed affollato, ne è stato testimonianza. Lo ricordava Maria Antonietta Mongiu, Presidente regionale del FAI Sardegna, nel suo intervento conclusivo. Saperi e competenze che però non riescono ad incontrare la politica, sequestrata com’è dalla sua autoreferenzialità e dai partiti italiani (e non solo) con interessi che il più delle volte sono in netto contrasto con quelli della comunità regionale.
È tempo di una grande presa di consapevolezza. E’ tempo di una vertenza unitaria con lo Stato su tutti i temi in agenda. Ogni giorno che passa siamo noi a perdere. Bisogna salvare la Sardegna anche scontrandosi duramente con i potentati politici romani e sardi. Siamo con le spalle al muro e la posizione non è delle migliori.
* Sardegna Soprattutto