di Massimo Carta
Cinque realtà, assai diverse ma legate da una comune cultura, hanno deciso di stendere un ponte ideale tra le sponde del mare Mediterraneo e quelle del Nord Africa. Non si tratta di una chimera, ma di una solida progettualità che le italiane Pegli (Genova), Carloforte e Calasetta (Sardegna), e la spagnola Nueva Tabarka (Alicante) hanno deciso di realizzare con quel lembo di terra tunisina (Tabarka) dalla quale ha preso origine la cultura “tabarchina”. Cultura che i promotori di questa iniziativa intendono proporla, per il riconoscimento ufficiale, come “Patrimonio immateriale dell’Unesco”. Il tutto era nato a Tabarka nel maggio 2008 allorchè in terra tunisina venne organizzato un convegno d’incontro tra “tabarchini” (Carloforte, Calasetta, Nuove Tabarka, Pegli). Allora si parlò “Da Tabarka a Tabarka: quattro tappe mediterranee”. Tuttavia il tema venne ripreso nel 2010 a Calasetta in occasione dei 240° anniversario della fondazione della città e quello che si è svolto a Pegli nel novembre 2009. Nel 2011 analoga iniziativa si ebbe a Nueva Tabarka. Allo stato attuale, il progetto viene coordinato dalla dinamica Monique Longerstay, archeologa e Presidente dell’Associazione culturale “Le Pays vert: la Tunisie du N.O.” La scorsa settimana Monique Longerstay ha tenuto pubblici incontri con le popolazioni e Amministratori di Calasetta e Carloforte che sono state stimolate a “chiudere l’anello dei gemellaggi tra le diverse realtà tabarchine” al fine di poter inoltrare, supportata dalle necessarie documentazioni storiche, culturali, linguistiche, etnografiche, gastronomiche, artistiche, tradizionali, la richiesta di riconoscimento all’Unesco. “Per procedere in questa direzione ed avere un riconoscimento ufficiale, ha spiegato Monique Longerstay, occorre però che i rapporti tra le cinque realtà vengano consolidate, prima di tutto mediante i gemellaggi e quindi intensificando gli scambi culturali e turistici”. Per capire meglio il percorso storico di queste comunità, occorre ripartire dal 1542 allorchè la ricca famiglia genovese dei Lomellini decise di trasferire decine di nuclei Pegliesi a Tabarka, con l’intento della pesca del corallo. I Lomellini garantirono i rapporti epistolari con i parenti di Genova, così pure l’assistenza spirituale mediante sacerdoti cattolici. In altri termini a Tabarka si realizzò, d’intesa col Bey di Tunisi, un enclave cristiano in terra musulmana: dialetto, usanze, e ordinamento civile rimasero genovesi. Nel tempo la popolazione crebbe e l’economia non rimase florida come all’inizio. Per cui, nel 1736-38 una prima colonia di oriundi genovesi accolse l’invito dei Savoia che volevano intensificare la popolazione in Sardegna, divenuta Regno di Sardegna. Questi primi colonizzatori scelsero di popolare l’isola di San Pietro davanti alle coste del Sulcis, fondando la città di Carloforte. Analoga colonizzazione si ripetè nel 1769-70 con Calasetta, nella parte meridionale dell’isola di Sant’Antioco. Negli stessi anni una parte di “tabarchini” si trasferì sulla coste spagnole dando origine a Nueva Tabarka. Sia nella tunisina Tabarka che in Nueva Tabarka nel tempo si è perduta la parlata genovese, anche se tutti la capiscono perché qualche traccia è rimasta. A Calasetta e Carloforte, invece si parla ancora oggi autentico “genovese”, linguisticamente più puro di quanto non avvenga a Pegli-Genova. “A nessuno sfugge l’importanza storica della cultura “tabarchina”, hanno spiegato Remigio Scopelliti (Calasetta) e Tonino Cipollina (Carloforte). Quanto sta facendo Monique Longerstay è non solo lodevole, ma rappresenta un forte stimolo a conservare questo patrimonio di storia, tradizioni e di lingua che l’Unesco potrebbe presto riconoscere. Né può essere sottovalutato il significato sociale e politico, ancorché culturale, che tale progetto sarebbe in grado di assumere nei rapporti tra comunità europee che si affacciano sul Mediterraneo e quella Tunisina di Tabarka nel Nord Africa. La cultura “tabarchina” potrebbe diventare ambasciatrice di nuovi rapporti internazionali”.