«Quando muore un vecchio muore una “biblioteca”». Così recita il senso di un detto della sapienza antica di matrice africana. Lungo il sentiero tracciato da queste parole è possibile interpretare il leitmotiv di fondo che muove I Granai della Memoria, progetto di ricerca, di documentazione audio-visiva multimediale e di tutela dei saperi della tradizione popolare. Promossa dall’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo (Bra-CN), da Slow Food e dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Biella, la relativa sezione biellese è stata presentata il pomeriggio di Mercoledì 23 Gennaio 2013 in Biella-Piazzo, nella suggestiva cornice dello storico Palazzo Gromo-Losa, pregevole edificio restituito di recente a beneficio della città dalla stessa Fondazione. Presente un folto pubblico costituito da diverse personalità, studiosi, Autorità e semplici cittadini incuriositi da un’iniziativa di ampio respiro e di prospettiva non solo culturale.
I documenti audio-filmati inseriti nel portale www.granaidellamemoria.it, al link “Saperi tradizionali del Biellese”, sono il frutto di una ricerca condotta sul campo da un giovane gruppo di lavoro diretto dal prof. Battista Saiu. Tra il 2011 ed il 2012, con i giovani studiosi dott. Luca Ghiardo, dott.ssa Eleonora Agnolazza e dott.ssa Marta Nicolo, sono state raccolte, in varie località del territorio biellese e in prossimità dei relativi confini, le interviste di ben 19 testimoni, ultimi custodi di conoscenze e memorie popolari ormai a rischio di estinzione. Documentazione ed “eredità” preziose, che narrano la vita, i costumi e le “ricette” della vita agricolo-pastorale e domestica di un Piemonte “antico e profondo”, che rischia di non esistere più nell’era attuale della crisi, del consumismo senza limiti e regole e nella prospettiva di un incerto futuro che si prospetta.
Vari, significativi ed autorevoli gli interventi dei relatori a commento della presentazione del progetto e dell’evento.
Il Presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Biella, avv. Luigi Squillario, ha voluto sottolineare come l’iniziativa si inserisca perfettamente negli scopi promossi dall’Istituto che presiede, lungo quel solco di idee che ha portato a promuovere, in questi anni, tutti i progetti volti a documentare la “memoria del territorio”. I Granai della Memoria, ispirati da una sorta di «profeta» come Carlo Petrini – solito «ammonire il presente con uno sguardo lungimirante al futuro» -, hanno suscitato gli entusiasmi partecipi della Fondazione, in quanto volti, nei loro principi di fondo, a consapevolizzare l’uomo quale «misura delle cose» e a fornire ausilio «contro le difficoltà ai posteri».
Il Sindaco di Biella, dott. Donato Gentile, ha ricordato come il Biellese sia un territorio “fertile” per la ricerca antropologica, “culla” di un ancora «vivere sano» e di una storia capace di «far “sgranare” gli occhi» a chi sa ascoltare ed osservare.
Il prof. Piercarlo Grimaldi, magnifico Rettore dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, ha evidenziato come a Biella, per la prima volta, siano stati presentati ufficialmente I Granai della Memoria. Un progetto che – portando un nome ispirato dalla suggestione di un celebre passo dell’opera Memorie di Adriano di Marguerite Yourcenar – nasce da lontano, da ricerche antropologiche degli anni ’80, in un passato nel quale mancavano sia tecnologie «democratiche», in quanto accessibili e poco costose, sia una sufficiente, consapevole e diffusa attenzione. Un’iniziativa che si lega alle esperienze maturate nel contesto di Terra Madre, focalizzata «sul gesto e sulla parola». E che non vuole essere «un torcicollo della nostalgia», ma che si fonda sul valore della solidarietà, similmente alla segala, metaforico ingrediente di panificazione ed elemento capace di garantire la conservazione dello stesso alimento.
Il prof. Battista Saiu, nello spiegare gli esiti della ricerca “Saperi tradizionali del Biellese”, ha evidenziato come l’identità sia cibo ed, al contempo, nuovo frutto dell’esistenza individuale e collettiva: intorno ad essa, infatti, ruota notevole attenzione, come dimostra anche la copiosa affluenza di pubblico tributato a relativi recenti eventi espositivi locali. Il lavoro realizzato si inserisce, in omaggio, in continuità con gli studi condotti da antesignani e predecessori autorevoli come Alfonso Sella, Jaco Calleri, Tavo Burat e Sergio Trivero. La sezione biellese de I Granai ha dimostrato ancora una volta come il territorio posto all’ombra di Oropa sia una formidabile enclave del “fuori dall’ordinario”: su 19 interviste condotte, ben 4 hanno ad oggetto ritualità legate alla produzione di medicamenti, di infusi e di unguenti, secondo metodologie e pratiche rintracciabili e testimoniate in documenti del ‘400 ed oggi pure connesse a fenomeni di cd. biodinamica. Una ricerca di studio che vuole essere condivisa, secondo i dettami spirati dalla stessa Fondazione Cassa di Risparmio di Biella e, al contempo, un dono alla cittadinanza ed ai posteri.
A chiosa di tutto l’attesissimo intervento di Carlo Petrini, fondatore e Presidente di Slow Food e personalità definita, a ragione o meno, come «un uomo che sta cambiando il mondo con le sue idee», sebbene egli non ne faccia modestamente un proprio vanto. Egli, nel suo commento, ha evidenziato come I Granai della Memoria si collochino nel solco tracciato con le iniziative di Terra Madre, espressione della «fraternità universale degli umili». Una fraternità che nasce «da un senso di bisogno», da una carenza contemporanea: la condizione dell’uomo attuale, infatti, è simile a quell’epoca storica che Jacques Le Goff ha raccontato per l’Europa, nella quale «c’è stato un momento senza Olimpo ed ancora senza Paradiso». «Oggi viviamo una crisi entropica, di sistema» ha continuato Carlo Petrini, evidenziando come essa si leghi al rapporto contemporaneo con il cibo, diventato mero prodotto di consumo, privato del suo valore reale. Esito di un meccanismo che si sta delineando insostenibile, in quanto la produzione continuativa di massa sta determinando una perdita di fertilità dei suoli, un uso iniquo e non ponderato delle risorse idriche, una perdita pericolosa della biodiversità, una diminuzione esponenziale degli agricoltori ed un aumento degli sprechi e degli scarti della produzione agricola per ragioni meramente commerciali ed estetiche. Oggi, paradossalmente, si spende addirittura più per dimagrire che per produrre buon cibo. Ciò – per il fondatore di Slow Food -, oltre che insostenibile, espone a rischi non solo ipotetici per il futuro e scinde la coesione sociale alla base. La stessa trasmissione dei saperi è oggi alterata ed in crisi: siamo “bombardati”, colmi di continua informazione (fast) ma siamo carenti di memoria, di elaborazione (slow).
Secondo Carlo Petrini occorre mutare percorso ed adottare, perciò, nuovi atteggiamenti, nuovi paradigmi, nuove vie. Tali canali sono tracciabili a partire dalla «sapienzialità» dei “piccoli”, degli “umili”, e nelle memorie degli anziani, che, tuttavia, «non costituiscono un mondo ideale», ma possono fornire “tesori” utili a rigenerare il presente e costruire il futuro, a garantire rapporti intergenerazionali e quel “sapere” che i giovani non hanno o ancora non hanno potuto maturare. E ciò in quanto «la verità è una costruzione di interdipendenza», frutto della relazione. I saperi tradizionali, inoltre, dovrebbero dialogare con le “scienze” ufficiali. Il fondatore di Slow Food, poi, ha evidenziato come, in vari suoi interventi presso gli Atenei italiani e presso le Università più importanti degli U.S.A., abbia constatato che gli studenti che abbiano come idea possibile quella di praticare nel loro futuro l’agricoltura siano una sparuta minoranza. Occorre una “formazione” in tale ottica: l’iniziativa di Michelle Obama di aprire un orto per educare i bambini nel giardino della Casa Bianca non appare a riguardo un’iniziativa solo simbolica.
In conclusione, per Carlo Petrini, ricostruire la “campagna” come ri-edificare il presente in vista del futuro è possibile attraverso la tutela dell’identità, la custodia delle tradizioni, l’uso delle “lingue materne” e la valorizzazione del ruolo degli anziani e, pure, dei loro “silenzi”. «Per sapere dove andare occorre sapere da dove si viene» in quanto la storia è prima di tutto esperienza, come ha insegnato Nuto Revelli, che a Bellino (CN), in Valle Varaita, nel 1971, intervistando un anziano che viveva ancora senza luce, ricevette il seguente ammonimento di saggezza: «quando tutti avranno la macchina occorrerà tornare alla terra!».