di Mario Frongia *
Mangia in mensa e sparecchia, come tutti. Dà interviste, fa foto e firma autografi: Gianfranco Zola in Gran Bretagna è sempre The Legend. Anche ora che allena il Watford, B inglese, il club dei Pozzo, patron di Udinese e Granada. Dai fasti col Chelsea e dal nono posto col West Ham, è trascorso del tempo. L’uomo è cambiato. Il tecnico, pure. In allenamento mette ancora all’incrocio sette punizioni su dieci («Pirlo ha raggiunto il mio record? Sono felice per lui, è un campione»). I giocatori lo seguono estasiati. “Franco”, come lo chiamano i tifosi, guida i giallorossi con risultati allettanti. «Ho detto sì per il progetto. Mi piacciono le scommesse e la visione che ha del calcio la famiglia Pozzo: operosi e mai coinvolti in uno scandalo: cose che per me fanno la differenza».
Le hanno chiesto la risalita in Premier in due anni. I tempi si accorciano? «Non mi hanno messo fretta. Chiedono bel gioco, rasoterra e rapido, e divertimento, possibile solo quando si portano più uomini possibile oltre la palla. Spesso ci scordiamo che il calcio è semplice. E si fa quasi la gara a complicarlo. Con tatticismi e cose che non c’entrano nulla. Oltre agli stadi, e al pubblico che scappa, è anche questa una ragione per cui in Italia il pallone soffre».
E se chiama il Chelsea? «Non credo lo faccia».
Passo indietro. Che modulo usa? «Siamo duttili, giochiamo col 4-2-3-1, passiamo anche al 3-4-3 e, se serve al 4-4-2».
Quello per cui Sacchi e Ancelotti la fecero fuori. «Parliamo di due grandissimi allenatori».
Zola, diceva del calcio italiano… «Il paese non se la passa bene, spero che le prossime elezioni facciano chiarezza. E mi sembra che la mancanza dei valori chiave, con poca cultura e sportività, siano anche nel calcio. C’è bisogno di impianti efficienti, di ridare emozioni ai tifosi, da riportare allo stadio: senza, sarà sempre più dura. E leggo che le inchieste continuano».
Farina, l’ex del Gubbio che ha svelato i tentativi di combine, in Italia non ha avuto un contratto. «Sta facendo bene con i giovani dell’Aston Villa».
Dopo il Watford torna a casa? «Non credo. Ho anche avuto offerte interessanti ma con la mia famiglia abbiamo fatto una scelta di vita. Poi, fare l’allenatore è molto faticoso qui, figuriamoci in Italia».
È dura quanto da giocatore? «Gli anni del Cagliari sono stati fenomenali. Anche se sapevo, ricordo le litigate con mia moglie, che ci sarebbero state cose meno belle nel tornare in Sardegna. Però, è stato tra i momenti migliori della mia carriera.
Da allenatore cosa succede? «Al West Ham dopo sei sconfitte di fila entravo nello spogliatoio e vedevo facce sconvolte. Non sapevo cosa dire: l’allenatore è centrale per club, tifosi, giocatori e stampa. Reggere alle pressioni non è facile. Ma è un mestiere bellissimo».
Se le dico Sardegna… «Mi mancano tante cose, gli amici e il sole innanzi tutto. Non passo a Oliena dal giugno scorso. La mia casa è qui.
Cosa sa delle sue ex squadre? «Sono felice per la Torres e ho visto la bella vittoria del Cagliari col Genoa. Mi auguro si risolva la questione stadio.
Immaginava Lopez in panca? «No. Da giocatore non parlava molto ma aveva una forte leadership. Sono contento per lui.
* Nuova Sardegna