Si è concluso il dodicesimo ciclo di Su Nuraghe Film – Lezioni di cinema per “conoscere la Sardegna attraverso il film d’autore”, dove i soci si reinventano “insegnanti” cercando di conoscere, imparare e trasmettere cultura e tradizione della Sardegna. Durante questo primo incontro del nuovo anno tra auguri e qualche biscotto non si poteva che parlare di Carnevale. Se pensiamo a questa festa la prima immagine che ci viene in mente sono carri colorati, coriandoli, bambini mascherati e atmosfera di festa. In realtà molti di noi non sanno che è una tradizione antichissima, parte della nostra identità, di cui piano piano stiamo perdendo l’antico significato trasformato inesorabilmente dal tempo che corre veloce. Una volta i carri erano quelli agricoli, il fieno faceva da coriandoli e ci si dipingeva il volto con fuliggine. Al Circolo sardo, abbiamo provato a fermarci, voltarci e cercare di scoprire cosa si nasconde dietro gesti e tradizioni ormai assodate e quasi scontate. Il film documentario “Don Conte a Ovodda” di Paolo Piquereddu, messo a disposizione dall’ISRE (Istituto Superiore Etnografico della Sardegna), mette in risalto la diversità di questo piccolo paese situato in Barbagia dove la festività del Carnevale viene celebrata come una giornata dominata dalla trasgressione che permette alla comunità di esorcizzare in modo liberatorio i cambiamenti e le trasformazioni sociali. Il Carnevale qui non è organizzato e non esiste propaganda, ma ha una tacita regia nota a tutti. La mattina del mercoledì delle ceneri il suono di campanacci dà l’avvio ai festeggiamenti. Sulle strade si riversano gli abitanti vestiti con vecchi stracci, lenzuola, coperte o abiti tipici dei pastori di quella zona. Chiunque si unisca al corteo viene immediatamente colorato in viso con sughero bruciato; il gesto rappresenta il rituale di ingresso alla festa. Al centro dell’attenzione c’è un carretto con il fantoccio di Don Conte, vecchio tiranno che, come narra la leggenda, impoverì il paese. Non esiste un percorso predefinito, ognuno può scegliere di seguire il carretto o di restare a ballare in piazza o intorno ad un fuoco acceso su cui vengono cucinati e distribuiti cibi. La festa culmina al tramonto quando il fantoccio viene giustiziato, bruciato e gettato in una scarpata alla periferia del paese. Il Carnevale nasce come una festa ma viene vissuta come una liberazione che di anno in anno porta via tutte le disgrazie. La partecipazione del paese, ma soprattutto il senso di unione e di solidarietà che si respira è ciò che rende la festa davvero speciale. Nonostante la particolarità di questa festa di Ovodda è impossibile non notare alcuni particolari nel film che ricordano molto la tradizione del biellese, partendo dal processo al Babi per arrivare ai falò che ancora oggi vengono organizzati in alcune frazioni montane non lontane dalla città. Bruciamo quindi anche noi il “nostro” Don Conte sperando che i vecchi rimedi funzionino ancora!
BRUCIARE COSI' IL NOSTRO CARNEVALE: LEZIONI DI CINEMA CON "SU NURAGHE FILM" A BIELLA
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