di Francesca Madrigali
Ma il problema, vedete, è l’odio nei confronti dei bambini in quanto tali. Il tragico incidente di caccia di oggi, nelle campagne vicino a Nuoro, mi fa venire in mente soprattutto questo. Negli ultimi anni, certo, ci sono state decine di morti durante la pratica di questa attività (mi rifiuto di chiamarla “sport”). Stavolta ci è andato di mezzo un bambino. Sì, perchè a 12 anni si è ancora bambini, anche se ti educano a pratiche così inopportune per la tua età.A 12 anni si dovrebbero fare altre cose, magari, appunto, uno sport vero. Oppure bighellonare con gli amici in paese. A quell’età lì- o prima- è pensabile, e morale, che qualcuno ti renda partecipe del piacere (?) di uccidere un essere vivente e ne sia, magari, anche orgoglioso? Ogni giorno di più mi convinco che questa società odia i bambini, profondamente. Li desidera come fossero uno status symbol, come oggetti che definiscono chi li mette al mondo; ma poi non devono disturbare, fare rumore, essere diversi da come li vogliamo. Non devono fare troppo casino, insomma, fare capricci per il cibo, il sonno, le attenzioni, perché gli adulti non ne capiscono il senso. E quello che non si capisce non deve esistere. Bambini trattati come oggetti, vestiti come piccoli lord o veline in erba, portati alle feste notturne o in ristoranti con la musica a palla, perché “devono abituarsi”. A due o tre anni. Bambini strumentalizzati nelle relazioni tra gli adulti, in spregio alla loro preziosa integrità, questa sì morale. Bambini “vecchi”, che scimmiottano gli adulti frustrati, non sia mai che l’espressione splendente non irreggimentata della loro spontanea vitalità disturbi qualcuno. Ragazzini portati a caccia, a uccidere animali, adesso. A un’età in cui ancora, forse, ci sta una carezza della mamma, perché 12 anni sono veramente un soffio in tutto l’arco di una esistenza. Qualcuno parla di “tradizioni”, almeno, vivaddio, non di necessità: perché non siamo più da qualche tempo, mi pare, una società di cacciatori-raccoglitori, e ci nutriamo con il cibo che compriamo nei negozi, e certi “riti di iniziazione” (a cosa? alla pratica dell’uccidere?) sono, spesso, una mascherina esile per l’irresponsabilità e il lasciar correre, l’adeguarsi a bizzarre abitudini e in definitiva l’assenza di rispetto per l’infanzia e la gioventù, perché non omologate alla nostra vita, diverse, scomode. Mi segnalano addirittura che la notizia dell’incidente è stata data così dal portale Tiscali Notizie: “…il rito si é ripetuto, una sorta di iniziazione alla vita adulta ‘imparando’ quell’arte che va oltre la passione, rischiosa certo ma temprante. In tuta mimetica come gli esperti cacciatori, il ragazzino si è immerso tra i cespugli aspettando l’ambita preda”…. Non c’è molto da aggiungere sull’incapacità di accettare che un ragazzino sia solo, appunto, un ragazzino. In questo mondo, ora, c’è odio per i bambini: c’è quello che non li sopporta al ristorante o in aereo, quell’altra che si lamenta di dover fare l’inserimento troppo lungo all’asilo e vorrebbe scappare subito, i mentecatti che li mettono in mostra ai concorsi di bellezza o in televisione, a cantare canzoni d’amore a 8 anni. Ogni giorno ne sento una, e ogni volta penso che per tutti quelli che si riempiono la bocca del concetto “i bambini sono il nostro futuro”, ci sono almeno due o tre adulti che un futuro non meriterebbero di averlo, proprio.