di Donatella Mulvoni – Nuova Sardegna
«Sandy è uno degli uragani più brutti che ho visto da quando sono qui». Giovanni Scano, nato a Palau, ma da 42 anni negli Stati Uniti, ieri, all’una del mattino, sotto la pioggia battente e il vento fortissimo, era ancora in giro con la sua macchina per rispondere alle emergenze. Abita in New Jersey e da quando è arrivato lavora come capo reparto per il Comune di Hackensack, una cittadina a nord dello Stato. In questi giorni ha il compito di coordinare gli interventi. «E’ una situazione difficile. Tutta questa parte del New Jersey è al buio, le strade sono chiuse a causa degli allagamenti. L’acqua mi arriva alle ginocchia – racconta al telefono durante il giro di perlustrazione –. Ci sono molti tronchi di alberi spezzati, in certi punti proprio non si può passare. Hackensack è fatta di case basse, sono arrivate molte chiamate di aiuto perché le cantine si stanno riempendo di acqua. Io lavorerò di continuo fino a giovedì (domani per chi legge – ndr). Ho portato da casa qualche panino, perché è impossibile trovare un negozio aperto. La mia famiglia, che vive a Totowa, per fortuna ha affrontato serenamente la tempesta. Non è la prima volta che ci capita». Come per tutti gli americani che vivono nella costa orientale, quella di lunedì, per i sardi emigrati in questa parte degli Stati Uniti, è stata una notte difficile e interminabile. Anche la giornata di ieri è stata problematica. In New Jersey, Connecticut e in molte zone di New York, infatti,migliaia e migliaia di case sono rimaste al buio e forse ci resteranno per tutta la settimana. Allagamenti ovunque, alberi spezzati a bloccare i passaggi, tunnel pieni d’acqua, ospedali evacuati e mezzi pubblici fermi. Chi è stato risparmiato dal black out, ha passato la notte davanti alla televisione. Proprio come Tonino De Riu, originario di Pozzomaggiore, dove ha ancora sua mamma che a gennaio compirà 102 anni. «Sono state ore snervanti – racconta – per fortuna stavo in famiglia. Io e mia moglie, che è di Ittiri, con i nostri figli abitiamo a Waterbury, Connecticut. Il vento era fortissimo. Tutta la serata di lunedì siamo rimasti attaccati alla tv per guardare i telegiornali che raccontavano i danni orribili provocati dall’uragano, con un occhio alla finestra: il nostro vicino di casa infatti ha degli alberi molto alti e io temevo che la forza del vento li avrebbe fatti cadere su di noi». Ieri mattina invece Tonino De Riu è riuscito ad andare alla stazione di benzina gestita dai figli. «C’è poca gente in giro, le strade, ricoperte di foglie e detriti, sono pericolosissime. Tutto è chiuso, Noi domenica abbiamo fatto un po’ di spesa, ma non tanta perché mia moglie con qualche chilo di farina ci fa campare tutta la settimana. E’ una bravissima cuoca». E’ sicuramente andata meglio a chi abita a New York. Claudio Angeli e Michele Russo, due amici rispettivamente di Tempio e Cagliari, hanno deciso di passare la serata insieme. «Abitiamo tutti e due a Roosevelt Island (un isolotto a pochi metri da Manhattan). Da domenica eravamo veramente isolati. La metropolitana non funzionava – spiega al telefono Claudio, 30 anni, a New York da nove –. Lunedì pomeriggio sono uscito con la mia fidanzata e ci siamo accorti che la situazione era peggiore rispetto all’anno scorso, quando c’è stata la tempesta Irene. Il fiume era a livello e nella notte è straripato». Michele, nato a Napoli, ma cresciuto a Cagliari da quando aveva 3 anni, vive proprio nello stesso complesso e per andare dall’amico non è dovuto uscire all’aperto. «Mi sentivo al sicuro, certo il vento era fortissimo, l’acqua del fiume alta, ma sapevo che noi non rischiavamo niente. Quindi mi sono goduto un buon brunello e un piatto di tortellini in compagnia». Anche Carla Casu e suo marito Manolo vivono a Roosevelt Island. Lei è di Terralba, lui di Marrubiu. «Abito al primo piano, non distante dal fiume. Ero pronta ad andare dai miei colleghi che stanno nei piani superiori del palazzo se mi fossi sentita in pericolo». Carla è forse l’unica persona a non aver fatto scorte. «Sono incosciente, non ho comprato neanche una bottiglia di acqua. Mia mamma mi ha chiamato dieci volte per dirmi di stare attenta e invece io lunedì pomeriggio, prima che arrivasse Sandy, sono andata a fare foto in giro per l’isola. La notte – dice su Skype – l’abbiamo passata con amici. Visto che tanto eravamo isolati e lo saremo ancora per qualche giorno, abbiamo deciso di esorcizzare la paura organizzando un Sandy Party con i vicini di casa». Io che scrivo invece, sono di Assemini, ma originaria di Desulo. Dalle 7 di lunedì sera sono rimasta al buio, come tutti quelli che abitano nella parte bassa di Manhattan. Ho passato il tempo a chiamare gli amici sardi (e non) al telefono e a mangiare biscotti. Poi la notte, dopo aver messo il nastro isolante e i cuscini sulle finestre, mi sono addormentata nel corridoio per paura che il vento rompesse i vetri, facendoli schizzare all’interno della camera da letto. Ieri ho scoperto, che vicino a casa è scoppiata una centralina elettrica. Resteremo al buio fino a domenica prossima.