di Francesca Madrigali
Ovviamente, non sono una esperta di turismo, né, sfortunatamente, una turista nella mia stessa terra. Scrivo “sfortunatamente” perché spesso il turista ha uno sguardo più clemente: io, invece, puntualmente mi incazzo. Ieri, domenica 29 luglio, ho fatto una simpatica gita controtendenza e sono andata a Mogoro, via dalla pazza folla delle domeniche al mare. Insieme a me, diverse altre persone, ho notato con piacere entrando nel centro che ospita la Mostra del Tappeto (molto interessante, proprio bella da guardare, con svariati espositori e operatori gentili). Alla fine del percorso, cerchiamo un bar o un punto ristoro, il sole picchia e c’è parecchio caldo. C’è un bar all’interno dell’edificio, entriamo e il sogno di un tramezzino o una pizzetta svanisce davanti alla vetrinetta con i panini sottovuoto. E basta. Cioè, nemmeno le caramelle o le ciungomme, niente! Vabbè, prendo una bottiglietta d’acqua da mezzo litro e un pacchetto di patatine in busta. Totale: 3 euro. Tremo al pensiero di quanto mi costerebbe uno scioppino Ichnusa, meno male che non è ora! All’ora di cena, insieme ad altre persone, mi reco in un ristorante-pizzeria di Mogoro dove i miei accompagnatori hanno già prenotato e pattuito un menu fisso per 5 persone. Noi siamo in sette, capita anche nelle migliori famiglie. La ragazza che ci accoglie mostra subito un po’ di agitazione: “eh, siete in sette…cioè, datemi due secondi per il tavolo…cioè, devo parlare con il responsabile, perché dovevate essere in cinque….cioè, datemi il tempo di organizzarmi, devo chiedere!”. Ci guardiamo intorno un po’ perplessi: il ristorante è pieno per metà, oltretutto sono quasi le 22, quindi presumibilmente nel “secondo turno” di chi va a mangiare. Dopo un poco, ci danno il tavolo da dieci, premettendo però che dovremo pagare anche i tre coperti in più: fanno 1, 50 euro a coperto. Quindi, ricapitolando: siamo arrivati con due clienti in più rispetto al previsto, siamo in 7 e ci fanno pagare 10 coperti (ah, la tassa sulla sedia – ma sarà legale, mi sono sempre chiesta?). Ovviamente, un po’ basiti ma soprattutto affamati, abbozziamo e ci sediamo (gli altri tavoli resteranno vuoti, comunque). Una dei commensali chiede una pizza vegetariana, perché non mangia carne né pesce del menu fisso: la cameriera risponde “devo chiedere se è possibile”.
E io mi chiedo se è possibile fare turismo così. Ma, ripeto, non sono un’espertona, anzi mi sta venendo il dubbio di portare un po’ sfiga a chi mi accompagna in queste gite nella galassia Sardegna, e forse devo smetterla di andare in giro tipo Gianburrasca. E comunque il caro traghetti conta, eccome se conta: gli amici appassionati di Sardegna che venivano a trovarci tutte le estati quest’anno sono andati in Costa Azzurra spendendo quello che la Tirrenia chiedeva loro solo per il trasporto. Io stessa, con famiglia al seguito, per attraversare l’oceano (ah, non è l’oceano? Mi pareva….) ho optato per la Saremar- il cui sito non funziona e ti obbliga ad andare direttamente alla loro biglietteria, dove peraltro non accettano il bancomat– spendendo 456 euro. Ah, la flotta sarda!